“Siamo chiamati a essere una Chiesa di frontiera”

15.17ftMontenegro1 “Siamo chiamati a essere una Chiesa di frontiera”. Queste le parole del cardinale Francesco Montenegro, il vescovo dei migranti, venerdì 8 maggio nel convegno che si è tenuto nella Sala Riunioni del Centro Pastorale Diocesano sul tema “Periferie dell’esistenza: centro dell’impegno umanitario e cristiano”. Dopo i saluti di don Vincenzo Solazzi, responsabile dell’Ufficio diocesano “Migranti e Itineranti”, la parola è passata al vescovo Armando il quale ha sottolineato, nel suo intervento di introduzione, due concetti: la paura e la debolezza. “La paura è in un certo qual modo il nostro principale nemico. Essa si annida nel cuore dell’uomo e lo mina interiormente finché egli crolla improvvisamente, senza opporre resistenza e privo di forza. Corrode e rosicchia di nascosto tutti i fili che ci uniscono al Signore e al prossimo. Che cosa significa debolezza nel nostro mondo? Sappiamo – ha proseguito il vescovo Armando – che fin dai primi tempi fu rimproverato al cristianesimo di rivolgere il suo messaggio ai deboli: era considerato la religione degli schiavi, di quelli che soffrono di complessi di inferiorità; si diceva  che dovesse il suo successo alla massa dei disperati dei quali ha esaltato la condizione di miseria. È stato proprio l’atteggiamento nei confronti del problema del male nel mondo che ha attirato simpatie oppure odio per questa confessione. Ha sempre prodotto l’opposizione forte e sdegnata di una filosofia aristocratica che esaltava la forza e il potere, in contrapposizione con i nuovi valori di rifiuto della violenza ed esaltazione dell’umiltà. Anche nella nostra epoca siamo testimoni di questa lotta. Il cristianesimo resiste o fallisce con la sua protesta rivoluzionaria contro l’arbitrio e la superbia del potente, con la sua difesa del povero. Credo che i cristiani facciano troppo poco, e non troppo, per rendere chiaro questo concetto. Si sono adattati troppo facilmente al culto del più forte. Dovrebbero dare più scandalo, scioccare molto di più di quanto facciano ora; dovrebbero schierarsi in modo molto più deciso dalla parte dei deboli, anziché dimostrare riguardo per l’eventuale diritto morale dei forti. Quanta indicibile sofferenza, quanta oppressione derivante da colpe che la ricchezza porta sempre con sé è presente nelle case delle persone apparentemente felici. Nessuno è più solo di chi è felice!”. Il cardinale Montenegro è entrato nel vivo dell’argomento. “Come figli della Pentecoste dobbiamo stare dentro il nostro tempo con lo sguardo fisso verso l’uomo. Quando parliamo di migranti, non posso chiedermi se stare dalla loro parte o meno. Io non posso scegliere da che parte stare perché, fin dal Battesimo, Dio mi ha messo dalla parte del povero. Noi siamo l’amore di Dio concreto che si fa vicino all’altro, a colui che viene da un’altra terra, siamo chiamati a continuare la missione di Gesù. Come credenti – ha proseguito Montenegro – non possiamo stare a guardare ciò che sta avvenendo. Dobbiamo leggere i giornali con ‘gli occhiali della Bibbia’, dobbiamo creare opinione convinti che l’immigrato è un nostro fratello”. Montenegro si è, poi, soffermato sulle parole di Papa Francesco che ci invitano a puntare la rotta verso le periferie esistenziali e sulla visita del Santo Padre a Lampedusa, luogo in cui povertà e accoglienza si sono abbracciati grazie anche alla grande generosità degli abitanti. “Se non ci mettiamo nella logica del Cristo il mondo si ferma. Noi siamo tanti ingranaggi piccoli ma necessari a mantenere in movimento questo grande orologio che è il mondo. L’immigrazione – ha sottolineato il cardinale – è la sfida della storia. La povertà non può ridursi a semplici statistiche. Il povero non è una categoria, è il segnale di Dio e va avvicinato con delicatezza e attenzione”. Riprendendo le parole di Papa Francesco, Montenegro ha sottolineato l’importanza di una Chiesa del dialogo, una Chiesa con le porte aperte, che crei solidarietà attorno al fratello ferito, che pianga senza vergognarsi, che partecipi alla gioia degli sposi di Cana, che spezzi con competenza e devozione il pane della vita, che consideri il povero una ricchezza, che sia sale che dà sapore, che non vuole conquistare ma servire amando, che preghi usando la Bibbia e il giornale, che abbia la pazienza affinché il seme germogli”.

La visita del Cardinale Montenegro alla nostra Diocesi è proseguita sabato 9 maggio nell’aula magna del liceo scientifico “Torelli” di Fano dove il vescovo dei migranti ha incontrato gli studenti per parlare della globalizzazione dei popoli e si è conclusa con un momento di convivialità all’oratorio San Cristoforo. Altro momento intenso e significativo della sua visita è stata l’inaugurazione del monumento ai migranti che hanno perso la vita nel Mediterraneo e la Santa Messa concelebrata con il Vescovo Armando nel Santuario della Beata Vergine delle Grazie di Cartoceto.

EP