La croce è il grande contro-simbolo alla volontà di potenza e di oppressione

Il dolore, la sventura, lo scandalo del male, la morte ingiusta e umiliante, il sacrificio dell’innocente costituiscono sempre per noi un inciampo inaccettabile che preferiamo rimuovere. Gesù di Nazareth, questa rimozione, ha scelto di non farla.

Gesù di Nazareth l’ha conosciuto personalmente, dal di dentro e con una lucidità che a noi non è concessa

Ecco perché celebriamo la croce. Perché è diventato il luogo dove il Figlio dell’Uomo incontra la miseria e lo ‘scandalo’ del male che l’umanità si trova a vivere. E quello scandalo lo assume su di sé. Fino in fondo.

Il grande e drammatico Salmo 22 è il salmo del giorno. Preghiera che ricapitola, nell’esperienza stessa di Gesù, la solitudine del profeta, il dolore di chi si sente abbandonato, e la sventura dei ‘popoli crocifissi’ del mondo. Oggi lo recitiamo per loro.

Nel tempo, noi siamo la comunità che sempre rende attuale ‘il grido di dolore’ che si leva da tante parti del mondo e della storia. Dopo la croce di Gesù di Nazaret, nessun dolore umano potrà mai più restare anonimo. I

Il celebrante nella liturgia del Venerdì santo si prostra a terra, simbolo di ogni umana prostrazione. Nel celebrante si rende visibile l’abisso di umiliazione di tutte le vittime.

Un servo, (Isaia 52,13-53,12) che, malgrado l’apparente fallimento, si fa carico delle colpe e delle iniquità di altri. Su di lui, innocente, ricade il ‘peccato’ della storia. La sua colpa è di aver vissuto secondo giustizia. In questo Servo il Dio guerriero di un tempo si dilegua; è morto il Dio della lotta per la sopravvivenza etnica, che rende schiave le altre nazioni per glorificare il suo popolo.

Dio si ‘nasconde’ nella vittima. E noi oggi, come i primi cristiani, siamo per sempre i custodi di tale memoria. Per questo, le prime comunità, hanno visto in Gesù di Nazareth il primo martire che dava ‘senso’ a tutti i martiri della storia (Dianich, Il Messia Sconfitto). La croce di Cristo ci impone di implorare per tutti coloro che vivono di fatto la realtà della croce. Gli esseri umani e i popoli crocifissi sono sempre troppi.

L’adorazione della croce. E’ il grande gesto che oggi siamo chiamati a compiere. Dio è misteriosamente presente in tutte quelle situazioni che sembrerebbero negarlo. E’ presente proprio nell’‘uomo dei dolori che ben conosce il patire’, nella croce del giusto. Dio è venuto a noi nella debolezza per entrare in comunione con la nostra debolezza e umiliazione; non ha scelto la via dell’onnipotenza. Che mistero grande che Dio abbia scelto il dolore umano e l’umiliazione per indicare il luogo della sua presenza! Per questo osiamo ‘adottare’ la croce. E per questo osiamo affermare che nessun dolore del mondo resterà anonimo.

Una spiritualità della croce. Non dimentichiamo mai che non possiamo parlare della croce senza tener conto di “colui che è appeso”. Solo in colui che è appeso sulla croce, il Cristo, si svela la compassione di Dio, la ‘comunione divina’ con la miseria umana. Gesù è salito sulla croce per amore. Ed è qui ‘il luogo’ della redenzione per tutta l’umanità. La croce diventa allora il segno unico che ci ricorda che possiamo affrontare le cose che ‘dobbiamo’ fare, compiendole non per forza, ma per amore! Anche questo passo è possibile maturarlo in comunione con lui e con tutti ‘gli abbandonati da Dio’ della storia.

Tutti noi, prima o poi, – pur desiderando successo, gloria, potenza – sperimentiamo e tocchiamo con mano l’impotenza, il limite, la sconfitta. Dio non ha scelto di passare attraverso la gloria e la potenza, ma si è reso presente nella croce del Figlio. E’ questo il punto da non dimenticare mai.

Chi di noi vive la sconfitta umana, l’umiliazione, o anche la persecuzione, invece di bestemmiare potrà riconoscersi nel Figlio! E’ per questo che la Chiesa è chiamata ad un amore preferenziale per tutte le vittime. Gesù è morto in favore degli uomini, ‘per tutti’, ‘per noi’, ‘per me’.

La dimensione ‘politica’ della croce.

Da Gesù di Nazaret in poi, dopo la sua morte di croce, non sarà mai più possibile pensare e annunciare un Dio dell’impero. Qualsiasi potere che si pretenda assoluto, troverà nella croce lo scoglio che mette a nudo ogni cieca volontà di potenza. Nessuna croce potrà mai più essere utilizzata come stendardo di un esercito. Dio non ha voluto servirsi del potere umano e politico per affermare il bene; non ha scelto questa via.

La croce è il grande contro-simbolo alla volontà di potenza e di oppressione.

In questo giorno possiamo ricordare un testo, rimasto celebre, dello scrittore francese Paul Claudel, a proposito dell’interrogativo sul perché del dolore umano, in particolare quando sono colpiti gli innocenti: A questo terribile interrogativo, il più antico dell’umanità, quello a cui Giobbe ha dato la sua forma quasi ufficiale e liturgica,Dio solo, chiamato in causa e messo alle strette, era in grado di rispondere; l’interrogativo era così enorme che il Verbo solo poteva portare a compimento, fornendo non solo una spiegazione, ma una presenza, secondo questa parola del vangelo: non sono venuto per spiegare ma per compiere, cioè per sostituire con la mia presenza il bisogno di spiegazione. Il Figlio di Dio non è venuto per distruggere la sofferenza, ma per soffrire con noi. Non è venuto per distruggere la croce, ma per stendervisi sopra”. (P. Claudel, Toi, qui est-tu?, Gallimatrd, Paris 1936).

Il grande enigma della vita umana non è la sofferenza, è la sventura” (Simone Weil).

Quando sono nato mi hanno messo due lacrime negli occhi perché potessi vedere quanto è grande il dolore della mia gente” (Humnerto Ak’abal, poeta indigeno guatemalteco).