"Ripensiamo i cammini per i fidanzati nelle diocesi". Mons. Crociata alla Commissione Cei famiglia e giovani

(testo integrale) Educare alla vita buona del Vangelo i giovani e le famiglie. Incontro della Commissione episcopale per la famiglia e la vita e dei Vescovi delegati delle regioni
Sono particolarmente lieto di questo incontro della Commissione Episcopale per la famiglia e la vita e dei Vescovi delegati per la pastorale familiare e per la pastorale giovanile.
Anzitutto, vi ringrazio di cuore per la vostra opera che, come ci indicava la lettura breve, permette di «preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo» (Ef 4,12).
Il decennio dedicato all’educazione ci sollecita a un lavoro comune, pur nella distinzione delle competenze e delle responsabilità, con l’attenzione a creare feconde alleanze educative con quanti operano al servizio dei giovani e delle famiglie.
​Il mio pensiero si rivolge a quei genitori disorientati davanti ai figli che crescono, alle richieste provocanti degli adolescenti, all’impressione di trovarsi in un mondo in cui, all’improvviso, non ci si capisce più.

​Nello stesso tempo penso anche ai sacerdoti a cui vengono chiesti consigli e orientamenti in una società che cambia repentinamente, caratterizzata da mezzi di comunicazione sempre più pervasivi.

Credo che il primo sostegno da offrire alle famiglie stia nel loro momento genetico, rendendo l’intera comunità cristiana protagonista di un accompagnamento dei fidanzati che, partendo dai primi amori, si prolunghi anche nei giovani sposi, perché diventino realmente «un’intima comunità di vita e di amore» (GS 48).
​La scelta del matrimonio, comunione di tutta la vita, richiede infatti oggi un accompagnamento da parte della comunità cristiana e di operatori pastorali formati ed incisivi: è la cosiddetta «società liquida» a imporci oggi questa attenzione specifica, in un contesto relazionale segnato dalla fragilità e dalla fatica a coinvolgersi “per sempre”.
​Il Santo Padre, nel discorso alla Rota Romana del 22 gennaio scorso, ha insistito sulla qualità della domanda di matrimonio, sottolineando che «nessuno può vantare il diritto a una cerimonia nuziale». Dopo aver precisato che il matrimonio, pur essendo un diritto naturale, non può costituire una pretesa, ha indicato l’orientamento pastorale da perseguire: «Lo ius connubii, infatti, si riferisce al diritto di celebrare un autentico matrimonio. Non si negherebbe, quindi, lo ius connubii laddove fosse evidente che non sussistono le premesse per il suo esercizio, se mancasse, cioè, palesemente la capacità richiesta per sposarsi, oppure la volontà si ponesse un obiettivo che è in contrasto con la realtà naturale del matrimonio». È proprio questa capacità per sposarsi che dobbiamo far crescere nelle coppie che si accostano a noi chiedendo la celebrazione del sacramento.
Dopo aver invitato a un accompagnamento attento dei nubendi e sollecitato i pastori a svolgere accuratamente l’«esame pre-matrimoniale», il Papa auspica un rinnovamento degli itinerari di preparazione alle nozze, per stimolare una piena consapevolezza di ciò che si intende chiedere alla Chiesa: so che su questo punto, la Commissione Episcopale sta lavorando da tempo.
​È evidente che la cosiddetta “preparazione immediata” appare oggi del tutto insufficiente, anche perché molti di coloro che chiedono il matrimonio religioso non frequentano abitualmente la comunità cristiana e necessitano di un vero e proprio accompagnamento che li aiuti a riscoprire il senso del proprio battesimo, reintroducendoli a pieno titolo nell’esperienza ecclesiale. Questa situazione ci stimola ad allargare gli orizzonti e ci provoca a una più efficace sinergia fra pastorale giovanile e pastorale familiare, nonché a una più accurata formazione degli operatori, per sostenere le giovani generazioni nel vivere con gradualità le tappe della maturazione affettiva.
​Abbiamo ben presente l’incontro del Santo Padre con i fidanzati, avvenuto domenica scorsa ad Ancona, in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale. Il Papa li ha esortati così: «Preparatevi a scegliere con convinzione il “per sempre” che connota l’amore: l’indissolubilità, prima che una condizione, è un dono che va desiderato, chiesto e vissuto, oltre ogni mutevole situazione umana. E non pensate, secondo una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro. Bruciare le tappe finisce per “bruciare” l’amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile».
​Vorrei, ancora, fare rifermento a un altro campo, nel quale pastorale familiare e pastorale giovanile potranno crescere in una più stretta collaborazione.
​Si tratta delle numerose famiglie che vivono il dramma della separazione: spesso, al loro interno, i figli restano profondamente feriti, sono in difficoltà nel compiere scelte definitive e necessitano di un’accoglienza e di un sostegno particolare. Anche su questo fronte le nostre Chiese sono chiamate a un impegno più puntuale.
​Da questi brevi accenni emerge ancora una volta in evidenza il ruolo irrinunciabile della famiglia. Mi rifaccio ancora a Benedetto XVI e alle parole da lui indirizzate ad Ancona domenica scorsa ai sacerdoti e agli sposi: «la famiglia è luogo privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane, per questa finalità, la migliore alleata del ministero sacerdotale; essa è un dono prezioso per l’edificazione della comunità».
​Vi ringrazio per la vostra opera preziosa. Vi invito a non perdere la speranza e a non sentirvi oppressi da un compito che potrebbe apparire impari rispetto alle nostre risorse: ci sostiene la forza della fede. Il mio augurio è che sempre più possano crescere nelle nostre comunità itinerari efficaci di comunione, per educare alla vita buona del Vangelo i giovani e le famiglie che ci sono affidati.