Una riflessione sull’esperienza dell’hospice

Hospice come luogo dove nessuno è lasciato solo. E’ quello che il Vescovo Armando ha voluto sottolineare nella sua riflessione in occasione della Santa Messa con i familiari, il personale medico e ausiliare, presso l’hospice di Fossombrone celebrata mercoledì 18 dicembre. Una riflessione che ha toccato diverse tematiche tanto importanti quanto delicate e attuali: dalle cure palliative, all’assistenza spirituale, all’ascolto.

Di seguito il testo integrale della riflessione del Vescovo Armando

Curare si può sempre, anche quando guarire non sempre si può (Cure palliative e non eutanasia).
Le Cure Palliative sono la cura totale prestata alla persona affetta da una malattia non più responsiva alle terapie aventi come scopo la guarigione.
L’obiettivo delle Cure Palliative:
 –  valorizzare il tempo che rimane da vivere degli ammalati terminali
 –  una risorsa per affrontare emozioni, sentimenti, dolore, sofferenza
 –  ultima opportunità per recuperare relazioni affettive, donare amore, esprimere
    delle volontà materiali e spirituali, per una rinnovata esperienza della misericordia  del Signore
–  le Cure Palliative sono nate in alternativa alla morte medicalmente assistita,
    al suicidio assistito
–  non esistono malattie incurabili. Ogni persona malata, anche se affetta da una   patologia inguaribile, ha il diritto ad essere assistita, curata e accompagnata verso una morte naturale
 –  lo scopo delle Cure Palliative è quello di ottenere la massima qualità della vita possibile per il paziente e per i suoi famigliari. Le Cure Palliative sostengono che la malattia non deve essere considerata come fatto patologico isolato, ma deve essere considerata nei termini della sofferenza globale che essa determin
Sofferenza globale: –  problemi spirituali: ricerca di senso – fattori fisici: dolori, sintomi – fattori psicologici: depressione, ansia – problemi sociali:  le relazioni.

Le Cure Palliative provvedono al sollievo dal dolore e degli altri sintomi: integrano gli aspetti psicologici e spirituali dall’assistenza: offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a vivere il più attivamente possibile fino alla morte; sostengono che la malattia deve essere considerata nei termini dell’impatto che ha sulle famiglie dei pazienti; offrono un sistema di supporto per aiutare la famiglia; affermano il valore della vita, considerando la morte come evento naturale; non prolungano né abbreviano l’esistenza dell’ammalato.

La morte come evento naturale: non rifiutata (accanimento terapeutico), non negata (ghettizzazione, “congiura del silenzio”), non anticipata (problema eutanasia).

Hospice come luogo di speranza:

  • saper sintonizzarsi sulle paure e i bisogni dell’ammalato per accoglierli ed elaborarli in una articolata relazione di aiuto di tutta l’equipe terapeutica
  • paura di essere lasciato da solo
  • sensi di colpa e di impotenza
  • bisogni affettivi
  • bisogni di senso: dare significato alla propria storia di vita e alla propria situazione di sofferenza globale
  • bisogni spirituali: riconciliazione, rinnovato incontro con il Signore (sacramenti, preghiera)

 

L’Assistente spirituale deve sapere interagire con tutte le componenti dell’equipe terapeutica, in particolare con medici, infermieri, psicologo.

Relazione con la persona malata e i suoi familiari: domanda sul senso della sofferenza:

  • perché proprio a me?
  • Che ho fatto di male?
  • Dio mi ha abbandonato?!
  • Sto scontando le mie colpe?!

Il Cappellano dell’Hospice, quando è possibile, deve stabilire con la persona malata:

  • relazione di aiuto sulla base di un rapporto di umanità, aperto al dialogo, rispettoso, senza forzature e imposizioni
  • ascolto empatico senza fretta di dare risposte, lasciando che emergano i suoi sentimenti, i suoi bisogni più profondi, la sua sofferenza

Se la nostra mente è piena di pregiudizi, non possiamo udire la verità che dicono gli altri. Quando conversa, la maggior parte delle persone ha fretta di esprimere la propria opinione, e di conseguenza non sente altro che il suono della propria voce.

Curare non è soltanto somministrare terapie mediche, ma è anche prendersi cura della persona nella sua dimensione globale ((psichica, fisica, e spirituale). Nella comunicazione l’aspetto fondamentale è l’ascolto, prima ancora della comunicazione verbale

Atteggiamenti da evitare:

  • rassicurare: “vedrai che guarirai…”
  • proporre soluzioni frettolose: “bisogna avere pazienza…”
  • dire luoghi comuni: “Dio prende i fiori più belli…”
  • generalizzare: “per entrare in paradiso bisogna prendere la propria croce…”
  • minimizzare: “non ti preoccupare, non è niente…”
  • giudicare i sentimenti: “non essere arrabbiato…”
  • la congiura del silenzio di chi è intorno alla persona malata
  • il copro della persona malata parla lo stesso, anche se tutti fanno finta di niente
  • sofferenza psicologica e spirituale dell’ammalato che non può comunicare i propri sentimenti e paure, perché deve fingere di non sapere la gravità della sua condizione
  • spesso non c’è bisogno di dire la verità, perché la verità si palesa gradualmente da se stessa, ma è necessario farsi prossimo all’ammalato, accompagnarlo con umanità e amore nella sua sofferenza
  • non c’è divieto di sosta accanto all’ammalato: so-stare con l’ammalato. Occorre stare e saper stare accanto all’ammalato

L’unzione degli infermi: l’estremo malinteso di un sacramento di guarigione e di speranza, che viene ridotto a rito scaramantico da fare senza che il malato se ne accorga.

Cosa fare per un ammalato  terminale? (cristiano) Il regno di Dio e la vita eterna o che non si accorga di niente? Recuperare l’unzione spirituale della preghiera per non cadere nei malintesi esistenziali. Salmo 130: Io spero, Signore. Spera l’anima mia, attendo la sua parola.