Quarto Quaresimale meditato dal Vescovo Armando

“Dio non è giusto, è sovra giusto”

La parabola del figliol prodigo (Lc 15, 11-32) è stato il tema centrale del quarto Quaresimale meditato dal Vescovo lunedì 20 marzo, nella Basilica di San Paterniano, e animato dal coro diocesano. “Dentro questo testo meraviglioso – ha sottolineato il Vescovo – vi è il grande tema dei percorsi dell’allontanamento da Dio. E’ una parabola complessa: il figlio maggiore sente la festa, la gioia, le musiche, le danze, ma a lui non va che la festa sia in onore del fratello disgraziato tornato a casa dopo aver condotto una vita dissoluta, vergognosa, scialacquando anche le sostanze del padre. Per lui è veramente troppo. Il figlio maggiore – ha proseguito il Vescovo – non può accettare un Dio che faccia festa per l’uomo che ha fallito la sua esistenza. Sembra qui riecheggiare la protesta degli operai della prima ora, protagonisti della parabola di Matteo al capitolo 20. Emergere con forza la questione della giustizia: è un Dio giusto questo? No, infatti Dio non è giusto, è sovra giusto e, nel Vangelo, la sovra giustizia prende il nome di misericordia, cuore verso i miseri”.

 

Dal Vangelo secondo Luca

(Lc 15, 11-32)

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:

«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»

 

Audio della meditazione

 

Video della meditazione