“La lavanda dei piedi e l’eucaristia formano un’unità indivisibile”

Giovedì Santo il Vescovo Armando ha celebrato, a porte chiuse in Cattedrale, la Santa Messa (trasmessa su Fano TV).
Riportiamo, di seguito, il testo integrale dell’omelia.

L’eucaristia nasce in una notte drammatica, terribile. La più buia ed oscura delle notti. Non sgorga infatti da un placido picnic.

La notte del tradimento, in cui ha agito il male, tramite il cuore indurito di Giuda, abbagliato dal denaro. Vende Gesù per i soldi. Lo vende ai suoi nemici. Lo vende con un bacio.

Gesù ha espresso ai suoi discepoli attoniti la sua dolorosissima spina. “Uno di voi mi tradirà…!”. E tra i dodici nasce un mormorio sottile, di ricerca inquietante: “Chi sarà? Chi potrà avere questo cuore così iniquo da tradire il Maestro?”

E’ l’eterna domanda di ogni cuore. Ed è in questo dolore che si innesta l’eucaristia.

“Nella notte in cui veniva tradito…”, Gesù viene “consegnato” dalla cattiveria, dall’iniquità. Una consegna che si fa tradimento. Scaricato, gettato via, fatto panno immondo. “Volto che non ha bellezza né apparenza, da attirare i nostri sguardi. Per cui è disprezzato e reietto dagli uomini”, come lo descrive con toni di infinita pietà il profeta Isaia (Is 53,2-3).

Ma Gesù compie un gesto di amore con forza inenarrabile, che sconfigge dentro la sua carne l’immensa potenza del male. E’ tutto il mistero della salvezza. Tutto il mistero della croce.

Giuda tradisce per denaro, Gesù si dona per amore.

Giuda è la notte, Gesù è il giorno.

Giuda è la violenza, Gesù è la mitezza.

Giuda è il caos, Gesù è l’armonia.

E tutto questo avviene in una notte.

 

Nella passione di Gesù si compie una duplice consegna: da una parte c’è l’uomo che consegna-tradisce; dall’altra c’è il libero consegnarsi di Gesù a Dio, perché gli uomini abbiano la vita.

La fragile libertà dell’uomo che si perde e smarrisce il senso della vita, fra orgoglio e disperazione, incontra l’infinita misericordia di Dio che liberamente consegna il Figlio. L’uomo tradisce e il Figlio di Dio si consegna: qui avviene la Pasqua.

In alcuni momenti il cuore malato dell’uomo si sente spinto a liberarsi di Gesù. Quante volte il tempo favorevole della grazia si è trasformato in un ingannevole tempo di peccato. Il tradimento è sempre vicino. Le chiusure del cuore del discepolo non comprendono più Gesù: Gesù è segno di contraddizione.

Signore, colui che ti ha tradito era uno dei tuoi. Signore, anch’io appartengo a coloro che ti sono vicini. Custodiscimi in questa difficile vicinanza, so che la tua grazia non mi abbandona.

 

>  Cristo che lava i piedi dei suoi intimi amici è l’immagine di    Dio che accoglie l’uomo.

Le mani di Cristo che lavano i piedi dei discepoli, donano serenità, li fanno sentire accolti, accettati nella loro piccolezza in un momento di sconcerto, di incomprensione, di dolore interiore.

 

Si incomincia proprio con questo. Nel vangelo sentiamo come Gesù lava i piedi ai suoi discepoli. Per capire quello che celebreremo nelle giornate successive, dobbiamo capire e riconoscere che cosa voglia dirci Gesù con questo gesto, che cos’è che celebriamo in questa liturgia.

Gesù lava i piedi ai suoi discepoli. E quei piedi non erano belli puliti come i piedi che laviamo la sera del Giovedì Santo. Allora erano sporchi per la strada polverosa, per il cammino fatto.

Ed erano sporchi del tradimento, del rinnegamento, della gelosia. Gesù non aveva radunato intorno a sé una truppa scelta, ma uomini e donne come noi. Uomini e donne, a volte con i piedi sporchi, a volte con un cuore sporco.

Eppure si inginocchia davanti a noi, si fa piccolo e umile, ci lava i piedi, toglie con un gesto tenero tutta la sporcizia, perché ci ama infinitamente. Toglie la sporcizia che ci impedisce di vivere.

Questo Dio infinitamente grande diventa uomo in Gesù Cristo e così abbiamo una opportunità di comprenderlo, di capirlo. Questo Gesù Cristo, il Figlio di Dio, si inginocchia e compie i servizi di uno schiavo, lavando i piedi agli altri. E’ incredibile. E’ il suo amore per noi. Il suo amore è incredibile.

Ma Cristo va ancora oltre. La lavanda dei piedi è soltanto il gesto che prepara la cena di pesach. Gesù si dona totalmente. “Questo è il mio corpo – questo è il mio sangue!”: è l’eucaristia. Dio si dona nel suo Figlio in maniera così completa da entrare dentro di noi. Per questo, nel Giovedì santo, la lavanda dei piedi e l’eucaristia formano un’unità indivisibile. La prima è il segno esteriore, l’altra quello interiore.

E ancora di più: Gesù Cristo accetta persino la morte, per esserci vicino in tutte le morti che affrontiamo ogni giorno. L’amore di Dio entra in tutte le nostre morti, in tutti gli abissi della nostra vita. Venerdì santo – la nostra speranza appesa a una croce. Si fa buio su tutta la terra.

E poi pian piano il buio e la luce, la notte e il giorno si separano l’una dall’altro. E vogliono dirci che la morte non ha l’ultima parola. L’ultima parola ce l’ha sempre Dio e quindi l’amore.

Questo triduo pasquale della passione e della morte, della discesa agli inferi e della risurrezione non sono soltanto una festa carina, con tre giorni in cui non si lavora… E’ la promessa che Dio stesso ci accompagna lungo tutte le nostre vie, si dona a noi. In Gesù Cristo, prende su di sé tutto questo, per amarci e così farci entrare nella vita. Per questo lava i piedi ai suoi discepoli, per questo si dona nel pane e nel vino, per questo si lascia spezzare sulla croce e ci porta con sé nel nuovo mattino, nella luce della gioia pasquale.

E tutto questo incomincia proprio nel momento in cui lava i piedi ai suoi discepoli. E continuerà, se agiamo come lui ha agito con noi. Continuerà, se ci lasciamo trasformare.

 

So che il Signore mi concederà di saper restare con Lui. La sua fedeltà mi renderà fedele. Amen.