Secondo Quaresimale del Vescovo nella Basilica di San Paterniano

“Donna ecco tuo figlio! Figlio ecco tua madre”. La parola che Gesù pronuncia sulla croce ha fatto da filo conduttore alla riflessione del Vescovo Armando in occasione del secondo Quaresimale tenutosi lunedì 18 marzo nella Basilica di San Paterniano e arricchito dalla presenza della Cappella Musica del Duomo diretta dal M° Stefano Baldelli e dalle note del sax soprano del M° Sauro Nicoletti.  “L’evangelista Giovanni – ha messo in evidenza il Vescovo –  insiste poco o nulla sugli aspetti tragici e umilianti della passione del Signore, per evidenziare come proprio nella morte Gesù porti a compimento l’opera della salvezza. Tutti gli eventi della passione sono da lui narrati nella prospettiva della gloria di Cristo: la croce, in Giovanni, è la glorificazione”.
Il Vescovo Armando si è poi soffermato su una seconda chiave di lettura che Giovanni inserisce nella sua narrazione della passione: è quella per cui egli vede nella croce l’esaltazione del Signore. “Per Giovanni l’esaltazione di Gesù si realizza proprio sulla croce. La spiegazione è posta sulla bocca di Gesù: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Per Giovanni – ha affermato il Vescovo – il trono di Gesù è la sua croce, dall’alto della quale attrae tutti a sé. Il dominio di Satana viene sconfitto dalla croce e quello strumento di morte diventa uno strumento di vita, un segno di salvezza. Le parole di Gesù – ha proseguito il Vescovo –  sono collocate all’interno di un passaggio del racconto della passione in cui l’evangelista annota che Gesù non è solo sulla croce, ma presso la croce ci sono alcuni dei suoi. L’annotazione si dissocia dal quadro della crocifissione dai tre vangeli sinottici. Per capire questo occorre abbandonare un momento l’immagine che noi coltiviamo usualmente della scena della crocifissione, che dipende dalla composizione dei personaggi che è stata offerta dalla tradizione artistica. Questa ha fatto una sintesi dei quattro vangeli e colloca Maria, la Maddalena e un discepolo sotto la croce, un gruppo che a volte si allarga ad altre donne e uomini. Ma stando al racconto di Marco, Matteo e Luca sotto la croce di Gesù non c’è alcuna persona amica. Nel vangelo di Luca la scena si addolcisce appena, in quanto i passanti ostili vengono sostituiti da un popolo che osserva senza inveire, ma chi doveva essere vicino a Gesù resta lontano a guardare, donne e altri che lo avevano conosciuto. In Giovanni, invece, all’ostilità dei capi dei giudei e dei soldati si contrappone un piccolo gruppo di fedeli composto da appena quattro donne e un uomo: la madre di Gesù, la sorella di questa di cui pure si tace il nome, Maria figlia o più probabilmente moglie di Clèopa, Maria di Magdala e accanto “il discepolo che Gesù amava”. Tre di queste donne restano spettatrici senza altro ruolo che di testimoni di quanto avviene. Tutto si concentra nella relazione tra Gesù, la madre e lo sconosciuto discepolo”.
Il Vescovo si è poi soffermato, entrando nel cuore della riflessione, su una domanda “Cosa dice Gesù alla donna e al discepolo? Anzitutto consegna loro quello che possiamo chiamare il suo testamento. “Donna, ecco tuo figlio! … Ecco tua madre!”. La donna-madre Maria-Chiesa è invitata a guardare e riconoscere nei discepoli amati dal Figlio di Dio altrettanti figli suoi. Si è discepoli nella maternità della Chiesa, e in questa maternità ci si prende gli uni gli altri con sé, amandoci come Gesù ci ha amato. Il discepolo che Gesù amava rappresenta tutti i discepoli di tutti i tempi, la Madre di Gesù rappresenta la Chiesa nella sua missione materna”.

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