“La pace va vista in orizzonti ampi”. Il Vescovo alla veglia per la pace celebrata in Cattedrale

Anche quest’anno, il messaggio del Santo Padre per la celebrazione della giornata mondialedella Pace non ha in sé nulla di retorico. Anzi, rivolge un’attenzione del tutto nuova che, comesi evince dal titolo, riguarda il rapporto di interazione tra giovani, giustizia e pace. E come ogni anno, anche nella nostra diocesi si è celebrata la veglia di preghiera per la pace, in cui si è potuto prendere atto delle innumerevoli iniziative che, nel vissuto quotidiano, portano avanti progettidi pace. È quello che infatti si è vissuto nella serata di sabato 7 gennaio nella Cattedrale di Fano,dove, tra i molteplici spunti di riflessione, è stata data la parola a due testimoni: Elisa Di Blasi,casco bianco in Albania della comunità Papa Giovanni XXIII, e Francesco Montanari, membro dell’associazione “Fuoritempo” di San Michele al Fiume. Entrambi hanno raccontato la loroesperienza dalla quale hanno potuto ricavare alcuni inviti che hanno rivolto ai presenti. Per Elisa, occorre essere “antenne della Pace”, ovvero essere in grado di ricevere e trasmettere la ricchezzadi quello che si fa; mentre Francesco ha esortato i giovani affinché ricerchino nella fede le risposte cruciali per la propria esistenza, non essendo banali e perseguendo l’umiltà e la sobrietà del vivere.Ed in questa analisi del mondo giovanile, si è inserito il Vescovo, il quale ha presieduto la veglia,che ha provocato i presenti in merito alle possibilità di giustizia, di lavoro e di integrazione che vengono quotidianamente sottratte ai giovani dalla enorme voracità di un mondo adulto che, spesso,ha dimostrato un’attenzione miope rispetto ai problemi delle nuove generazioni. Ne è poi seguito un impegno concreto per realizzare la pace nella nostra esistenza: «La pace ha bisogno di scuola– ha detto il vescovo Armando – alla quale non bisogna partecipare da studiosi, ma da testimoni».Proprio seguendo questa linea, il Vescovo ha ricordato un episodio che è stato commemorato proprio in questi giorni dalla comunità di Taizè riunita a Berlino: «Nel 1989, alla vigilia dellacaduta del muro di Berlino, gli organizzatori delle manifestazioni nella Germania dell’Est hannofatto attenzione affinché ognuno avesse in una mano una candela e, con l’altra, la riparassero dal vento; in modo da non avere altre mani a disposizione per compiere gesti di violenza». Un episodio emblematico, a cui Trasarti ha aggiunto: «La pace va vista in orizzonti più ampi, come una luce accesa che alimenta la speranza, senza il bisogno di curarsi di altro».

a cura di Matteo Itri