Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Proseguiamo la catechesi sugli Atti degli Apostoli. Davanti al divieto dei Giudei di insegnare nel nome di Cristo, Pietro e gli Apostoli rispondono con coraggio che non possono obbedire a chi vuole arrestare il viaggio del Vangelo nel mondo.
I Dodici mostrano così di possedere quella «obbedienza della fede» che vorranno poi suscitare in tutti gli uomini (cfr Rm 1,5). A partire dalla Pentecoste, infatti, non sono più uomini “soli”. Sperimentano quella speciale sinergia che li fa decentrare da sé e fa dire loro: «noi e lo Spirito Santo» (At 5,32) o «lo Spirito Santo e noi» (At 15,28). Sentono che non possono dire “io” solo, sono uomini decentrati da se stessi. Forti di questa alleanza, gli Apostoli non si lasciano intimorire da nessuno. Avevano un coraggio impressionante! Pensiamo che questi erano codardi: tutti sono scappati, sono fuggiti quando Gesù fu arrestato. Ma, da codardi sono diventati così coraggiosi. Perché? Perché era lo Spirito Santo con loro. Lo stesso succede a noi: se noi abbiamo dentro lo Spirito Santo, avremo il coraggio di andare avanti, il coraggio di vincere tante lotte, non per noi ma per lo Spirito che è con noi. Non retrocedono nella loro marcia di testimoni intrepidi di Gesù Risorto, come i martiri di tutti i tempi, compresi i nostri. I martiri, danno la vita, non nascondono di essere cristiani. Pensiamo, alcuni anni fa – anche oggi ce ne sono tanti – ma pensiamo quattro anni fa, quei copti ortodossi cristiani, veri lavoratori, sulla spiaggia della Libia: tutti sono stati sgozzati. Ma l’ultima parola che dicevano era “Gesù, Gesù”. Non avevano svenduto la fede, perché c’era lo Spirito Santo con loro. Questi sono i martiri di oggi! Gli Apostoli sono i “megafoni” dello Spirito Santo, inviati dal Risorto a diffondere con prontezza e senza esitazioni la Parola che dà salvezza.
E davvero, questa determinazione fa tremare il “sistema religioso” giudaico, che si sente minacciato e risponde con violenza e condanne a morte. La persecuzione dei cristiani è sempre lo stesso: le persone che non vogliono il cristianesimo si sentono minacciate e così portano la morte ai cristiani. Ma, in mezzo al sinedrio, si leva la voce diversa di un fariseo che sceglie di arginare la reazione dei suoi: si chiamava Gamaliele, uomo prudente, «dottore della Legge, stimato da tutto il popolo». Alla sua scuola San Paolo imparò a osservare “la Legge dei padri” (cfr At 22,3). Gamaliele prende la parola e mostra ai suoi fratelli come esercitare l’arte del discernimento dinanzi a situazioni che superano gli schemi consueti.
Egli dimostra, citando alcuni personaggi che si erano spacciati per Messia, che ogni progetto umano può riscuotere dapprima consensi e poi naufragare, mentre tutto ciò che viene dall’alto e porta la “firma” di Dio è destinato a durare. I progetti umani falliscono sempre; hanno un tempo, come noi. Pensate a tanti progetti politici, e come cambiano da una parte all’altra, in tutti i Paesi. Pensate ai grandi imperi, pensate alle dittature del secolo scorso: si sentivano potentissimi, pensavano di dominare il mondo. E poi sono crollate tutte. Pensate anche oggi, agli imperi di oggi: crolleranno, se Dio non è con loro, perché la forza che gli uomini hanno in se stessi non è duratura. Soltanto la forza di Dio dura. Pensiamo alla storia dei cristiani, anche alla storia della Chiesa, con tanti peccati, con tanti scandali, con tante cose brutte in questi due millenni. E perché non è crollata? Perché Dio è lì. Noi siamo peccatori, e anche tante volte diamo scandalo. Ma Dio è con noi. E Dio salva prima noi, e poi loro; ma sempre salva, il Signore. La forza è “Dio con noi”. Gamaliele dimostra, citando alcuni personaggi che si erano spacciati per Messia, che ogni progetto umano può riscuotere dapprima consensi e poi naufragare. Perciò Gamaliele conclude che, se i discepoli di Gesù di Nazaret hanno creduto a un impostore, sono destinati a sparire nel nulla; se invece seguono uno che viene da Dio, è meglio rinunciare a combatterli; e ammonisce: «Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!» (At 5,39). Ci insegna a fare questo discernimento.
Sono parole pacate e lungimiranti, che permettono di vedere l’evento cristiano con una luce nuova e offrono criteri che “sanno di Vangelo”, perché invitano a riconoscere l’albero dai suoi frutti (cfr Mt 7,16). Esse toccano i cuori e ottengono l’effetto sperato: gli altri membri del Sinedrio seguono il suo parere e rinunciano ai propositi di morte, cioè di uccidere gli Apostoli.
Chiediamo allo Spirito Santo di agire in noi perché, sia personalmente sia comunitariamente, possiamo acquisire l’habitus del discernimento. Chiediamogli di saper vedere sempre l’unità della storia della salvezza attraverso i segni del passaggio di Dio in questo nostro tempo e sui volti di chi ci è accanto, perché impariamo che il tempo e i volti umani sono messaggeri del Dio vivente.