Vietnam, Venezuela, Bangladesh, Honduras sono solo alcune delle nazioni da cui provengono i quaranta presepi in esposizione fino al 6 gennaio 2013 alla… Pinacoteca San Domenico. La mostra, inaugurata sabato 8 dicembre e curata da Aldo Mancurti, ha visto la partecipazione, nonostante le avverse condizioni meteorologiche, di numerosi cittadini curiosi di poter ammirare queste particolari e originali creazioni deliziati dalle note natalizie della Cappella Musicale del Duomo e dai Pueri Cantores. I presepi sono pervenuti alla Fondazione della Cassa di Risparmio grazie alla signora Maria Teresa Bagnaresi che ha recentemente donato alla stessa Fondazione una ricchissima collezione di preziosi reperti etnici. A portare il suo saluto è intervenuto l’ingegner Fabio Tombari presidente della Fondazione il quale ha sottolineato l’importanza di questa mostra che raccoglie i presepi provenienti da tutte le parti del mondo, anche da Paesi dove il cristianesimo è presente in misura minore. “E’ un’esposizione – ha ribadito Tombari – significativa perché rappresenta la fede autentica e genuina di tante persone”. Intervenuto alla serata inaugurale anche il vescovo Mons. Trasarti il quale ha preso in esame i vari simboli del presepe. “La mangiatoia, dove il bambino viene posto avvolto in fasce, è sempre stata vista come prolessi di Cristo deposto nel sepolcro ed avvolto nel sudario, anticipazione che indica Cristo redentore dell’uomo con la sua morte, concetto già presente nelle raffigurazioni bizantine della natività, nelle ‘sacre rappresentazioni’ che si allestivano nelle chiese in epoca alto-medievale, ancor prima che San Francesco allestisse il suo presepe. I colori del manto e della veste della Vergine, azzurro e rosso, cielo e amore. La veste marrone e il mantello giallo-oro di San Giuseppe, umiltà e fede – gli stessi colori che, salvo rare eccezioni, contraddistinguono anche San Pietro. Il bue e l’asino, che non compaiono nel racconto dei vangeli, ma derivano dagli apocrifi, finiscono per diventare i rappresentanti l’uno (il bue) degli ebrei e l’altro (l’asino) dei pagani. I re magi, fissati nel numero di tre da un decreto di papa Leone Magno – prima di tale decreto il loro numero era imprecisato -, presenti nel Vangelo di Matteo e dei quali un apocrifo ci fornisce anche i nomi; ecco allora che Melchiorre, di nazionalità non ben precisata e recante oro, Gaspare, un arabo recante incenso, Baldassarre (il nero), un etiope recante mirra, altro non significherebbero che l’omaggio a Dio di tutti i popoli della terra allora conosciuta (Europa, Asia, Africa); ma il loro significato però è anche quello di riconoscere nel bambino il re dei re, il vero re dell’universo, davanti al quale anche i potenti della terra piegano il ginocchio. Altri simboli sono stati intuiti, per esempio, nel ponticello sempre presente sopra il rigagnolo d’acqua: unione di popoli; nell’osteria: luogo dove ci si ubriaca e dunque luogo del male; nel pastore: guida del gregge e dunque capo di una società ecc. Vi è però un singolare personaggio che s’incontra spesso nei presepi napoletani: Ciccibacco, è un carrettiere che porta vino all’osteria e simboleggia il demonio, cioè colui che si adopera perché il male nel mondo non abbia mai fine. Ma il nostro tempo, si sa, ha perduto tanti valori. Forse sarebbe il caso di recuperarne un po’, magari sostando qualche minuto davanti ad un presepe”.