Intervento in memoria delle vittime di Corinaldo

Cosa ci è capitato in questo territorio? Cosa ci manca? Cosa possiamo fare?
Sicuramente è mancato l’ascolto dei ragazzi. Solo adesso ci rendiamo conto di cosa mettono nelle orecchie?

Non c’è da demonizzare cosa ascoltano, c’è da chiedersi perché non riescono ad ascoltare gli adulti; forse non comunichiamo niente di così significativo ed attraente?

E chi riesce a farsi ascoltare proponendo modelli assurdi, come fa?

Non accusiamo le età, gli orari dei divertimenti, la notte, le compagnie…chiediamoci se noi adulti abbiamo la capacità di educare, di stare con, del perdere tempo con loro, dire dei sani “no” perché crediamo nei “sì” che vogliamo proporre. Sono “no” identitari.

Perché oggi è diventato più difficile educare?

Oggi gli educatori – genitori, insegnanti, sacerdoti, animatori … – si percepiscono impari al loro compito, spiazzati dalla fatica di mettersi in comunicazione con le nuove generazioni, di fronte alle quali diventano spesso rinunciatari. E’ difficile oggi scoprire come i giovani sono in cerca – anche al di là delle apparenze – di ragioni e di senso e di una relazione significativa, quella che sa trasmettere fiducia, che sa dare sicurezza attraverso una proposta di vita e l’autorità buona che fa crescere, quella che sa offrire regole chiaramente motivate e forti. Educatori affaticati e delusi talora trasmettono più la loro fatica di vivere che la sicurezza di chi ha individuato la strada che dà senso all’esistenza e desidera comunicarla con gioia.

Gli educatori e i genitori più pensosi sono sempre più coscienti che l’efficacia del loro educare dipende dalla qualità umana e spirituale della loro vita, dalla forza interiore delle loro convinzioni, dall’autorevolezza della loro relazione.

E’ diventato più difficile educare perché noi adulti non ci “sentiamo più sicuri”.  In che senso? Nel senso che non sempre abbiamo chiaro quale proposta di vita, quale modello di vita trasmettere.

Non c’è dubbio che si parla di esercizio dell’autorità. Esso può assumere due forme: “Spadroneggiare” o “farsi modello”. Che cosa significa la prima è facile da capire. La seconda è più profonda e merita molta attenzione.

L’esercizio dell’autorità consiste nel fare una chiara proposta di vita, nell’introdurre cioè dentro alla vita; ma questa proposta di vita è mostrata, testimoniata dall’educatore nella propria persona, come forma della propria esistenza. E’ la potenza insita nella testimonianza la forza propria dell’autorità educativa.

Le insidie dell’esercizio di autorità sono le seguenti:

  1.    a) non fare alcuna proposta seria di vita, ritenendo che solo in questo modo l’educando farà al momento opportuno la sua scelta libera;
  2.    b) non ritenere vera e buona nessuna proposta di vita a preferenza di altre, mantenendosi in una sorta di neutralità educativa; c) ritenere, in base a una falsa concezione di libertà, che l’uomo possa svilupparsi da solo, senza proposte fatte da altri, che avrebbero solo il compito di assistere allo sviluppo della persona, senza entrarvi.

Ritengo presente nel nostro tempo un’altra grande insidia nell’educare: la mancanza di narrazione.

Le comunicazioni sociali raccontano solo fatti negativi. C’è un silenzio omertoso e forse complice che tacita esperienze giovanili di alto livello – non solo sportivo – offerte a larghe mani nel nostro territorio. Ma fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, dice il proverbio. Talora il non raccontato sembra inesistente. E questo non costruisce e non educa.

 

Carissimi genitori ed educatori, non lasciamoci rubare il coraggio di educare, non lasciamoci rubare la fiducia nella tradizione narrata; non lasciamoci dominare dall’impazienza; non abdichiamo all’esercizio di autorità. Usciamo da questo evento portando nel cuore quattro parole: coraggio – fiducia –pazienza – testimonianza.

Vi chiedo, siate pensosi, ma superate sensi di colpa e di accusa che forse oggi vi sono piombati addosso.

Ora non dobbiamo correre due rischi:

  • non parlarne più perché i ragazzi hanno sofferto troppo.
  • parlarne continuamente.

Credo che, mai come ora, dobbiamo interpretare la parola accompagnare, deciderci davvero di saper fare strada con i ragazzi e i giovani, proponendo mete e alte e percorribili insieme…come Istituzioni, come Politica, come Chiesa. Senza ipocrisie, falsità e strumentalizzazioni.

Oggi i giovani ci chiedono di non dimenticare, di trasformare quanto stiamo vivendo in una occasione di cambiamento e di responsabilità.

Serve un’alleanza educativa in una società dove tutto è diviso perché l’economia è il criterio della vita, il denaro ci comanda, ci vuole così. Insieme dobbiamo guardare al bene della persona, un bene che si costruisce insieme: “Per educare un giovane serve un villaggio” dice un proverbio africano.

Mi colpirono molto i tre milioni di persone, e i giovani erano la maggioranza, andate a Roma a visitare la salma di Giovanni Paolo II: avevano perso un padre!

Faccio gli auguri di Natale con le parole di questo Santo che ha amato i giovani ascoltandoli fino a lasciarsi guidare nell’inventare le Giornate Mondali della Gioventù.

 

Nell’accompagnarli non dobbiamo aver paura dei loro dubbi, delle loro sfide. Direi quasi che dovremmo essere capaci di suscitare le domande, perché come Gesù bambino è nascosto nella povera paglia, anche il senso della vita è nascosto e va cercato insieme.

Ecco le sue parole: “In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna”.

 

L’occasione mi è propizia per esprimere un grazie sentito e affettuoso al nostro Prefetto, Eccellenza Carla Cincarilli, che in questo tempo ci lascia per la meritata pensione. Eccellenza, ci mancherà di sicuro. Potremmo dire che ha governato la nostra Provincia di Pesaro e Urbino, accompagnando i processi del territorio stesso, la vicinanza concreta, la fermezza affabile, il rispetto istutuzionale. E’ stata una vera “COMPAGNIA”, fatta di presenza, di certezza e di immensa umanità. Sono e siamo immensamente riconoscenti.

Profitto per incoraggiare tutte le autorità qui convenute a rimodellarsi quali servitori del nostro popolo in tutti i modi: il nostro tempo ha bisogno più di testimoni che di parlatori. Autorità: dal latino Augere (far crescere). Che possiamo tutti far crescere il bene civile, economico e morale del nostro popolo.

Che molti, e spero tutto il popolo, possano riconoscerci non padroni ma servitori di questo nostro tempo che ci è dato di vivere.

Auguri a tutti.

+Armando Trasarti

Vescovo