Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Dopo aver parlato della grazia santificante e dei carismi, vorrei soffermarmi oggi su una terza realtà legata all’azione dello Spirito Santo: i “frutti dello Spirito”. Cos’è il frutto dello Spirito? San Paolo ne offre un elenco nella Lettera ai Galati. Scrive: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (5,22). Nove frutti dello Spirito. Ma cos’è questo “frutto dello Spirito”?
A differenza dei carismi, che lo Spirito dà a chi vuole e quando vuole per il bene della Chiesa, i frutti dello Spirito – ripeto: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé – sono il risultato di una collaborazione tra la grazia e la nostra libertà. Questi frutti esprimono sempre la creatività della persona, nella quale «la fede opera per mezzo della carità» (Gal 5,6), talvolta in modo sorprendente e gioioso. Non tutti nella Chiesa possono essere apostoli, profeti, evangelisti; ma tutti indistintamente possono e debbono essere caritatevoli, pazienti, umili, operatori di pace e così via. Tutti noi, sì, dobbiamo essere caritatevoli, dobbiamo essere pazienti, dobbiamo essere umili, operatori di pace e non di guerra.
Tra i frutti dello Spirito elencati dall’Apostolo, mi piace metterne in risalto uno, richiamando le parole iniziali dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (n. 1). A volte ci saranno momenti tristi, ma sempre c’è la pace. Con Gesù c’è la gioia e la pace.
La gioia, frutto dello Spirito, ha in comune con ogni altra gioia umana un certo sentimento di pienezza e di appagamento, che fa desiderare che duri per sempre. Sappiamo per esperienza, però, che questo non avviene, perché tutto quaggiù passa in fretta. Tutto passa in fretta. Pensiamo insieme: la giovinezza: passa in fretta, la salute, le forze, il benessere, le amicizie, gli amori… Durano cent’anni? Ma poi non di più. Del resto, anche se queste cose non passassero presto, dopo un po’ non bastano più, o vengono addirittura a noia, perché, come diceva Sant’Agostino rivolto a Dio: «Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non risposa in te» [1]. C’è l’inquietudine del cuore per cercare la bellezza, la pace, l’amore, la gioia.
La gioia del Vangelo, la gioia evangelica, a differenza di ogni altra gioia, può rinnovarsi ogni giorno e diventare contagiosa. «Solo grazie all’incontro – o reincontro – con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. […] Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice. Perché, se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può astenersi dal comunicarlo agli altri?» (Evangelii gaudium, 8). È la duplice caratteristica della gioia frutto dello Spirito: non solo essa non va soggetta all’inevitabile usura del tempo, ma si moltiplica condividendola con gli altri! Una vera gioia si condivide con gli altri, e si “contagia”.
Cinque secoli fa, viveva qui a Roma un santo chiamato Filippo Neri. Egli è passato alla storia come il santo della gioia. Ai bambini poveri e abbandonati del suo Oratorio diceva: “Figlioli, state allegri; non voglio scrupoli o malinconie; mi basta che non pecchiate”. E ancora: “State buoni, se potete!”. Meno conosciuta, però, è la sorgente da cui veniva la sua gioia. San Filippo Neri aveva un tale amore per Dio che a volte sembrava che il cuore gli scoppiasse nel petto. La sua gioia era, nel senso più pieno, un frutto dello Spirito. Il santo partecipò al Giubileo del 1575, che egli arricchì con la pratica, mantenuta in seguito, della visita alle Sette Chiese. Fu, al suo tempo, un vero evangelizzatore mediante la gioia. E aveva questo tratto proprio di Gesù: perdonava sempre, perdonava tutto. Forse qualcuno di noi può pensare: “Ma io ho fatto questo peccato, e questo non avrà perdono…”. Sentite bene questo: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre. E questa è la gioia: essere perdonati da Dio. E ai preti e ai confessori sempre dico: perdonate tutto, non domandate troppo ma perdonare tutto, tutto e sempre.
La parola “Vangelo” significa lieta notizia. Perciò non si può comunicare con musi lunghi e volto scuro, ma con la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto e la perla preziosa. Ricordiamo l’esortazione che San Paolo rivolgeva ai credenti della Chiesa di Filippi, e ora rivolge a tutti noi: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti» (Fil 4,4-5).
Cari fratelli e sorelle, siate lieti con la gioia di Gesù nel cuore. Grazie.