(testo del Messaggio) La festa patronale che ci accingiamo a celebrare spinge a posare lo sguardo sulla nostra Città di Fano e sul territorio della Diocesi, a coglierne le luci, a sostenerne le fragilità, ad incoraggiare la passione per il bene comune…
E vogliamo farlo con gli occhi e lo sguardo di S. Paterniano: il suo è uno sguardo d’amore che viene da lontano, quando, come pastore di questa Chiesa Fanese, lo riversava non solo sui suoi fedeli ma anche verso coloro, che, ancora pagani, guardavano a lui, insigne per santità e saggezza, con atteggiamenti di fiducia e di speranza.
Pastore saggio e umile, di profonda vita ascetica, aveva talmente conosciuto Dio nei suoi eremitaggi, che, divenuto Vescovo e guida, lo volle annunciare con tutte le sue forze alla città. Dio e l’umanità: due passioni mai disgiunte nel cuore di un Vescovo.
La festa del Patrono ci incoraggia a riproporre a questa Città il bisogno di Dio, senza supponenza e senza prepotenza. C’è una strada, una “via” che siamo chiamati a percorrere.
1. La via della ricerca di Dio. Nella ‘costruzione’ della città albeggia un bisogno, un desiderio di interiorità, ma questo è, oggi, spesso tradito. L’interiorità apre l'”anima” della città alla dimensione religiosa, all’opera talvolta ‘paradossale’ del credente. Nella notte e nel buio dell’attuale crisi, non solo economica, il nostro compito di cristiani, che vivono nella città degli uomini, è di annunciare e vivere il Vangelo della speranza e della fiducia nel Signore della vita, che non ci abbandona mai.
“Voi dite: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi.” (S. Agostino, Discorsi 311,8). Viviamo bene la nostra fede ogni giorno e allora i tempi saranno migliori. Viviamo bene la nostra fede e le nostre città riprenderanno ad avere un’anima.
Molti pensano e cercano una “spiritualità senza Dio” o “al di fuori delle Chiese” o addirittura “senza religione”. Ma si accorgono subito che per una vita riuscita e felice occorre ritrovare “lo spazio del silenzio”. Nel frastuono assordante delle nostre città, sotto il tumulto della quotidianità e la confusione del cuore, Paterniano ci ricorda che dentro ognuno di noi c’è un luogo, uno spazio, una stanza del silenzio: il luogo in cui Dio abita, comunica, parla, agisce. Lì l’uomo è veramente se stesso, ritrova se stesso. Un proverbio dei tuareg dice: “Il deserto è Dio, il silenzio la sua parola. Il credente di essa si nutre!”. Città di Fano, anche tu hai bisogno di questo luogo. Per ritrovare ogni giorno, o meglio, per non perdere mai la tua identità. Dio parla anche oggi. Si vive male senza di Lui: scompare persino la centralità e la dignità dell’uomo. E nei confronti dell’uomo tutto è permesso.
Ci sono poi delle “vie” che ci fanno scoprire la presenza di Dio nella vita della nostra Città:
2. La via della solidarietà e della condivisione. Fano è una città che sa ascoltare “il grido dei poveri”. Fano sa incontrare quelli che vivono in maniera dignitosa e spesso nascosta il loro disagio. C’è un impegno quotidiano capillare che vede protagoniste associazioni e persone in numero considerevole. E questo può spingere sia il pubblico che il privato a fare di più perchè esercitando la carità, si contribuisce a costruire la città solidale, la città di tutti
3. La via della bellezza. E’ bella Fano, è bella e luminosa la nostra gente, sono belle le sue Chiese, il suo paesaggio, il suo territorio, le sue colline e il suo mare. Afferma Papa Benedetto XVI: “Affinché oggi la fede possa crescere dobbiamo condurre noi stessi e gli uomini in cui ci imbattiamo a entrare in contatto con il bello e annunciare la verità della bellezza. Non la bellezza mendace, falsa, una bellezza abbagliante che non fa uscire gli uomini da sé per aprirli nell’estasi dell’innalzarsi verso l’alto, bensì li imprigiona totalmente in se stessi”. Il patrimonio culturale, artistico, religioso della nostra terra risulta essere in tal senso un percorso privilegiato per l’incontro con il divino.
4. La via dell’accoglienza. L’incontro con l’altro, ogni altro, è un incontro faticoso. Accogliere vuol dire conoscere, incontrare, dialogare, comprendere, accettare. Anche e soprattutto quelle che sono le debolezze e le fragilità con cui ci imbattiamo. Cresce il mal di vivere, si accentua la disparità sociale, imperversa lo stile del grido più che del ragionamento pacato e costruttivo.
L’uomo vive in relazione con gli altri, in famiglia, nei corpi intermedi, nella società, nella politica, nell’economia, nella cultura, nella religione.
La buona qualità di tutte queste relazioni è garanzia del benessere dell’uomo. La Chiesa “esperta in umanità” (Paolo VI) è in grado di comprendere l’uomo nella sua vocazione sociale. La Chiesa non struttura la società, ma sollecita e forma le coscienze. Quella dei cristiani è una paradossale cittadinanza, perché “ogni terra straniera è la loro patria e ogni patria è una terra straniera” (Lettera a Diogneto).
La cittadinanza dei cristiani è sempre insieme di leale impegno per la costruzione della città e di “memoria sovversiva” di potenziale conflittualità: nessun ordinamento umano può esaurire la tensione escatologica del Vangelo. Nessuno abbia paura di Cristo. Lui è Signore, ma non vuole inibire o reprimere, vuole solo redimere e salvare; vuole solo liberare. Cristo vince e trionfa, non quando la nostra umanità è amputata e repressa, ma quando viene tutelata ed efficacemente promossa, soprattutto se è l’umanità di chi è incapace di difendersi, è senza volto e senza nome, uno dei tanti che non contano nulla. Che la nostra città ricuperi la memoria, riscopra la gratuità, esalti la comunione.
Sia il giorno di San Paterniano la festa di chi incontra Dio, di chi si fa prossimo di ogni fratello, di chi sa sostare, contemplare e stupirsi, di chi sa amare con cuore libero e sincero.
Il Vescovo
+ Armando Trasarti
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