Verso la Giornata del malato/3. Una parrocchia, a Torino, accompagna e sostiene i malati di cancro con una struttura

“Cerca la vita” è prima di tutto un invito, un’esortazione a scoprire come vivere il senso della malattia. Ed è il nome che la parrocchia del Sacro Cuore di Maria, nel quartiere torinese di San Salvario, a poca distanza dall’ospedale delle Molinette, ha scelto per il centro – uno dei pochi presenti in città, fuori dalle strutture sanitarie – che dal 2007 accompagna e sostiene spiritualmente e psicologi- camente i malati di cancro. “Se pensiamo alla parrocchia come al luogo della carità ordinaria, al luogo in cui ci si fa carico reciprocamente dei momenti della vita quotidiana delle persone – spiega il parroco don Jean Tefnin –, dobbiamo anche pensare di non tirarci indietro di fronte ai momenti di vulnerabilità e di fatica delle persone, dando loro ristoro e sostegno anche nel momento della malattia”.

Condividere la malattia. L’esperienza di “Cerca la vita” è nata dalla constatazione di un bisogno. “Spesso il sistema sanitario rimanda sul territorio problemi di cui pochi riescono a farsi carico davvero – spiega don Tefnin –, per cui era urgente trovare delle risposte a questo tipo di biso- gni, a cominciare d’accompagnamento spirituale dei malati oncologici”. Nel centro le persone ammalate vengono aiutate a migliorare la qualità della loro vita, dando loro l’opportunità di confrontarsi sulle proprie paure e sulle angosce, quando si fa avanti la tentazione di isolarsi. “Il confronto, la condivisione delle proprie sofferenze alla luce della parola di Dio serve a vivere il senso della malattia”, precisa il parroco, che possiede anche la qualifica di psico-oncologo. L’attività del centro di accompagnamento per i malati oncologici della parrocchia del Sacro Cuore di Maria, affidata alla cura pastorale della Fraternità dei monaci apostolici diocesani, ruota attorno a una serie di incontri in cui ci si confronta sui Salmi e sul Vangelo e si imparano le tecniche di rilassamento, “come il rilassamento frazionato o il training autogeno”, spiega il parroco.

Tra l’ospedale e le case. “Ci siamo trovati, senza volerlo, a costituire una piccola struttura intermedia, tra l’ospedale e la casa del malato, che accompagna le famiglie nel loro percorso di cura – fa notare don Tefnin –, facendo ciò che spesso le strutture sanitarie, concentrandosi sull’aspetto medico del problema, non possono fare: dare sostegno psicologico e spirituale ed essere un punto di riferimento e di condivisione delle angosce del malato”. La collaborazione con gli ospedali resta comunque un aspetto importante dell’attività di “Cerca la vita”: “molti dei volontari che operano nel centro – racconta il sacerdote –, oltre ad essere parrocchiani, sono medici e professionisti qualificati che lavorano nel vicino ospedale delle Molinette”.

Parrocchie aperte alla sofferenza. Secondo don Tefnin, “la nostra esperienza è ripetibile in altri contesti parroc- chiali, perché la parrocchia non è soltanto un luogo di aggregazione o di ricreazione, oltre che di preghiera, ma anche un posto di ristoro dove gli avvenimenti importanti della vita, anche i più seri, come il cancro, trovano spazio e ascolto nel nome di Gesù”. “E che le parrocchie si aprano alla sofferenza, accompagnando le persone che vivono il tempo della malattia e della vulnerabilità non solo dal punto di vista socio-sanitario, ma spirituale è un segno bello è importante che la comunità cristiana può dare, e che può toccare anche aspetti come il lutto o la fragilità mentale”, commenta don Marco Brunetti, direttore dell’ufficio per la pastorale della Salute della diocesi di Torino.

Una casa per la comunità fragile. Col tempo “Cerca la vita” si è anche trasformata in un progetto più ambizio- so, che è entrato a far parte dell’Opera Segno della Caritas torinese. Per restituire alla comunità una “casa” è stata fondata l’associazione “CasaMorgari”, con cui i laici della parrocchia, in attesa di trovare posto nella casa dove un tempo venivano tenuti gli incontri di catechismo, che è in via di ristrutturazione, hanno dato vita al centro di ascolto per le persone vulnerabili “Sulla soglia” e al progetto di accompagnamento e formazione dedicato alle famiglie e ai neogenitori “Famiglieinsieme”. “Siamo partiti da una prassi – spiega il parroco –, ascoltando e individuando i bisogni del quartiere, grazie a una ricerca che abbiamo condotto in collaborazione con l’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas diocesana, che ha fotografato una situazione in cui il 40 per cento degli abitanti della zona vive in una condizione di vulnerabilità sociale, che potrebbe trasformarsi in povertà con la perdita del lavoro o il presentarsi di una malattia”.