Non disperdere la memoria dei martiri. Lo aveva chiesto Giovanni Paolo II alla vigilia dell’Anno Santo del 2000. “Nel nostro secolo – aveva detto – sono tornati i martiri, spesso sconosciuti, quasi militi ignoti della grande causa di Dio”. In quest’idea del martirio come realtà contemporanea, c’è tutto il senso della Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri, in programma per giovedì 24 marzo. Un appuntamento giunto ormai alla 19ª edizione. Sulla scia del servo di Dio, molte comunità cristiane, associazioni, semplici fedeli organizzano marce, digiuni, rosari per onorare fratelli e sorelle che nel mondo muoiono a causa della fede. La Chiesa si raccoglie intorno a quanti hanno reso suprema testimonianza al Vangelo e ricorda in particolare gli operatori pastorali – vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici – che nel 2010 hanno perso la vita per la violenza altrui: “Il nostro mondo – sono parole di Benedetto XVI – continua ad essere segnato dalla violenza, specialmente contro i discepoli di Cristo”.
La Giornata è coordinata dall’Ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana (Cei) per la cooperazione missionaria tra le Chiese ed è animata, in particolare, dal Movimento giovanile missionario delle Pontificie opere missionarie (Pom); cade – lo ricordiamo – nell’anniversario dell’uccisione dell’arcivescovo di San Salvador, monsignor Oscar Arnulfo Romero, avvenuta il 24 marzo 1980 durante la celebrazione dell’Eucaristia. Con la scelta del motto per la ricorrenza del 2011, “Restare nella speranza”, si intende proporre una lettura escatologica della figura del missionario caduto che ponga l’accento sul perdurare della sua testimonianza lungo il cammino della Chiesa, a sostegno della missione dei fedeli nelle ore di difficoltà. L’ucciso diviene, dunque, “fondatore di nuove speranze, sorgente di fiducia, messaggio che supera il tempo e la spazio”, come si legge nei sussidi preparati per la Giornata.
Secondo il dossier redatto dall’agenzia Fides, sono 23 gli operatori pastorali caduti nel 2010, un conteggio che non considera solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutti gli operatori pastorali morti in modo violento. L’elenco include un vescovo – monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia – 15 sacerdoti, un religioso, una religiosa, due seminaristi, tre laici. Rispetto ai continenti e paesi di origine, 14 provenivano dall’America (5 Brasile, 3 Colombia, 2 Messico, uno Stati Uniti, Portorico, Perú, Haiti), 5 dall’Asia (due Cina, due Iraq, uno India), due dall’Africa (Togo, Congo/RDC), due dall’Europa (Italia, Polonia).
Comunità parrocchiali e di vita consacrata, seminari fanno memoria dei fratelli scomparsi con un triduo di preghiera, per il quale è stato approntato uno speciale sussidio; il materiale offre tra l’altro uno schema per il rosario, la Via Crucis e l’adorazione eucaristica, con meditazioni che propongono brani della spiritualità dei missionari e missionarie uccisi. I fedeli potranno anche dedicare il frutto del digiuno ad una iniziativa di solidarietà, individuata ogni anno dalla Fondazione Missio. Quest’anno sarà in particolare sostenuto e incrementato il progetto “Andiamo in Uruguay Giovani” istituito nel 1997 per la formazione e di ragazzi e bambini secondo il modello educativo di san Giovanni Bosco. Nell’ambito del progetto sono state realizzate quattro fondazioni in Uruguay e Bolivia che accolgono i ragazzi anche in regime di internato, offrendo loro la possibilità di seguire gli studi e di apprendere un mestiere.
Intanto l’Assemblea generale dell’Onu, su proposta del Salvador, ha designato il 24 marzo “Giornata internazionale per il diritto alla verità in ciò che attiene le violazioni flagranti dei diritti umani e per la dignità delle vittime”; nella pertinente risoluzione del 10 dicembre 2010 viene espressamente riconosciuta l’importante azione di monsignor Romero a servizio della promozione e protezione dei diritti umani nel suo Paese, un impegno riconosciuto internazionalmente grazie ai messaggi in cui il vescovo denunciava le violazioni dei diritti umani delle popolazioni più vulnerabili. Il testo evoca inoltre la dedizione dell’arcivescovo Romero al servizio dell’umanità, i suoi costanti appelli al dialogo e la sua opposizione ad ogni forma di violenza.
“Il martire – sottolinea don Gianni Cesana, direttore nazionale della Fondazione Missio, illustrando il tema della Giornata – non resiste solo nella memoria commossa di chi lo ha conosciuto o nel ricordo dei suoi gesti e insegnamenti: il martire resiste in Cristo. In tal modo diventa segno e fonte di speranza: non ci istruisce tanto la sua morte, ma la vita che prima ha vissuto in nome e per conto del Vangelo e ora la vita che sperimenta nel suo compimento, cioè nella relazione salda e definitiva con Gesù, il Crocifisso Risorto. Nello scandalo dell’apparente assenza, il martire diventa sorgente di fiducia, messaggio che supera il tempo e lo spazio, Parola preziosa per rinnovare la Missione”.
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