Data di pubblicazione: 20.01.2010
Il sacerdote deve essere un uomo che conosce Gesù nell’intimo, che lo ha incontrato e ha imparato ad amarlo. Perciò deve essere soprattutto un uomo di preghiera, un uomo veramente ‘religioso’. Senza una robusta base spirituale non può resistere a lungo nel suo ministero. Da Cristo deve anche imparare che nella sua vita ciò che conta non è l’autorealizzazione e non è il successo. Al contrario deve imparare che il suo scopo non è quello di costruirsi un’esistenza interessante o una vita comoda, né di crearsi una comunità di ammiratori o di sostenitori, ma che si tratta propriamente di agire in favore dell’altro. Sulle prime ciò contrasta con il naturale baricentro della nostra esistenza, ma col tempo diventa palese che proprio questa perdita di rilevanza del proprio io è il fattore veramente liberante. Chi opera per Cristo sa che è sempre uno a seminare e un altro a raccogliere. Non ha bisogno di interrogarsi continuamente: affida al Signore ogni risultato e fa serenamente il suo dovere, libero e lieto di sentirsi al sicuro del tutto. Se oggi i sacerdoti tante volte si sentono ipertesi, stanchi e frustrati, ciò è dovuto a una ricerca esasperata del rendimento. La fede diviene un pesante fardello che si trascina a fatica, mentre dovrebbe essere un’ala da cui farsi portare. (Card. Ratzinger, La chiesa. Una comunità sempre in cammino, Paoline, 1991, pp. 91-92).
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