“Il Sermig non è finito, dobbiamo renderlo vivo nella nostra realtà”

Andrea, Damiano, Giulia, Letizia, Gioele, Thomas e Eugenio sono i sette ragazzi della nostra Diocesi (in particolare della parrocchia di Sant’Orso) che, da lunedì 23 luglio, stanno vivendo l’esperienza del Sermig a Torino. Un’esperienza fin da subito molto arricchente per i ragazzi della nostra Diocesi. “Abbiamo iniziato – hanno scritto durante la prima giornata –  a lasciare che il Sermig ci entri dentro e ci stupisca”.

La seconda giornata è stata dedicata, nella prima parte, alla riflessione individuale e collettiva sulle domande “Chi è per me Gesù? Che impatto ha avuto sulla mia vita?”, mentre nel pomeriggio spazio al lavoro manuale. La serata all’insegna della condivisione, dell’amicizia e di nuove conoscenze…in giro per Torino.

Terza giornata dedicata al tema dell’interiorità. “La giornata – scrivono i ragazzi – è iniziata con la visione di un film molto toccante sulle ingiustizie che accadono nelle altre parti del mondo fino ad arrivare a questa sera con la Cena dei Popoli in cui abbiamo affrontato forse la più grande delle ingiustizie, la distribuzione delle ricchezze nel mondo. E in tutto ciò, la domanda che ci ha accompagnato per tutta la giornata è stata “Io dove sono? E noi dove siamo mentre succede tutto questo? Cosa possiamo fare? Possiamo continuare a chiudere gli occhi?”.

Anche la quarta giornata è stata accompagnata da una domanda “Da cosa ho bisogno di essere liberato?”. “Questa è l’interrogativo – scrivono i ragazzi dal Sermig – che ci ha accompagnato oggi, in una splendida giornata di sole e di riflessione su ciò in cui informazione e pubblicità provano a farci essere. Ci siamo dedicati anche oggi a lavori di smistamento, tra sacchi e tanto altro. E la giornata si è conclusa questa sera con laboratori di approfondimento. Pronti una nuova giornata ci riposiamo”.

Spazio al silenzio nella quinta giornata. “Silenzio – scrivono i ragazzi della nostra Diocesi – che ci ha permesso di entrare in comunione col Signore per confessarci. Silenzio per rispettare le persone accolte dall’Arsenale e che vi si trovano non per scelta. Silenzio per assaporare al meglio i pensieri, le parole e i sentimenti di questa settimana e lasciarci toccare e cambiare. Silenzio per mantenere la voce, che ci servirà per raccontare a tutti quello che abbiamo vissuto, perché il Sermig non è finito ma dobbiamo anzi renderlo vivo nella nostra realtà”.