Corresponsabilità nell’annuncio del Vangelo

16.08ftAssembleaDiocesana2«In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario». Così si legge al numero 120 dell’Evangelii gaudium e proprio questo concetto è stato il filo conduttore della relazione che il professor Francesco Giacchetta ha tenuto in occasione dell’assemblea pastorale diocesana svoltasi domenica 28 febbraio al Centro pastorale di Fano.
Comunione dalla missione e per la missione. Con questo titolo ha preso avvio il cammino che coinvolgerà l’intera diocesi finalizzato a un crescente impegno laicale, con la consapevolezza che l’area di pertinenza della Chiesa travalica le mura delle parrocchie e interessa la quotidianità di ciascuno. Sempre con questo titolo, dunque, il professor Giacchetta, docente presso l’Istituto Teologico Marchigiano, ha provato a delineare la figura del fedele laico all’interno del tessuto ecclesiale e non solo: «Non ci si può avvalere di collaboratori che basano il loro servizio sulla buona volontà, ma occorre formare persone che sappiano vivere la Chiesa con senso di fraternità. Nel fare questo, bisogna superare l’individualismo. Questa idea di fraternità non è decollata e in questo la modernità è rimasta indietro semplicemente perché “il servizio dell’amore” – così come lo chiama papa Francesco – non si instaura a colpi di legge, ma con una prassi di cui ognuno deve farsi promotore. Ciascuno deve fare bene il proprio lavoro, senza doversi a ogni costo spingere a ricoprire un incarico o entrare a far parte di qualche ufficio diocesano». In questo percorso di maturazione della corresponsabilità va necessariamente mantenuto un saldo rapporto con i sacerdoti che ci accompagnano, fino a sentirci responsabili della vocazione dei nostri parroci, anziché continuare a essere esclusivamente convinti che la cura debba essere unilateralmente corrisposta.
Nella fraternità, però, ci sono alcuni ostacoli di fronte ai quali stare in guardia. Uno è quello che il relatore ha definito come attenzione ai propri individualismi. «Prendere in giro le debolezze dei nostri preti o vivere unicamente in funzione di un movimento o di un gruppo parrocchiale: queste sono forme di individualismo che dobbiamo imparare a superare». Lo straordinario della chiamata battesimale passa per azioni ordinarie, quotidiane. «Solo se il quotidiano diventa testimonianza, la testimonianza diventa quotidiana. – ha sintetizzato il professor Francesco Giacchetta – Non dobbiamo pensare alla testimonianza come qualcosa di legato solo ai grandi momenti. D’altra parte però il quotidiano è anche routine, un insieme di cose da fare, ma anche una serie di incontri, di cui non riusciamo a scorgere i volti perché tutto ci sembra un muro che ci impedisce di raggiungere l’impegno successivo. Queste occasioni invece sono tutto, se viviamo la corresponsabilità della testimonianza quotidiana».
Un concetto ribadito più volte è stato proprio quello di mantenersi saldi alle proprie abitudini, senza stravolgerle, ma imparando a viverle secondo il Vangelo. Questa è la prima forma di testimonianza verso la quale siamo chiamati, laici e non, e che ci rende corresponsabili del compito di annuncio proprio della Chiesa. E non può venir meno, da parte dei pastori, dei Vescovi, la volontà di guidare il Popolo di Dio con senso di sinodalità, che non può rimanere una teoria astratta, ma deve riflettersi nei volti dei fratelli. «Per partire ci vuole tanta umiltà e pure un po’ di coraggio – ha infine spronato Giacchetta – per superare il modo di pensare del “si è sempre fatto così”» per arrivare a scoprire il volto di Gesù nelle relazioni vecchie e nuove che viviamo ogni giorno.

Matteo Itri

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