La vita apostolica è un lavoro di cesello della grazia di Cristo

“La storia della Chiesa è basata sulla domanda di Cristo a ogni discepolo “mi ami tu?”. Queste le parole del Vescovo Armando nell’omelia della Santa Messa nella nuova chiesa di Santa Maria del Carmine, nel quartiere di Gimarra, in occasione della Giornata Sacerdotale, una giornata per pregare per tutti i sacerdoti, per le vocazioni e per rendere grazie per il ministero. Nella sua riflessione il Vescovo si è soffermato innanzitutto sulla prima lettura, la Prima Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo (1 Tim. 1,12-7). “La vicenda di Paolo è il paradigma di ogni esperienza del dono della fede. Il contrasto radicale tra la sua condizione di prima e la vita nuova che il Signore gli ha donato mette in evidenza lo splendore e la potenza dell’opera divina. Il “bestemmiatore persecutore e violento” è stato giudicato degno di fiducia e messo al servizio del Signore Gesù. La misericordia divina è sempre principio di una vita nuova. La salvezza-grazia muta alla radice il modo di concepire il rapporto con Dio, i rapporti all’interno della comunità e i rapporti della Chiesa con il mondo. La salvezza-grazia – ha messo in evidenza il Vescovo – è la radice che ha suscitato e strutturato tutta la missione di Paolo. La grazia è la realtà da annunziare, è annuncio universale, è la direzione dell’esistenza. L’uomo deve concepirsi come dono gratuito, come un’esistenza regalata, da cui farsi dono gratuito per tutti. La vita apostolica è un lavoro di cesello della grazia di Cristo. I limiti che ogni persona ha sono lo sfondo che fa risaltare la misericordia del Buon Pastore. Ciò che il Signore fa nell’apostolo serve di incoraggiamento per l’apostolo stesso e per gli altri. Le grazie di cui il Signore gli ha fatto dono sono molto abbondanti e non meritate. Perciò, quando ci si rende veramente conto della propria povertà e di tutto ciò che si ha, non si sente il bisogno di domandare privilegi e tanto meno di esigerli. Questa umiltà apostolica e molto lontana dai complessi di inferiorità o di superiorità nei confronti di altri fratelli nel ministero. L’apostolo gioisce per i successi degli altri e rispetta il carisma altrui. In questo mondo si collabora gioiosamente con tutti e si sente come ognuno sia neces­sario. La presenza di Cristo nella persona dell’apostolo da senso a tutta la sua vita. Le impronte di questa presenza si rivelano amando. L’amore fa comprendere più delle teorie. Cari fratelli – ha proseguito il Vescovo – la vocazione apostolica, la perseveranza e la fedeltà generosa sono un dono di Dio. Vivere l’oggi di questa perseveranza e di questa fedeltà, significa dipendere dalla presenza del Signore. Chi ormai è «sicuro», si dimentica di Cristo presente. I «poveri» sono quelli che perseverano, specialmente per quello che riguarda la disponibilità generosa. Siccome si sentono poveri, come Maria, vivono in stretta dipendenza dal Signore. La perseveranza di Paolo era legata anche dalla ferma decisione che prese fin dal primo momento. Si tratta di una opzione fondamentale che orientò tutta la sua vita. Paolo non cercò surrogati della missione. La sua «sicurezza» era fondata su Cristo risorto e presente. Allora veramente si tocca con mano che la perseveranza e la generosità sono dono di Dio e non viene neppure di sfuggita il pensiero di diventare una «casta» a parte”.

Il Vescovo si è poi soffermato sul Vangelo di Giovanni (Gv. 21, 15-22). “La pericope è stata incentrata sulla figura di Simon Pietro. Qual è il ruolo dell’apostolo nella comunità cristiana? Egli è chiamato all’ufficio di pastore ed è chiamato a dare testimonianza con il martirio. Prima di affidare l’incarico a Pietro, il Signore non esige una confessione di perfezione, ma di amore. Prima di qualsiasi dote umana, il ministero pastorale di Pietro si fonda sulla relazione di fiduciosa comunione interiore. Al ministero pastorale stesso seguono le testimonianze del martirio. La storia della Chiesa è basata sulla domanda di Cristo a ogni discepolo “mi ami tu?”. Dopo la missione e il banchetto eucaristico tocca il nodo all’interno della comunità: la partecipazione al Corpo dato, vita consegnata, è per i discepoli principio di comprensione e norma di azione. Pietro – ha proseguito il Vescovo – non è il pastore da seguire, ma servo che segue l’Agnello fino al martirio. Preghiamo gli uni per gli altri – ha esortato il Vescovo –  perché Gesù ci allarghi sempre il cuore, perché ci doni di affidarci totalmente a Lui come a Colui che dà senso a tutta la nostra vita. Cari sacerdoti, non spegnete mai la fede piccola o grande delle persone”.

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