La purificazione del tempio. AUDIO

15.09ftQuaresimaleVescovoLa purificazione del tempio (Gv 2,13-25) è stato il tema centrale del terzo Quaresimale guidato dal Vescovo tenutosi lunedì 9 marzo nella Basilica di San Paterniano. “Purificazione del tempio – ha sottolineato il Vescovo –  e del culto, dunque, qualora diventi mercato. Ma anche purificazione dell’immagine di Dio, talvolta distorta, quando gli si addebitano idee e cose che non gli appartengono, come il ricambio e la retribuzione. A Dio non si pagano tangenti per tenerlo buono, per ottenere in questa vita favori e consensi e per accaparrarsi in futuro il paradiso. Dio non si presta ad alcun gioco d’interesse. Non è “faraone” che opprime. Non è un violento carnefice. Non è giudice spietato. E’ Amore-dono, gratuito, non si compra”. Prendendo in esame, in particolare, il contesto, il Vescovo si è soffermato sui primi quattro capitoli del Vangelo di Giovanni che riportano quattro episodi significativi: le nozze di Cana (Gv 2,1-10), la purificazione del tempio (Gv 2,13-25), l’incontro di Gesù con Nicodemo (Gv 3,1-15), Gesù e la Samaritana (Gv 4,5-42). “Con le nozze di Cana Gesù si presenta come il vino nuovo che è venuto a sostituire le sei (segno di imperfezione) giare vuote (simbolo di un culto ormai privo di senso). Qui Gesù è presentato come colui che dà un senso nuovo al culto verso Dio. Con la purificazione del Tempio Gesù si presenta come colui che sostituisce il Tempio ebraico, con un nuovo tempio che è la sua stessa persona. Lui è il nuovo centro di culto a Dio. Lui è il nuovo tempio, cioè il nuovo luogo di incontro tra Dio e gli uomini. Soltanto in lui si compie il vero culto a Dio. Con il racconto di Nicodemo Gesù evidenzia la necessità per l’uomo di cambiare e di rigenerarsi per poter instaurare un nuovo rapporto con Dio, caratterizzato dal culto interiore. Con il racconto della Samaritana Gesù rivela come il vero culto a Dio, con la sua venuta, non si compie più né a Gerusalemme né sul monte Garizim (le due località dove sorgevano i due templi del culto ufficiale), ma nella sua stessa persona: lui è il nuovo tempio costruito dal Padre per tutti gli uomini a cui si accede attraverso il culto interiore. Gesù, dunque, riporta il vero culto a Dio non più in luoghi fisici, ma al centro della vita stessa dell’uomo”. Il Vescovo si è soffermato, nel commento, su alcune immagini significative: Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei dove il termine Pasqua, in questo contesto, acquista un doppio significato: da un lato, negativo in quanto è accostato al nome “Giudei”, che in Giovanni simboleggiano i nemici di Gesù, dall’altro, polemico poiché questa Pasqua è “dei Giudei” e si contrappone a quella che Gesù avrebbe inaugurato da lì con la sua morte e risurrezione. Trovò nel tempio. Nel tempio Gesù non trova gente che prega, gente in adorazione, ma trova un grande traffico, come se fosse un grande mercato. “E’ una forte denuncia – ha evidenziato il Vescovo – di quanto ormai il rapporto dell’uomo con Dio si era degradato; il culto era diventato un’occasione per fare soldi, ma ci spinge anche a riflettere sul nostro atteggiamento nei confronti di Dio: come viviamo il nostro rapporto con Lui? Si risolve tutto in qualche pratica religiosa, quale moneta da pagare a Dio per ottenere i favori e tranquillizzare la nostra coscienza? O tutta la nostra vita è un atto di culto e di lode a Dio?”.   Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti dal tempio. Polemicamente l’evangelista ci fa vedere che Gesù con questa frusta non si mette a cacciare i peccatori, quelli che sono esclusi dal tempio, quelli che non ci possono entrare, ma quelli che sono la stessa anima del tempio. Gesù non tollera che l’amore di Dio sia venduto; l’amore, quando viene venduto e quando viene comprato, si chiama prostituzione. E’ stata la casta sacerdotale che, per il proprio interesse, ha prostituito il nome di Dio, il vero volto di Dio.

La purificazione del tempio viene descritta da Giovanni con quattro verbi: “scacciò fuori”, “gettò a terra”, “rovesciò i banchi”, e “portate via”. Sono verbi che indicano non soltanto un atteggiamento deciso e violento da parte di Gesù, ma anche la presa di possesso del Tempio. “Tutto il commercio presso il tempio – ha proseguito il Vescovo – aveva una giustificazione religiosa. Era in vista del culto. Perfettamente legale, autorizzato. E, oltre che per i mercanti, anche per la classe sacerdotale costituiva una cospicua fonte di guadagno. Non si fa fatica a ricavare un’impressione dominante di confusione, di agitazione. La maestà del luogo sacro, che doveva esprimere la presenza divina, veniva sopraffatta dal chiasso e dal disordine. Il gesto di Gesù lo si comprende soltanto se ci si colloca fra i destinatari della sua ira. Il tempio è “purificato” – adesso che sono stati sbattuti fuori i mercanti – a patto soltanto che non entrino coloro che si ritengono “puri”.  Il tempio che non è casa di preghiera diventa inevitabilmente luogo di mercato. Se non vi si celebra la liturgia della gratuità del dono di Dio, si celebra il mercato. Gesù rifiuta di entrare in quella logica secondo la quale tutto si può vendere e comperare! Perfino la misericordia di Dio!

Infatti quando Gesù grida: “Non fate della casa di mio Padre un mercato”, non protesta solo contro lo stravolgimento del culto reso a Dio, il che sarebbe già grave, ma ci rivela anche come il nostro modo di pregare, di celebrare sia il riflesso della coscienza che noi abbiamo della nostra dignità personale. Perché la santa liturgia non è solo un culto reso a Dio, ma è anche il luogo in cui Dio rivela all’uomo il proprio mistero, la propria meravigliosa vocazione di uomo. Infatti, quando noi celebriamo “il poema della santa liturgia” è Dio che ci svela il mistero dell’uomo, creato a sua immagine e somiglianza. Ed è proprio la liturgia ad aiutarci a scoprire il valore che abbiamo agli occhi di Dio, per insegnarci a osservare l’invisibile”.

EP

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