“Quando gli Istituti invecchiano si cedano i beni perchè non siano una contro testimonianza”. Card. Braz da Aviz ai consacrati e consacrate

L’opinione pubblica anche se è a conoscenza del fatto che «individualmente i religiosi non possiedono niente, l’istituzione non dà sempre la stessa testimonianza».  Lo denuncia il neo cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per i religiosi, in un’intervista rilasciata all’Osservatore Romano alla vigilia della Giornata mondiale della vita consacrata.

«Non è – spiega il capo dicastero – che siamo contro i beni o diciamo che la Chiesa non possa avere tutto ciò di cui ha bisogno. Ma la domanda è un’altra:
perchè non circolano? Mettiamo il caso di una congregazione che abbia in banca una somma consistente, in vista di una maggiore sicurezza per la vecchiaia dei suoi membri. È questa la finalità? Quei soldi non potrebbero servire a un altro istituto? A un pezzo di Chiesa sofferente che ha bisogno? Perchè non sappiamo dire che mettiamo i nostri averi a disposizione di tanti altri?».

«Notiamo – lamenta Braz de Aviz – che non sempre c’è questa sensibilità o questa disponibilità a far circolare i beni. E ciò, invece, aiuterebbe tanto e potremmo soccorrere situazioni molto difficili, divenendo anche più liberi da tutto quello che abbiamo». «Alle volte – confida il prefetto  nell’intervista – ho l’impressione che manca un senso profondo della Provvidenza di Dio».

In molti Paesi Occidentali, il crollo del numero dei religiosi è in caduta verticale: «in dieci anni – ad esempio – le suore in Francia sono calate da 36.000 a 6.000». Lo sottolinea i Braz de Aviz  «Una delle questioni basilari è che i rapporti interpersonali sono malati. Non sappiamo rapportarci, nè come autorità e obbedienza, nè come fraternità. Tutto ciò provoca un male molto grande, perchè questa solitudine che nel mondo è individualismo, nella comunità può diventare angoscia».

«Non a caso – osserva il prefetto – molti consacrati e consacrate escono dagli istituti non perchè non sentano la vocazione, ma perchè non si sentono più felici nella comunità. È un fenomeno che desta attenzione, perchè in un certo senso è legato alla globalizzazione e alla ricerca della felicità umana».

«Abbiamo anche sentito dai vescovi dell’Australia – rivela Braz de Aviz – che quasi non si percepisce più la presenza e l’importanza dei religiosi.Ci sono nazioni, invece, dove c’è una crescita enorme. Penso all’India, alla Corea e ad altri Paesi d’Oriente, nei quali il numero dei consacrati è in aumento. Anche in Africa ci sono tantissime vocazioni, che devono essere ben vagliate per comprenderne le motivazioni profonde. Nei luoghi dove c’è una maggiore qualità di vita evangelica, proprio lì comincia una nuova sensibilità».