Da Fonte Avellana a Cagli lungo il sentiero Piergiorgio Frassati

Quanto stupore camminare in fila con gli altri di notte nel bosco, tra le rocce, sui pendii e le creste. Durante tutto il percorso del pellegrinaggio ho potuto godere di un punto di vista unico: sempre l’ultimo o tra gli ultimi della fila formata da una ventina di persone di Pesaro, di Fano, di Pergola e Cagli e, quest’anno, anche di Rimini e San Marino. L’avvio al cammino – nella notte fosca, densa di nubi scure e chiusa nel buio – è stato aperto dalle parole sagge e discrete del priore di Fonte Avellana: andare verso l’alto, guardare l’altro, guardare altro e oltre. E io ho guardato la realtà più stupenda: le persone in cammino, nell’incespicare e sospirare per la fatica, nel godere l’inizio del giorno attraversati da un vento potente, nel godere la pace dell’arrivo e la calda accoglienza nella cittadina di Cagli.
La forza del creato, oggi molti direbbero “della natura” per par condicio, rimane affascinante e conturbante. Ma più di questa con le sue vette, le sue cadute a precipizio, la caligine densa delle nuvole alte, il soffio del vento, la luce fosca dell’alba, il silenzio del bosco, la sorpresa più bella e provocante è stata per me la presenza e il cammino delle persone, di quei volti silenziosi, vertice della creazione. Si avvertiva qualcosa di simile a quanto narrato nel libro della Genesi al primo capitolo: dal caos delle potenze mute della creazione emerge la voce dell’uomo, la sua meraviglia di fronte al mistero. Con i due ragazzi della mia parrocchia, Matteo e Francesco, ho scambiato qualche parola sulla preistoria dei nostri antenati, quei primi che da ominidi hanno poi raggiunto la soglia dell’Homo sapiens e per la prima volta hanno gustato l’ebbrezza di questo stupore misto a paura. Sentirsi soli di fronte a tutto il cosmo. Ho ripensato alla messa sul mondo di Teilhard de Chardin nel momento in cui, saliti dal Rifugio Valpiana al Monte Morcia per un’erta erbosa e umida, davanti a quell’altare in pietra all’aperto non abbiamo potuto celebrare la messa per il grande vento che ci teneva in pugno.
Può essere ancora la vita umana un’offerta gioiosa a Dio? La traccia del Beato Piergiorgio ci aiuta ancora a trovare la direzione: il sorgere del sole come la celebrazione della messa ma anche viceversa. Senza eucaristia non c’è sole che tenga. Mi è sembrato proprio bello concludere il cammino nel grembo accogliente della Cattedrale di Cagli dopo il corpo a corpo notturno con le forze della natura, nelle tensione del corpo finalmente rilassato e pacificato. Ventitre kilometri di sentiero per chi vuole anche i numeri, anche se poi in montagna non contano, sono i dislivelli, ripetuti e impegnativi, a fare la differenza. La colazione offerta nel giardino della canonica della Cattedrale ha arricchito la compagnia di altri volti: il Sindaco di Cagli, cordiale e scherzoso, Don Gilberto e Don Nazareno, qualche persona amica, i familiari di Don Francesco. Tutto nella semplicità, misto a stanchezza, tutto così vero da toccare il cuore. Il pellegrinaggio continua nelle nostre città. Anche lì, tra i poveri, il Beato Frassati trovava la strada per salire a Dio e incontrarlo nella sua maestà disarmante.

Don Mario Florio