La volta scorsa già Nino ha accennato alle tante e non tutte esprimibili emozioni vissute alla Prima Assemblea Sinodale. Dal commovente legame con il Concilio Vaticano II, eravamo nella Basilica in cui Giovanni XXIII lo ha annunciato, alla presenza della tomba di San Paolo quindi alla storia della chiesa che ci precede e ci supera nella logica del Regno. Gli stessi lavori sono stati caratterizzati dall’essere allo stesso tavolo e confrontarsi sugli stessi argomenti uomini, donne, presbiteri, vescovi, laici, consacrati, giovani e anziani, persone diverse per formazione, sensibilità, ruolo, provenienza.
A questo proposito riporto un passaggio dell’intervento iniziale di Erica Tossani, componente della Presidenza del Cammino Sinodale: “Tenere aperto il dialogo, continuare a stare seduti allo stesso tavolo attraversando gli inevitabili conflitti che emergono e mettendo in discussione le proprie certezze, senza cedere alla facile scorciatoia di far saltare il banco, è forse la più grande profezia che possiamo essere e portare al nostro tempo…”.
Tanti i discorsi, i documenti ufficiali, gli articoli, i commenti a cui si rimanda per la necessaria riflessione personale e comunitaria, e a cui tutti possiamo facilmente accedere. Siamo quindi entrati nella Fase Profetica del Cammino Sinodale italiano.
Ora cosa fare?
Per avviare una risposta prendo a prestito le parole di S.E. Mons. Castellucci che, al termine della sua articolata relazione iniziale, esorta: “Ora tocca a noi, nei prossimi mesi, adattare e tradurre gli orientamenti sinodali nella nostra situazione, nelle Chiese locali e in alcune scelte della Chiesa italiana…”. Quanta attenzione e cura servono ora per “tradurre” fedelmente e non “tradire” piuttosto questa Parola di Dio che viene oggi consegnata alle nostre chiese, questi “eventi e parole intimamente connessi” (DV 2) con cui il Signore sta indicando la strada da percorrere oggi alla sua Chiesa.
E noi dove siamo come diocesi?
Nella prossima Assemblea diocesana del 1 dicembre, il Vescovo ha chiesto a me e Nino di raccontare l’esperienza di Roma. Certamente in questo servizio di referenti è necessario uno spazio di condivisione per rendere conto sul percorso in atto e perché sia chiaro che la nostra (mia e di Nino) non sia semplicemente una bella esperienza personale ma una partecipazione ecclesiale che coinvolge tutti i battezzati della diocesi.
Oserei dire però che questo non basta.
Sappiamo bene che, per “fare questa traduzione” occorre il coinvolgimento attivo, la riflessione, la partecipazione di tutto il Popolo di Dio. E sappiamo altrettanto bene che su questo c’è ancora tanto da lavorare alla luce di anni in cui abbiamo vissuto esperienze positive accanto a resistenze e parzialità. Spesso emerge un clima di disillusione e il rischio di perdere stili, energie, intuizioni frutto di percorsi anche impegnativi diventa sempre più concreto così come l’impressione di essersi fermati e tornare persino indietro…
Speriamo dunque che il 1 dicembre, e subito dopo nel nuovo Consiglio Pastorale Diocesano, nelle Zone, nei Consigli Pastorali Parrocchiali, si possa sperimentare una rinnovata partecipazione attraverso la presa di parola responsabile di tutti i componenti relativamente allo Strumento di Lavoro, frutto dell’Assemblea Sinodale di Roma, che verrà riconsegnato alle diocesi entro dicembre. Sarà occasione per riprendere il percorso e continuare ad allenarsi in uno stile di parresia, di ascolto, di trasparenza, di riflessione attenta sui temi, elementi affatto scontati. Su questo siamo ancora chiamati a conversione continua, personale e comunitaria.
Concludo con le parole di S.E. Mons. Savino, vice presidente della CEI, che abbiamo ascoltato all’omelia delle Lodi di domenica 17 novembre, giornata conclusiva della Prima Assemblea Sinodale, e riportate in un articolo su Avvenire: “Di quanta gioia abbiamo bisogno! Essa manca, ci insegna papa Francesco, quando restiamo una Chiesa autoreferenziale. Uccidono la gioia le prudenze ipocrite, quelle tese a non perdere favori e vantaggi, a non avere noie coi potenti. Uccidono la gioia gli eterni rinvii, il far finta di non avere sentito, il rinviare di commissione in commissione, la bugia insistente che “i problemi sono altri”: sono sempre altri, mai quelli che il popolo ha inteso, mai quelli che hai visto tu, mai quelli che ci caricano di voglia di rimboccarci le maniche e lavorare insieme… in forza del vostro Battesimo scuotete la nostra Chiesa perché il clericalismo sia vinto. Esso imprigiona anche noi vescovi e tanti bravi preti in un sistema di sicurezze e di distanze, di temporeggiamenti e di rinvii a fronte dei quali abbiamo gente che muore, italiani che non sanno cosa sperare, migranti criminalizzati e deportati, diritti calpestati e doveri dimenticati, carismi soffocati e profeti isolati…”.
Lo Spirito è all’opera, sempre… come Maria diamogli spazio affinché si compia ancora l’incarnazione del Regno che viene nell’oggi della storia.