“Una Chiesa che cresca per attrazione”

14.26ftFestaSanPaternianoLei, più volte, nelle omelie, parla di un clero che inevitabilmente sta avanzando con l’età e la prospettiva in futuro di un accorpamento di parrocchie. Qual è la situazione vocazioni nel nostro territorio e quale sarà il futuro delle parrocchie della nostra diocesi?
Attualmente, per quanto riguarda le vocazioni, stiamo lavorando molto, tramite la pastorale giovanile e vocazionale, con Casa Giovani anche se si avverte, come anche per la vita familiare, la fatica di prendere la decisione del “per sempre”. Venendo alle parrocchie della nostra Diocesi, più che di accorpamento parlerei di collaborazione vista anche l’ampiezza del nostro territorio diocesano, in particolare nell’entroterra e questo ci obbliga a un processo collaborativo come sta avvenendo, peraltro, nella civitas politica.
Viviamo un tempo, a mio avviso, favorevole alla collaborazione tra Chiesa e istituzioni politiche e sociali, viviamo in una società non più confessionale e neppure laicista, né caratterizzata  dalla bipolarità laici-cattolici: questo permette un’autentica collaborazione senza asservimenti e abdicazioni.
Vorrei sottolineare, inoltre, la mia ammirazione e la mia stima per i sacerdoti della Diocesi che hanno veramente il polso della situazione di tutto il territorio grazie alla loro vicinanza con la gente, con il popolo.

Durante il suo ultimo incontro con gli operatori sociali ed economici lei ha chiesto alla politica e alle istituzioni, fra le altre cose, di credere di più nella sussidiarietà, di favorire le aggregazioni sociali ed economiche, di semplificare regolamenti e procedure, di fare il possibile per liberare le energie positive dei giovani.
Sì, è stato un bell’incontro quello con gli operatori sociali ed economici del nostro territorio, un incontro molto positivo di ascolto e stima reciproci. Alla Chiesa diocesana è riconosciuta autorevolezza proprio perché, grazie al Clero diocesano, conosce le problematiche dal loro interno e non per ‘sentito dire’, ma anche la responsabilità e l’impegno a stare accanto agli uomini e alle donne del nostro tempo con umiltà e intelligenza, senza pregiudizi né atteggiamenti ideologici e senza logiche di inimicizia. Certo nell’opera di edificazione della polis che li accomuna agli altri esseri umani, i cristiani non hanno certezze e ricette: il vangelo non fornisce formule magiche in base alle quali indicare la via che conduce infallibilmente alla realizzazione degli obiettivi di una polis. Nessuno sarà mai dispensato dal portare, a proprio rischio e pericolo, giudizi pratici sulle situazioni da affrontare e da analizzare, sulle scelte da fare tra le possibilità offerte. Il cristiano può vivere la propria fede solo immergendosi nella storia e nella sua opacità, nelle sue contraddizioni, nelle sue problematiche. Inoltre, vorrei sottolineare l’importanza di un supporto etico, morale e di incoraggiamento ai sindaci dei nostri comuni e al loro servizio alla città nella salvaguardia del bene comune.

Qual è l’attualità di un santo come San Paterniano, patrono della città di Fano e della Diocesi?
Innanzitutto la differenza cristiana, una differenza nella qualità delle relazioni. La Chiesa deve indicare agli uomini forme e modalità di comunicazione che siano umane, umanizzate e tendenti al rispetto dell’altro, del suo pensiero, della sua diversità. In secondo luogo il “prendersi cura”, concetto che viene ripreso anche nell’iconografia tradizionale del Santo a cui viene offerta, su un vassoio, la città di Fano. “Prendersi cura” ovvero assumersi il carico, dedicare attenzione, fasciare, toccare e lasciarsi toccare, incrociare e anzi penetrare lo sguardo altrui, entrare nella condizione degli altri, anche a costo di lasciarsi “contagiare” dall’impurità dei suoi interlocutori e dalla loro brutta fama, sino ad essere additato come un peccatore. Inoltre questo santo evangelizzatore, San Paterniano, nostro patrono, ci ricorda la trasmissione della fede come incontro, come ‘contagio’. Gli apostoli e i discepoli, infatti, muovono i loro passi provenendo dall’incontro con Gesù e prolungando la sequela vissuta nei suoi confronti. Sono dei ‘contagiati’ e contagiano a loro volta.

La situazione delle povertà nella nostra Diocesi.
All’oggi, le emergenze a cui sta maggiormente facendo fronte la Caritas diocesana sono, senza dubbio, il cibo e il lavoro. Sia nel nostro Centro diocesano che nei 38 centri di ascolto parrocchiali c’è massima attenzione a un territorio che spesso fatica ad andare avanti. E’ vero, il Comune di Fano, e ne siamo grati, ci offre, al Vitruvio, un compenso per gli spazi utilizzati dal Comune stesso, ma è anche vero che la Caritas continuamente rinveste sul territorio diocesano. Solo a Fano ha investito 650.000 euro per aiutare chi si trova in difficoltà.
Ma c’è anche e soprattutto una povertà di senso, di progetti di vita, di speranza, di cultura, di solidarietà, di provvisorietà affettiva, di fatica genitoriale ed educativa di genere. La chiesa stessa talora manca di parresia, di profezia, di relazione. La verità deve essere soprattutto testimoniata; forse oggi non si sente il bisogno di dare precedenza del fare sull’insegnare. Non si può insegnare quello che non viene vissuto. In altre parole, dobbiamo insegnare quello che, perlomeno, ci sforziamo di mettere in pratica. “Il mondo oggi, ha bisogno urgente di testimoni più che di maestri o di maestri solo in quanto sono testimoni” (Paolo VI).

Qual è il desiderio di un Vescovo?
Sicuramente una Chiesa che cresca per attrazione come ricorda Papa Francesco e l’invito ad ascoltare tutti e, quando si tratta di comprendere i segni dei tempi, si ascoltare gli anziani e i giovani. Gli anziani appartengono alla memoria e la saggezza dell’esperienza che invita a non ripetere stupidamente gli errori del passato. I giovani ci chiamano a risvegliare e accrescere la speranza perché portano in sé le nuove tendenze dell’umanità e ci aprono al futuro, in modo che non rimaniamo ancorati alla nostalgia di strutture e abitudini che non sono più portatrici di vita nel mondo attuale (Evangelii Gaudium n. 108). Inoltre il desiderio di una Chiesa che viva tra le case della gente: se essa vuole corrispondere alla sua identità occorre “che realmente stia in contatti con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente e in un gruppo di eletti che guardano a se stessi” (Evangelii Gaudium n. 28).