«Bello! Per l’incontro della prossima settimana credo che inviterò altra gente dalla mia parrocchia, oltre ai giovani». Questo è stato un commento a caldo di una giovane educatrice presente al primo Quaresimale 2009, tenutosi a Marotta lo scorso Venerdì 27 Febbraio. Dopo un breve pellegrinaggio, il denso corteo di persone che formava la processione, giovani e non…, ha riempito la chiesa di san Giovanni Evangelista, simbolo di una grande aspettativa da parte di tutti i presenti nei confronti di questi incontri che si pongono, tra l’altro, in continuità alle lectio sul Vangelo di Marco.
Tutto il commento guidato dal Vescovo Armando è stato incentrato sull’analisi di quello che viene definito “kenosys”, ovvero il passaggio di Dio dalla natura divina a quella umana, un Dio che si abbassa e che “non si considera pertanto umiliato”, parafrasando l’apostolo Paolo. Da ciò, la riflessione del Vescovo sulla necessità di riscoprire anche da parte nostra questa nuova logica del rendersi umili, anche nella sofferenza: «Nella vita non siamo, a volte, troppo preoccupati dalle lacrime? Chi non entra nella logica dell’umiliazione non capirà mai la glorificazione. Non dobbiamo sentirci né saccenti e né potenti, bensì accompagnatori di fede». Poi è stato citato un pensiero di don Andrea Santoro, un martire della nostra epoca, in cui egli stesso diceva che non si è pienamente capaci di salvezza se non si è in grado di offrire la propria carne.
Tre sono le tentazioni che ci distolgono da questo obiettivo: «La prima è quella del “tutto e subito”. Dimentichiamo, però, che il tempo ha una sorella gemella: la pazienza e la perseveranza. – ha detto il Vescovo – Poi c’è la “metamorfosi dell’ideale della felicità umana”; la vera felicità è di ordine spirituale. Infine viene l'”avventura dell’amore e del matrimonio”, quando si passa dal donare al prendere. Proviamo a riprendere quel versetto di Giovanni in cui si dice che “nessuno ha un amore più grande che dare la vita per i propri amici”».
Concludendo, il Vescovo Armando ha proposto un’ulteriore e concreta provocazione: «La sproporzione che riconosci tra il “dire” ed il “fare”, che a volte ti fa essere lontano dalla pratica e dalla vita, mi consente di invitarti a fare qualcosa di concreto per gli altri. Non si può cambiare le cose dall’esterno, ma occorre scendere nel mondo».
Matteo Itri