Speciale Sinodo 9. Sintesi degli interventi: 15-16-17 giornata

vescovi_americani.jpgCARDINALE ANTONIO MARÍA ROUCO VARELA, ARCIVESCOVO DI MADRID (SPAGNA). “Fare in modo che la Parola di Dio sia fermento della cultura moderna presuppone tenere in considerazione uno dei tratti che la caratterizzano maggiormente, soprattutto nel contesto euroamericano, ovvero:… la concezione immanentista dell’uomo e del mondo, senza riferimento né esplicito né implicito a Dio Creatore e Redentore dell’uomo. Questa caratteristica si rileva in particolare nella cultura sociopolitica e giuridica. (…) La postmodernità ha inasprito la concezione moderna dell’uomo, della società e dell’ordine politico-giuridico nei suoi aspetti più negativi, aprendo la strada al nichilismo esistenziale e alla ‘dittatura’ del relativismo etico. Il trattamento legale riservato al diritto alla vita, come se lo Stato potesse disporre di esso illimitatamente, è una prova eloquente di quanto detto. Occorre, dunque, una risposta culturale del Vangelo che, in un dialogo sincero fra fede e ragione, faccia presente nella vita pubblica la verità di Dio Creatore e Redentore dell’uomo: del ‘Dio che è amore’. I laici devono esserne i protagonisti più attivi”.VESCOVO JEAN GASPARD MUDISO MUND’LA, S.V.D., DE KENGE (REPUPPLICA DEMOCRATICA DEL CONGO). “Il mio intervento riguarda la preparazione e la formazione dei futuri sacerdoti all’Apostolato biblico come disciplina accademica nei seminari e negli istituti di formazione religiosa. (…) Se la Parola di Dio deve ispirare tutta la pastorale della Chiesa (IL n° 48; DV n° 24), dobbiamo ripensare e rivedere la formazione nei grandi seminari e negli istituti religiosi, poiché la Parola di Dio non è e non può essere una materia d’insegnamento come le altre, al pari delle altre. (…) L’Apostolato biblico (…) desidera aiutare il credente a incontrare il Signore che si rivolge a lui e lo interpella nella sua vita concreta. Questa lezione potrebbe avere una doppia finalità:

a) risvegliare nel seminarista una profonda presa di coscienza delle Scritture come Parola di Dio, sorgente della vita cristiana e strumento del ministero pastorale; b) aiutare il seminarista a tradurre le proprie conoscenze delle Scritture nella quotidianità della vita”.

VESCOVO MARK SERGEJ GOLOVKOV, DI YEGORIEVSK, VICEPRESIDENTE DEL DIPARTAMENTO PER LE RELAZIONI ECCLESIASTICHE ESTERNE DEL PATRIARCADO DI MOSCA (FEDERAZIONE RUSSA). ” La Chiesa Ortodossa ritiene importante che le Sacre Scritture siano accessibili ad ognuno. La lettura della Bibbia in Chiesa durante le funzioni liturgiche, tuttavia, rappresenta il modo di ascolto più valido. Assieme all’accessibilità dei testi biblici, un principio basilare per la loro comprensione risulta essere l’adempimento della tradizione. La teologia ortodossa non rinuncia a nuovi studi sui testi sacri. Ciò nonostante noi riteniamo che l’interpretazione dei testi biblici sia strettamente legata alla spiegazione lasciataci dai Padri della Chiesa. La fedeltà alla tradizione è la strada sicura che aiuta a non perdersi tra le molteplici opinioni”.

VESCOVO ARMASH (HAGOP NALBANDIAN), PRIMATE DI DAMASCO (SIRIA). “La Parola di Dio in Armenia è stata proclamata già nel I secolo dagli apostoli Taddeo e Bartolomeo che, dopo la loro azione missionaria sono morti martiri. L’annuncio della Parola di Dio nei tre secoli successivi ha dato frutto, sicché, primo stato al mondo, nel 301 l’Armenia ha proclamato il cristianesimo come religione di stato.(…) Il popolo armeno, attraverso il suo martirio, ha dato una testimonianza che ancora oggi forgia l’identità cristiana di ogni armeno. La Parola di Dio è stata ed è fonte della speranza e della sopravvivenza. Com’è la situazione dell’annuncio della Parola in Armenia oggi? L’Armenia è un paese post-sovietico. Quale fosse la situazione in epoca sovietica è già noto. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, oggi in Armenia sperimentiamo un risveglio spirituale e un profondo interesse per l’ascolto della Parola di Dio. Il numero dei circoli biblici e delle persone che frequentano la chiesa è in aumento”.CARDINALE ANGELO BAGNASCO, ARCIVESCOVO DI GENOVA, PRESIDENZA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (ITALIA). “Per quanto riguarda la formazione ad una fede pensata e consapevole, in grado di dare ragione della propria speranza (cfr 1 Pietro), mi pare opportuno ricordare che se è necessario percorrere la via della conoscenza documentata, pregata e condivisa della Parola di Dio scritta, è altresì necessario percorrere la via della ragione. La Sacra Scrittura è attraversata non solo dalle verità soprannaturali, ma anche da quelle naturali che assume, conferma e porta a compimento. Ritorna la necessità e l’urgenza di tenere unita la Scrittura, la Tradizione e il Magistero, perché il credente possa comprendere meglio le grandi questioni del nascere e del morire, della famiglia e della libertà, dell’amore e della legge naturale, dell’eutanasia, della fecondazione … e le sappia presentare anche ai non credenti, per i quali la Bibbia vale solo per la forza degli argomenti. Quando la Chiesa parla di questi temi non fa ingerenza, non va fuori della sua missione evangelizzatrice, ma è dentro alla sua missione. Nello stesso tempo serve le culture e le società perché possano diventare più umane”.

CARDINALE GIOVANNI LAJOLO, PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE PER LO STATO DELLA CITTÁ DEL VATICANO E PRESIDENTE DEL GOVERNATORATO DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO. “Si pone il quesito su come si possa far giungere in maniera convincente la Parola di Dio a tre categorie di persone: Gli analfabeti e coloro che, pur sapendo leggere, non leggono, i quali sono facilmente inducibili a credenze e superstizioni assurde. Converrebbe studiare come poterli raggiungere di persona o con mezzi audio‑visivi di facile comprensione e di vasta diffusione. Le persone di un certo livello culturale, talvolta anche assai alto, che si sentono urtate da pagine della Bibbia in cui apparirebbero violati, per ordine o con il consenso di Dio, diritti umani fondamentali. Per esse bisognerebbe cercare di evolvere ulteriormente il concetto di ispirazione della Sacra Scrittura. I credenti nell’Antico Testamento, ai quali non giova proporre la realizzazione delle profezie quale conoscibile ‘post fidem’. Ad essi bisognerebbe dunque poter mostrare il significato cristiano delle profezie realizzate nel Messia Gesù quale conoscibile ‘ante fidem’.

ARCIVESCOVO PAUL CREMONA, DI MALTA, O.P., PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (MALTA). “Parlerò nel contesto di paesi tradizionalmente cattolici come Malta. Ogni volta che parliamo della nuova evangelizzazione troviamo una pietra d’inciampo. Molti dei nostri fedeli provano ancora nostalgia per il modello di Chiesa che esisteva 30-40 anni fa e fanno un confronto con essa. Poiché la Chiesa cattolica non ha mantenuto la posizione privilegiata che aveva allora, vivono come un trauma quando la Chiesa o i suoi Pastori vengono sfidati. Spesso hanno paura di parlare apertamente dinanzi a questa cultura molte volte ostile. Dobbiamo uscire da questa esperienza traumatica ed iniziare una nuova evangelizzazione. Dobbiamo aiutare i fedeli a riconoscere che quel genere di Chiesa non esiste più e che non può essere riproposta in questo mondo cambiato. Non possiamo continuare a confrontare la nostra realtà con quella di allora. Dobbiamo proporre un nuovo modello di essere Chiesa e quello che corrisponde maggiormente alla realtà attuale è la comunità cristiana primitiva, così come viene descritta nei capitoli 2 e 4 degli Atti degli Apostoli ed emerge negli altri scritti del Nuovo Testamento. Dobbiamo confrontare la Chiesa attuale con quella comunità e conformarla ad essa”.

VESCOVO AGUSTIN TRAORE, DI SÉOUE (MALI). “I cristiani del Mali costituiscono una piccola minoranza dal punto di vista numerico, ma sono apprezzati e rispettati per la testimonianza che rendono al Vangelo di Gesù Cristo. La qualità della testimonianza di vita dei cristiani cattolici e protestanti malesi s’impone all’ammirazione dei loro fratelli e sorelle musulmani che amano dire spesso che è necessario affidare sempre la gestione delle cose serie ai cristiani, perché il Vangelo che essi annunciano porta la giustizia e la pace. La coerenza nella testimonianza deve essere promossa da una collaborazione sempre più fruttuosa tra le comunità cristiane cattoliche e protestanti. La Segreteria dell’Apostolato Biblico della Conferenza Episcopale del Mali ha deciso, dopo la sua creazione, di favorire il dialogo ecumenico nel Mali. Quindi, lavoro a stretto contatto con l’Alleanza Biblica Universale del Mali, (…) in uno spirito di ecumenismo. I buoni rapporti intrattenuti fra i membri della Segreteria Biblica e l’Alleanza Biblica del Mali hanno permesso una fruttuosa collaborazione nei settori della formazione dei traduttori della Bibbia, della diffusione della Bibbia, dell’alfabetizzazione… La Parola di Dio, essendo per tutti i figli di Dio, è un potente mezzo di comunicazione tra gli uomini di religioni diverse. (…) Il dialogo interreligioso presuppone una buona conoscenza della Parola di Dio che è anche dialogo e che favorisce le condizioni di un dialogo fruttuoso fra le differenti confessioni”.

CARDINALE ANTONIO CAÑIZARES LLOVERA, ARCIVESCOVO DI TOLEDO (SPAGNA). “L’intervento si riferisce alla catechesi, come a una delle forme di ministero della Parola. Si vuole sottolineare il ruolo insostituibile e fondamentale della catechesi per la trasmissione della Parola di Dio, la cui peculiarità consiste nell’essere un periodo di insegnamento e maturità, di riflessione vitale sul ministero di Cristo, di iniziazione integrale – vitale, ordinata e sistematica – alla Rivelazione che Dio stesso ha fatto all’uomo in Gesù Cristo, non isolata dalla vita né giustapposta artificialmente a essa, e custodita nella memoria profonda della Tradizione viva della Chiesa. (…) Senza catechesi, la maggior parte dei cristiani non sarebbe in grado di appropriarsi del Vangelo e tradurlo in vita, né di agire in senso missionario e apostolico, né di confrontarsi con successo con le correnti spirituali e culturali del nostro tempo. Solo partendo da una catechesi seria, autentica e rinnovata, la Chiesa potrà spiegare con forza tutta la vastità degli elementi e delle funzioni della sua azione evangelizzatrice”.

VESCOVO FRAGKISKIS PAPAMANOLIS, O.F.M.CAP., DIO SYROS, MILOS E SANTORINI, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (GRECIA). “Sono consapevole delle necessità delle istituzioni e del bene che viene fatto anche attraverso la diplomazia. Tuttavia è pur vero che esse vanno sempre riesaminate e verificate alla luce della Parola di Dio, perchè il fine non giustifica i mezzi. Studiando la storia incontriamo nella vita della Chiesa delle decisioni di emergenza e modi di comportamento strutturale che potrebbero essere giustificati a causa di quel dato momento storico, ma quelle decisioni, rimaste poi nelle strutture della Chiesa, mi domando, continueranno a segnare il passo della vita della Chiesa per i secoli dei secoli? Specialmente quando simili strutture non reggono alla luce dei principi teologici? Per la Chiesa Cattolica l’impegno ecumenico è l’impegno primario nel terzo millennio. Un impegno che non può limitarsi allo scambio di inviti, di visite e di doni, o anche a tutti quei gesti che esprimono il nostro desiderio di creare unità. II desiderio non basta. Dobbiamo essere disposti a sacrificare leggi e strutture, per preparare il giorno benedetto in cui i cristiani saremo uniti”.

PADRE ADOLFO NICOLÁS, S.I., Preposito Generale della Compagnia di Gesù (Spagna). “Sono convinto che la Parola di Dio possa rivendicare una grande funzione ‘terapeutica” nella vita della comunità cristiana. Ogni volta che entriamo nel mondo della Bibbia, siamo esposti a un mondo nuovo: il mondo di Dio, l’azione di Dio, l’insegnamento di Dio al suo Popolo. L’incontro, se reale, può essere sconvolgente, sorprendente, illuminante, rasserenante o consolante. Può anche essere frainteso e andare perduto. (…) I pastori e i ministro della Parola hanno bisogno di una formazione alla buona ‘diagnosis’, a una saggia applicazione dei modi di lettura, a una preghiera e interiorizzazione più profonde della Parola di Dio e a un accompagnamento significativo che aiuti il fedele a discernere l’azione dello Spirito Santo in e attraverso la lettura della Bibbia. (…) Sembra indispensabile che questa formazione venga inclusa nella preparazione al ministero pastorale e nei programmi di formazione permanente per tutti i sacerdoti. Inoltre tutte le parrocchie e/o diocesi dovrebbero avere accesso a centri o a persone preparate che possano offrire questo servizio”.

CARDINALE VARKEY VITHAYATHIL, C.SS.R., ARCIVESCOVO MAGGIORE DI ERNAKULAM-ANGAMALY DEI SIRO-MALABARESI, PRESIDENTE DEL SINODO DELLA CHEISA SIRO-MALABARESE (INDIA). “Nonostante il diritto di ogni Chiesa particolare di predicare il Vangelo ovunque nel mondo sotto la guida del romano Pontefice, e sebbene il Concilio Vaticano II e i due codici di diritto canonico riconoscano il diritto di tutti i fedeli delle Chiese orientali di ricevere le cure pastorali dai propri Vescovi e dai propri sacerdoti, a quarantatre anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, alla Chiesa siro-malabarese ancora non vengono affidati nuovi territori di missione in India, Africa, ecc., né le viene data la libertà di esercitare il suo diritto ad offrire cure pastorali attraverso i suoi Vescovi e i suoi sacerdoti alle centinaia di miglia di migranti in India, nei paesi del Golfo, in Europa e altrove. (…) La Chiesa non deve solo predicare la Parola di giustizia ai fedeli, ma essi dovrebbero ricevere un aiuto pastorale per viverla. Questo vale ancor più quando non viene fatta giustizia, perché la pace è frutto della giustizia. La giustizia è stata negata per molti secoli. E’ giunto il momento che il sinodo rifletta su questa situazione ingiusta in seno alla Chiesa e proponga soluzioni durature”.