Celebrata la Santa Messa in comunione con i pazienti dell’hospice di Fossombrone

“La risposta cristiana al mistero della morte e della sofferenza non sia una spiegazione, ma una Presenza”

Limite, fragilità, morte, speranza. Sono questi alcuni dei temi offerti ai presenti dal Vescovo Armando nell’omelia della Santa Messa celebrata sabato 19 dicembre in Cattedrale (e trasmessa in diretta streaming sul sito della Diocesi e sulla pagina facebook Fanodiocesi WebTv e notizie), una celebrazione eucaristica in comunione con tutti i pazienti, i familiari e gli operatori dell’hospice di Fossombrone.

Ogni anno, infatti in occasione del Natale, il Vescovo si recava nella struttura per un momento di condivisione e riflessione. Quest’anno, purtroppo, a causa del Covid, questo incontro in presenza non è stato possibile. “La scienza e la tecnica – ha messo in evidenza il Vescovo parlando di fragilità – si sono molto evolute, ma non sarà mai risolto il tema della morte e quello della vita sarà sempre più forte in una prospettiva che va al di là della morte terrena. In questo senso la sensazione di fragilità deve essere sempre accompagnata dalla sensazione della dignità della vita, della vita ricevuta come dono, della vita che non passa mai con la morte fisica”.

Il Vescovo ha poi parlato dell’attenzione concreta nell’accompagnare le persone nella situazione in cui si trovano a vivere, la cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita. “La risposta cristiana al mistero della morte e della sofferenza – ha sottolineato il Vescovo – non sia una spiegazione, ma una Presenza. Anche nella nostra fragilità siamo importanti perché veniamo da Dio, dal suo amore”.

Un altro passaggio importante è stato quello che ha riguardato il curare e il prendersi cura. “Curare non significa necessariamente guarire, ma corrisponde sempre a ‘prendersi cura della persona’ offrendole tutte le opportunità disponibili nella concretezza di sostegno nei confronti della malattia, ma anche accompagnarla perché se la mia vita sta concludendosi questa avvenga nel rispetto della sua dignità, assicurandogli una vera attenzione, una vera relazione, una vera vicinanza. La vita – ha proseguito il Vescovo – non è un bene disponibile: non si può chiedere di essere aiutati a porre fine alla propria esistenza. La vera risposta all’eutanasia è l’aggiungere che dinanzi al tema della morte e della sofferenza si possono percorrere altre strade: le cure palliative che non è semplicemente un fruire degli analgesici o limitare il dolore dal punto di vista medico, ma cure palliative significa prendersi cura in generale della persona perché non soffra, ma perché sia accompagnata: anche la vicinanza delle persone al malato è una cura palliativa. In una persona  – ha messo in evidenza il Vescovo – potrebbe essere eliminato del tutto il dolore fisico, ma se si ritrova da sola in letto di ospedale senza alcuno accanto non possiamo parlare di vera cura palliativa”. Infine il Vescovo si è soffermato sulla qualità della vita. “Spesso non si tiene conto della qualità della morte che significa vivere questo momento terminale, che fa parte della vita, come un accompagnamento ed una vicinanza capaci di togliere, per quanto possibile, la sofferenza e il dolore. Per noi cristiani la vita non finisce con la morte fisica ma continua: c’è, quindi, un’apertura alla speranza. L’annuncio è quello del Vangelo di una vita eterna: noi non veniamo dal niente e non siamo destinati al niente, ma veniamo da disegno d’amore di Dio e siamo destinati a una vita pienamente felice con Lui. Questa vita è già cominciata e non finisce con la morte: la morte fisica è certamente un passaggio doloroso che lo stesso Signore Gesù ha vissuto in tutta la sua angoscia e sofferenza, ma è un’apertura verso la Speranza, verso qualcos’altro”.