Il primo giorno dell’anno ci presenta un nuovo tornante della nostra storia e ci sollecita a prendere coscienza del tempo e del suo significato. Cosa significa dunque vivere la fede nel tempo? Due verbi ci aiutano a trovare una direzione: “benedire” e “custodire”. Ci accompagna una icona, Maria, la Madre di Dio.
Un anno nuovo ci attende, come affrontarlo? La benedizione di Dio ci fa entrare in una storia buona, in un rapporto di alleanza che ci mantiene uniti a lui… custoditi dal suo amore (prima lettura). Ciò che conta è che il bene più grande nasce in Dio e trova in Lui il suo compimento. Uniti a Dio troveremo la luce per capire quanto ci sta accadendo, la saggezza che orienta le decisioni giuste, la forza di metterle in pratica. Uniti a Dio avvertiremo di non essere in balia di forze occulte: è Dio che guida la storia ed i segni per sperare non mancano. In ogni caso siamo custoditi dall’amore di Dio. Egli ci porta nel suo cuore e quindi nulla ci potrà strappare da Lui. Ecco perché invocare su di noi quel bene più grande che ha in Dio la sua sorgente: il suo amore è più forte di qualsiasi ostacolo (salmo responsoriale).
Come Maria, anche noi siamo invitati a custodire la benedizione di Dio, con cura, attenzione, mettendo insieme eventi e parole. In Maria noi riceviamo l’invito a trovare sempre parole nuove per dire bene di Dio e dell’uomo, a confortare con la forza e la garanzia di colui che non ha mai ritirato il suo nome dall’anagrafe dell’umanità. Come i pastori siamo invitati a trasmettere quanto abbiamo visto e udito. Come discepoli ad accogliere con gioia Gesù, il volto della benedizione che Dio dà al mondo (vangelo).
L’incarnazione dà un senso alla storia dell’umanità. Strappa il tempo alla casualità e ne fa un luogo di grazia in cui Dio si rivela, si manifesta, si fa prossimo e porta a compimento il suo disegno (seconda lettura).
In Maria, Madre di Dio e Madre nostra, figlia del suo Figlio, anche il passaggio dell’anno diventa un’ulteriore occasione di crescita nello sguardo di fede sulla storia.
Maria aveva aperto la porta all’ingresso di un figlio. La nascita, l’adorazione dei pastori, la custodia di Giuseppe: tutto diventa per lei un’occasione di lodare il Dio della vita.
Maria ha bisogno di tempo. Aveva bisogno di custodire tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. Custodire: indica un’attenzione amorosa verso qualcosa o qualcuno. E’ l’atteggiamento tipico di chi sa accogliere la Parola di Dio come un grande tesoro da conservare, perché sia ricchezza per altri.
Il secondo verbo – “meditava” – andrebbe meglio tradotto con “mettere insieme”, o “cercare il senso” e indica la necessità di ogni cristiano di meditare i vari eventi che mutano la propria esistenza. Tutto questo avviene nel cuore, la sede di tutta la vita intima dell’uomo: il pensiero, la memoria, i sentimenti, le decisioni. Anche noi siamo chiamati a custodire e meditare, portando nel cuore quanto abbiamo ricevuto in dono da Dio.
Solo così può apparire il senso di ogni cosa. Solo così si può sfuggire al disorientamento, allo sconforto ma anche al qualunquismo, che induce a fare come tutti, a lasciare che la barca della nostra vita segua la corrente.
E tutto questo ci è necessario all’inizio di un anno nuovo. Tra oroscopi e previsioni, tra soliti auguri di capodanno, noi, invece, come Maria, vogliamo custodire nel cuore ciò che riceviamo dal Signore, mentre Lui, come dice la formula di benedizione della prima lettura, custodisce noi.
In questa mia vita inadeguata, il Signore mi custodisce; in questa mia vita distratta e ingombra, il Signore volge lo sguardo su di me, innamorato della mia umanità.
Oggi, sette giorni dopo Natale, la benedizione di Dio si intreccia con la maternità di Maria. Il nostro Dio è figlio di una donna, è il Dio della tenda, è il Dio dei legni del falegname, è il Dio compagno di viaggio.
La sorpresa di Dio è nella vita quotidiana di una donna, promessa sposa a Giuseppe. E’ nella mia vita quotidiana, nell’anno trascorso e nell’anno che verrà. Non sappiamo che cosa avverrà in questo nuovo anno, ma sappiamo che Lui entrerà nelle nostre vite, non passerà giorno senza di Lui. Non lo troveremo nelle visioni, nello splendore delle chiese, ma nella quotidianità che spesso è un insieme di prove e di paure. Lì ci benedirà.
“Il Signore faccia brillare il suo volto su di te”. Dio ha un volto luminoso “che brilla”. Dio ha un cuore di luce, in lui non c’è ombra e per nessuno ci sarà notte per sempre. Cerchiamo allora per l’anno nuovo semplicemente Luce. Il nostro Dio è un Dio luminoso. E l’augurio è quello di poter vivere accanto a persone luminose, nella nostra famiglia, nella comunità, nei luoghi di lavoro: sono la benedizione di un Dio a sua volta luminoso.
Che cosa ci riserverà allora l’anno appena iniziato? Non lo sappiamo. Non conosciamo le sorprese belle o tristi che incontreremo, non sappiamo se più piangeremo o sorrideremo. Di una cosa siamo certi: il Signore si chinerà su di noi, come si è chinato su Maria. Continuerà a farlo, sulla sua Chiesa. Ne abbiamo bisogno. Abbiamo tanto bisogno di un Volto di luce anche per intraprendere il cammino della pace. E’ la grande aspirazione di tutta l’umanità, chiamata oggi a celebrare la giornata della pace.
+ Armando Trasarti vescovo
Beati gli operatori di pace: messaggio di Papa Benedetto 1 gennaio 2013
Il messaggio si sviluppa in sette punti: introduzione; commento alla beatitudine evangelica; la pace: dono di Dio e opera dell’uomo; operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuovono la vita nella sua integralità; costruire il bene della pace mediante un nuovo modello di sviluppo e di economia; educazione per una cultura di pace: il ruolo della famiglia e delle istituzioni; una pedagogia dell’operatore di pace.
Il tono complessivo è bene espresso nell’invito finale a una ricca vita interiore in ordine alla pedagogia della pace: “E’ un lavoro lento perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano, a quella falsa pace che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta verso il ripiegamento su se stessi, verso un’esistenza atrofizzata vissuta nell’indiffrenza. Al contrario la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza”.
“Cari giovani, non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi di fronte a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. Non abbiate paura di impegnarvi, di affrontare la fatica e il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e dedizione.”
“Invito in particolare i giovani che hanno sempre viva la tensione verso gli ideali – scrive ancora il Papa Benedetto – ad avere la pazienza e la tenacia di ricercare la giustizia e la pace, di coltivare il gusto per ciò che è giusto e vero, anche quando ciò può comportare sacrificio e andare controcorrente”.
Il messaggio del Papa è tutto rivolto all’azione dell’educare, a quell’atteggiamento costante che deve caratterizzzare la nostra vita, quella pazienza di educarci alla vita buona del Vangelo.
Occorre la volontà di un “salto di piano”, di non pretendere di fare grandi cose ma di iniziare a guardarsi attorno e costruire là dove si può con coraggio, costanza e coerenza.