I resti mortali di don Achille Sanchioni e di don Guido Berardi (nella foto al centro, il più alto) verranno trasferiti dal cimitero all’interno della cripta del santuario San Giovanni Bosco. L’iniziativa è stata presentata in una conferenza stampa tenutasi presso l’Opera Don Orione di Fano. Erano presenti il giornalista Silvano Clappis, il presidente dell’associazione ex allivei Don Orione sezione Don Gentili Fano Sandro Magrini,l’ex allievo Astorre Giacobini e Augusto Sanchioni, nipote di don Achille.
“L’evento inizierà già dal giorno precedente la cerimonia vera e propria – dice il presidente dell’associazione ex allievi Don Orione, Sandro Magrini -. venerdì 25 marzo, alle ore 20:45, presso il cinema “Masetti” si terrà un incontro dal titolo “Il sogno e l’opera di don Guido e don Achille”, interventi di Silvano Clappis, Augusto Sanchioni e Alberto Berardi. A seguire verrà trasmesso il film – documentario diPaolo Del Bianco “Don Achille un prete dentro di noi”. Al termine della proiezione sarà distribuito il volume “Araldo di Dio”, di don Guido Berardi. Sabato 26 marzo alle ore 11:30, dopo la Santa Messa celebrata dal vescovo Armando Trasarti, lo stesso Monsignore benedirà le due salme. Alla fine della cerimonia ci ritroveremo tutti nel cortile dell’Istituto don Gentili, per un piccolo rinfresco. Voglio ricordare che saranno presenti alla cerimonia 2 classi dell’Istituto don Orione, in rappresentanza degli studenti”.
“Finalmente le salme dei 4 sacerdoti più rappresentativi dell’Opera Don Orione saranno riunite in un unico luogo (nella foto, i loculi in cui verranno deposti i resti mortali dei due sacerdoti) – dichiara l’ex allievo Astorre Giacobini -. Speriamo che questo evento permetta un riavvicinamento della città di Fano verso questa struttura, che è stata un simbolo per la vita comunitaria delle generazioni passate. Grazie a questa iniziativa saremmo anche in grado di portare nella nostra città alcuni personaggi celebri della storia dell’Opera Don Orione, che verranno a parlarci della loro personale esperienza”.
“Sono felice e onorato per la concretizzazione di questa iniziativa a cui stiamo pensando già dal 2003 – sono le parole di Augusto Sanchioni, parente di don Achille -. Il 2011 è l’anno in cui ricorre il centenario della nascita di don Achille,pertanto questo evento assume un carattere simbolico ancora più forte. La nostra intenzione non è quella di fermarci, abbiamo infatti in cantiere altri progetti, come l’istituzione di una via o una piazza intitolata a don Achille, o la realizzazione di una sua statua da posizionare vicino a piazza San Leonardo”.
UN RICORDO DI ALBERTO BERARDI
Ricordo le sue grandi mani avvicinarsi alla lampada da tavolo, soffermarsi un poco e ritirarsi per fare posto alle mie. Era l’unica fonte di calore in quella stanza fredda e buia. Come erano gelide di prima mattina quelle domeniche degli anni ‘50, il vento ti sputava in faccia la neve ed i tigli, allora esili, di Via Piave non riuscivano a ripararti dalla pioggia. Ma che sollievo raggiungere la casa di Via Malagodi ed essere accolti con una stretta di mano sulla porta da Don Guido in persona. Con lui studiavo latino. Diceva sempre che non esiste mezzo migliore per imparare che insegnare agli altri e così mi era grato perché gli insegnavo ancora qualcosa. Non so quanti anni avesse allora, non l’ho mai saputo, per me era zio Guido e basta, Don Guido per la mamma e semplicemente Guido per mio padre. Un prete dunque, un prete grande e grosso che mi aveva tanto intimorito il giorno della mia prima comunione quando entrò nella nostra povera casa e dovette chinarsi per varcarne la soglia. Un prete che mi aveva affascinato con la sua parola semplice e chiara e che mi aveva stupito sedendo a tavola, quel giorno insolitamente imbandita, per mangiare soltanto un pugno di riso ed una patata lessa, respingendo con un mite sorriso ogni pietanza che gli altri commensali non si stancavano di proporgli. Un gigante che mangiava come un uccellino, un gigante che mi aveva portato in dono una Bibbia illustrata, un gigante che girava in bicicletta.
Quante cose imparai quel giorno da lui che aveva incantato l’uditorio raccontando, con un bimbo sulle ginocchia e quattro seduti ai suoi piedi, le avventure di Pasqualon (nostro lontano parente), la storia di Fano antica ed i Fioretti di San Francesco. E poi le storie su lui stesso. Era stato un campione sportivo, lanciava il martello, aveva fatto l’eremita con una barba che gli arrivava ai piedi, regalava ai poveri tutto quello che aveva, aveva studiato a Roma, era un santo, era un po’ matto, aveva una tipografia in camera da letto, sentiva tutti i giorni Radio Londra, conosceva l’aramaico, studiava il giapponese. Quante cose per un bambino. Mi ci vollero anni per toglierlo dal mito e ricollegarlo alla realtà, ma quando ci riuscii mi accorsi che la realtà era essa stessa mito. Parlava come un profeta, lavorava come un operaio, studiava come uno scienziato, portava gioia e letizia ovunque. Amava tutte le creature come Francesco, come Paolo avrebbe voluto predicare in tutto il mondo. Come Francesco praticò la povertà, come Paolo lavorò sempre manualmente. Un esercizio contro la superbia, diceva. Si preparava al giorno in cui il Papa lo avrebbe chiamato a parlare dalla Radio Vaticana per diffondere la Buona Novella, un messaggio di pace e di amore, il messaggio di Cristo. Io sorridevo a queste parole credendo di conoscere il mondo e gli uomini ed egli costringendomi a guardarlo negli occhi mi chiedeva: “Anche tu pensi allora che io sia matto?”. Oggi, dopo aver assistito allo sgretolarsi del suo fisico (con quanta fatica saliva ogni pomeriggio le scale che portano al mio appartamento), oggi dopo aver appreso in un giorno di pioggia che si era finalmente congiunto con “sorella morte”, oggi che la sua amata Fano gli ha dedicato una via non posso che chiedermi ancora se ho conosciuto un santo o un prete un po’ matto; come se la logica in questo campo servisse a qualcosa e come se il lungo rapporto con lui non mi avesse “segnato” per sempre. Anche io sono infatti un po’ matto, vorrei che i fatti corrispondessero alle parole, ma non ho ancora trovato la sua bicicletta, quella con la quale – qualcuno ha scritto – egli è salito in paradiso percorrendo una strada tutta in discesa.