“Occorre prendersi cura della persona, non tanto con le parole, quanto con la nostra presenza”

“Occorre prendersi cura della persona, non tanto con le parole, quanto con la nostra presenza, con la nostra vicinanza”. Con queste parole il Vescovo Armando ha aperto l’omelia, domenica 11 febbraio, della Santa Messa nella parrocchia di Rosciano in occasione della Giornata Mondiale del Malato, alla quale erano presenti tantissimi fedeli fra i quali la sezione fanese dell’Unitalsi con il suo presidente Piergiuseppe Manenti. “Riflettendo sul Vangelo di Marco che narra la guarigione del lebbroso, vorrei sottolineare alcune parole chiave: la compassione e la purificazione. Il malato di lebbra, nell’antichità, era considerato un peccatore, era malato perché si pensava che o lui o i suoi padri avessero commesso una colpa. Gesù lo risana dal pregiudizio e lo reinserisce nella comunità. Occorre – ha proseguito il Vescovo riferendosi alla purificazione – purificare anche il nostro pregare, rimettendo al centro la preghiera quale lode a Dio senza ridurla a un semplice ‘petulare’.  Dobbiamo riprendere in mano la struttura liturgica della preghiera che è fatta di riconoscimento dei nostri peccati, di ascolto, di silenzio, di invocazione, di atto di fede e di ringraziamento”.

Ponendo l’attenzione sulla Giornata Mondiale del Malato, il Vescovo si è rivolto in particolare a coloro che assistono chi si trova nel bisogno, perché si prendano cura della persona, non tanto a parole, nella sofferenza tante parole non servono, quanto piuttosto con la loro presenza, la loro vicinanza.  “La malattia – ha sottolineato il Vescovo – nella vita non è un argomento, la malattia priva degli argomenti. Ci si scopre fortemente impotenti, fragili. Le domande che la malattia suscita mobilitano la risposta. Ma non è facile, la posta in gioco è alta, la vita con tutte le sue sfaccettature”.
Il Vescovo ha anche posto l’attenzione su un tema a lui molto caro, quello del dopo di noi, il lasciare i propri figli a chi possa davvero custodirli senza speculazioni e ha invitato tutte le associazioni, anche quelle laiche, che si occupano di sofferenza e malattia a partecipare a questi importanti momenti di comunità.
Il Vescovo Armando ha concluso l’omelia citando alcune righe dal testo “Così è la vita. Imparare a dirsi addio”. “I bambini fanno domande. Vogliono sapere perché nasciamo, dove andiamo dopo la morte, perché esiste il dolore, cos’è la felicità. Dell’invecchiare, dell’essere fragili, inadeguati, perfino del morire parliamo ormai di nascosto. Ai bambini è negata l’esperienza della fine. L’estetica dell’eterna giovinezza costringe molte donne nella prigione del corpo. Funerali e malattie, insuccessi e sconfitte, se osservati e vissuti con dignità e condivisione, diventano occasioni imperdibili di crescita, di pienezza. Perché se non c’è peggior angoscia della solitudine e del silenzio, non c’è miglior sollievo che attraversare il dolore e trasformarlo in forza”.