“Non ci può più essere una netta distinzione tra attività economiche e attività sociali. Infatti tenere separate le questioni economiche (lo sviluppo, l’innovazione tecnologica, il lavoro, i redditi e i consumi, la finanza) dai principi sociali (la solidarietà, il bene comune, la giustizia, l’equità) ha sempre meno senso in una società le cui connessioni si sono moltiplicate e velocizzate a livello di spazio, di tempo, e di luoghi”. Queste le parole del Vescovo Armando sabato 18 giugno durante l’incontro con gli operatori sociali ed economici al Centro Pastorale Diocesano. Tanti i temi trattati nel corso della mattinata, fra tutti quello del lavoro. “Il Card. Bagnasco – ha sottolineato il Vescovo – nella sua relazione alla recente assemblea dei vescovi della Cei, ci ricordava che dall’inizio della crisi in Italia l’occupazione è caduta del 4,8%, ed è arrivata a livelli molto pesanti. Una delle contrazioni più rilevanti in Europa (per non parlare della fascia di età tra i 15 e 24 anni il cui livello di disoccupazione è prossimo al 40%, contro il 22% della media europea). Gli adulti che hanno perso il lavoro si trovano in gravissime difficoltà a rientrarvi, con seri danni per le proprie famiglie, oltre che per la propria dignità. Anche nella nostra provincia la situazione sembra particolarmente grave. La settimana scorsa, in un convegno, la Cgil ha presentato alcuni dati della congiuntura economica del territorio provinciale. Emerge che negli ultimi cinque anni il sistema produttivo provinciale ha perso 9.600 posti di lavoro e che il pesarese, per danni subiti dalla crisi, è secondo solo a Padova tra le province del Centro Nord, e ciò “ci dà una incontrovertibile rappresentazione del declino economico del territorio” con una diminuzione più accentuata delle imprese attive rispetto al resto delle Marche e all’Italia. Serve, pertanto, uno sforzo ulteriore, serve l’impegno di tutti, Istituzioni, organizzazioni di categoria, imprese, cittadini, a mettere in campo energia e creatività per recuperare – almeno in parte – questa situazione: dobbiamo assolutamente creare nuovi posti di lavoro. E ancora, fra i temi trattati, il problema generazione, l’esigenza di una nuova educazione al lavoro, il ruolo del terzo settore e del non profit, il problema demografico, problema sociale ma anche economico, il ruolo delle associazioni e movimenti per un sostegno alle famiglie, la generatività sociale. “La generatività sociale – ha messo in evidenza il Vescovo – è un modo per andare oltre le contraddizioni della società dei consumi, nella consapevolezza che una nuova prosperità potrà essere raggiunta solo cambiando la relazione tra il desiderio che anima la vita di ciascuno e l’organizzazione sociale, economica e istituzionale che ci circonda. Pertanto la generatività sociale dà vita a processi sociali aperti, capaci di rilanciare il futuro e di creare una forma dinamica di legame sociale: sia tra le persone che si mettono insieme per realizzare ciò a cui danno valore, sia nel tempo, tra generazioni, poiché ciò che viene messo al mondo dalla nostra creatività possa vivere, anche trasformandosi, al di là di noi”. In conclusione il Vescovo ha sottolineato l’importanza della capacità di fare sistema. “Ma cosa significa fare sistema? Significa, a mio modesto avviso, creare un’alleanza strutturata in cui si condividono capacità e competenze, al fine di moltiplicare i singoli talenti al servizio di obiettivi comuni concreti e raggiungibili. Significa assumersi la responsabilità di essere protagonisti insieme del cambiamento, e non spettatori passivi. Significa trasformare la sommatoria di interessi parziali, nell’interesse collettivo, nella ricerca del bene comune. Significa diventare un soggetto collettivo che ha coscienza di sè, delle proprie potenzialità, che si spende in nome di una comunità. Solo agendo come sistema si alimenta il senso di appartenenza ad un territorio ed al suo tessuto sociale, si costruisce cioè una identità collettiva. Altrimenti ci si condanna all’irrilevanza. So che è un percorso non facile, e che per realizzarsi devono aumentare le occasioni di confronto ed i luoghi dove si costruiscono progetti comuni e si genera un’etica condivisa. Noi come Chiesa ci siamo”.
“Un contesto variegato ma anche autorevole come questo – ha evidenziato il Vescovo – non può non interrogarsi, in conclusione, su cosa chiedere alla politica ed alle Istituzioni. Io non ho la competenza per tradurre gli spunti che finora ho tracciato, in richieste di norme precise e dettagliate. Mi vengono però in mente alcune spunti che pongo alla vostra attenzione. Io chiederei di credere di più nella sussidiarietà, di favorire le aggregazioni sociali ed economiche, di semplificare regolamenti e procedure, di fare il possibile per liberare le energie positive dei giovani, di creare percorsi trasparenti per riequilibrare imposte e tributi in modo più equo, di conoscere e studiare di più i problemi per prendere sempre decisioni adeguate, di individuare efficaci indicatori della qualità della vita e di utilizzarli come parametro di ogni intervento, di realizzare – nei futuri interventi urbanistici – luoghi più inclusivi che favoriscano la convivenza civile e la crescita sociale, di operare per riportare e valorizzare la bellezza del patrimonio artistico del passato alla fruibilità di tutti, di favorire la partecipazione coinvolgendo i cittadini nella programmazione, progettazione, realizzazione di quegli interventi che dureranno nel tempo, ben al di là del mandato dei vari Amministratori, e infine di adoperarsi per recuperare e valorizzare i beni comuni del territorio perché tornino a produrre valore e lavoro. Per beni comuni penso ai beni demaniali (ex caserme, ex edifici statali, aree verdi, ecc.), beni di proprietà di Enti Locali (ex-scuole, magazzini, edifici pubblici) e beni di proprietà di Enti e Società controllate dal pubblico (come le stazioni ferroviarie dismesse, o inutilizzate) beni confiscati alla criminalità organizzata (solo in minima parte riassegnata ad attività sociali). Per essere efficaci, in queste richieste, occorre da parte nostra avere idee chiare e condivise (quindi c’è un lavoro di mediazione da fare prima e non durante, e per questo ci vogliono luoghi di confronto adatti); essere uniti e non andare separatamente (cadendo nel tranello tipico della politica che tende invece a tenere divisi i vari soggetti); essere determinati e non timorosi; non farsi corrompere da false o parziali concessioni; ed infine contribuire a far riconciliare la politica con se stessa e con le sue funzioni di servizio al bene comune”.
sintesi integrale intervento Vescovo Armando