Una piccola rappresentanza del Centro Missionario Diocesano ha appena concluso un viaggio in Kenya ripercorrendo luoghi dove tanti missionari e amici della nostra Diocesi si sono spesi. La prima tappa è stata Kipsing, nella Diocesi di Isiolo, un piccolo villaggio in un remoto angolo del Nord del Kenya popolato da pastori nomadi di etnia Samburu. Qui, nel 2010, è iniziata la presenza stabile di un missionario con don Luciano Gattei e, tuttora Father James, un sacerdote locale, continua il lavoro di accompagnamento della piccola comunità, sparsa in un territorio vastissimo, arido e dominato dalla savana, senza alcuna linea elettrica e percorso solo da decine di chilometri di malmesse piste sterrate, le stesse usate dagli elefanti per spostarsi in cerca di cibo, non di rado spingendosi fin dentro ai recinti delle manyatte, le tradizionali capanne in legno coperte di pelli e teli dove vivono le persone: case molto semplici e leggere, per essere spostate facilmente seguendo le loro greggi. In questa realtà la scuola è un mezzo importante di emancipazione e di integrazione con il resto del paese per i ragazzi Samburu e, in questo, gli asili costruiti dalla missione nel territorio svolgono ancora dopo tanti anni un ruolo fondamentale. Sono comparse inoltre sparse nei villaggi alcune scuole primarie e altri asili governativi, forse anche grazie all’impulso dato dalla missione sul fronte dell’educazione. Il villaggio di Kipsing, a sua volta, sembra crescere: accanto alle case in fango e pietra usate dai Samburu in maniera stanziale (a differenza delle manyatte), sono comparse case in mattoni e cemento usate per piccole attività commerciali. Anche la chiesa fortemente richiesta dalla comunità è stata quasi completata grazie al contributo recentemente donato dal nostro Centro Missionario per la posa del tetto in lamiera. Rimangono molte sfide, come quella dell’acqua: solo pochissimi villaggi hanno accesso a un pozzo, l’acqua si trova molto in profondità e la manutenzione è difficile in un territorio cosí isolato. O la carenza di strutture scolastiche che costringono ancora alcuni villaggi piú isolati a dover fare scuola sotto un albero usando sassi come sedie.
Il viaggio del nostro gruppo è poi ripreso e, dopo una sosta alla cattedrale di Isiolo per portare al vescovo Peter i saluti del nostro vescovo Andrea, è poi proseguito alla volta di Ngaremara, ospiti delle Nirmala Sisters, una congregazione da tantissimi anni amica del nostro centro missionario che si occupa di bambini con disabilità fisiche e mentali. Qui abbiamo conosciuto due realtà: Providence Home e Alakara, dove i bambini vengono accolti e seguiti in progetti di inserimento sociale e riabilitazione: come loro stessi ci hanno ricordato “disability is not inability!”. Anche qui le sfide sono tante: il governo non sostiene in alcun modo queste strutture e le famiglie spesso abbandonano questi bambini e bambine. La visita è stata anche occasione per partecipare alla messa domenicale nella chiesa di Ngaremara, costruita dal nostro Centro Missionario con l’aiuto di tanti amici, qui abbiamo conosciuto il nuovo parroco e salutato la comunità locale in cui è ancora vivo il ricordo dei missionari che hanno vissuto in mezzo a loro. Qui tuttora, grazie al lavoro di Suor Sheeba (che abbiamo trovato in gran forma) delle Nirmala Sisters e al contributo di tante persone dalla nostra diocesi, continua il progetto adozioni sostenendo più di 400 ragazzi nello studio.
Percorrendo ancora piste deserte e malmesse ci siamo poi spostati a Wamba, ancora più a Nord, per incontrare Suor Mary, che ha lavorato instancabilmente tanti anni a Ngaremara a fianco dei nostri missionari: ora nella missione di Wamba gestisce un centro per disabili gravi, che richiedono continue cure e dove alle difficoltà quotidiane si è ultimamente sommata la mancanza di acqua dovuta alla rottura della pompa dell’unico pozzo che serviva villaggio, missione e ospedale: la spesa per la riparazione è ingente e la logistica non facile vista la mancanza di personale qualificato in zona e la profondità del pozzo (sono zone dove bisogna trivellare anche oltre 100 metri per trovare una vena d’acqua).
Sulla strada del ritorno l’ultima tappa è stata Nairobi, ospiti di Don Paolo Burdino, fidei donum dell’arcidiocesi di Torino che lavora in periferia e costantemente in giro una “Jumela”: gruppi di ascolto della parola e preghiera che si incontrano settimanalmente nelle case. Da qui abbiamo approfittato per andare a trovare gli amici dell’Africa Chiama e i missionari Comboniani a Korogocho: realtà dove le sfide tra le strade degli slum (le baraccopoli di Nairobi) sono infinite tra AIDS, prostituzione, droga, malnutrizione e mancanza di ogni tipo di servizio.
Quando si va in missione il volo di ritorno per l’Italia parte sempre troppo presto, ma siamo sicuri che il nostro viaggio e il viaggio della nostra Diocesi a fianco dei tanti nostri amici in Kenya continuerà ancora a lungo, nonostante le sue strade lunghe e impervie, ma da percorrere e ripercorrere perché una chiesa viva è una chiesa che cammina.
a cura di Filippo Bargnesi