"Le domande che portiamo nel cuore sono uguali per tutti". Sr. Chiara Michela della Croce domenica 23 vivrà la Professione Temporanea ad Urbania

srmichela.jpgI suoi pazienti non saranno in una corsia dell’ospedale o in un dispensario in terra di missione. Il suo “ambulatorio” sarà il parlatorio del monastero di clausura. Stava camminando verso la laurea in medicina all’università di Ancona, ma Michela Tombari, ora Sr. Chiara Michela della Croce, domenica prossima vivrà la Professione Temporanea dei voti (castità, povertà, obbedienza) nel monastero delle Sorelle Povere Clarisse di Urbania…, nelle Marche. Figlia unica, originaria della Diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola dal 2003 ha abbracciato per sempre la vita contemplativa. «La vostra presenza nella Chiesa e nel mondo è indispensabile» ha detto Benedetto XVI domenica scorsa dopo l’Angelus, alle comunità religiose di clausura, in vista della Giornata “Pro Orantibus”, che si celebrerà venerdì prossimo, 21 novembre. Segue la sua testimonianza.Cosa significa per me professione temporanea…
Il 1 novembre 2003, lasciati la mia famiglia, i miei amici, la mia parrocchia e la mia città, iniziavo l’avventura di una nuova vita, entrando a far parte della fraternità di Sorelle Povere di S. Chiara, in Urbania. Il 23 novembre, dopo cinque anni, il Signore mi chiama a pronunciare un nuovo e radicale sì, attraverso la professione temporanea dei voti, “per seguire la via della povertà e dell’umiltà del Signore Gesù e della sua santissima Madre, Maria”, in questa particolare Forma di vita.
“Passai vicino a te e ti vidi…e divenisti mia”(Ez 16,8): questa Parola parla fortemente al mio cuore di un Amore gratuito capitato alla mia vita, una grazia accaduta e che continuamente riaccade, un passaggio sempre nuovo del Signore nella mia esistenza e uno sguardo che sempre, per primo, mi invita ad alzare gli occhi verso Lui, chiamandomi per nome e rendendomi capace di rispondere il mio: Eccomi. È Lui che attraverso la professione, radicata nell’originaria grazia del Battesimo, mi fa sua, in un desiderio profondo e autentico di appartenenza reciproca – appartenenza sigillata dal velo che mi sarà consegnato, segno e impegno di consacrazione al suo Amore. Con tutto il desiderio del cuore, “come una sposa che attende il giorno delle sue nozze” (S. Bernardo), attendo questo nuovo momento di grazia, in cui esprimerò pubblicamente che voglio e desidero corrispondere alla sua chiamata, che per me si concretizza in questa modalità specifica di sequela. “La forma di vita dell’Ordine delle Sorelle Povere di S. Chiara è questa: osservare il santo Vangelo del Signore Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità”: nelle mani della Madre, davanti a tutte le mie sorelle e alla Chiesa, dirò sì a queste parole, sintesi di tutta la Regola, che si offre alla mia libertà per dare compimento alla mia vita, il suo vero volto. Affidarsi con tutto il cuore a Dio, dunque, è affidarsi con tutto il cuore alla fraternità in cui il Signore mi ha posto, quella terra in cui il seme della mia vita è chiamato a cadere per “spaccarsi” e portare frutto, certa che “ciò che Lui ha iniziato lo porterà a compimento” (Fil 1,3). È nella fedeltà quotidiana fatta di gioie, fatiche, speranze, desideri, che sarò ogni giorno chiamata a ridire quel sì, quell’Amen che più volte ripeterò il giorno della professione – giorno “memoriale” che darà senso a tutti gli altri giorni che vivrò, ricevendoli dalla mani di Dio, quelle stesse mani in cui pongo la mia vita. Sarà lì, nell’umile fatica quotidiana, nella preghiera, nel lavoro, nel servizio alle sorelle, nell’accettazione di me stessa e di quanto accade, che sarò chiamata a vivere con gioia questo sì, proclamandone la bellezza.
Dunque, il rito della professione sarà un’azione che innanzitutto non è la mia, ma un evento che mi presenta il dono che dà compimento ai desideri più profondi che stanno nel mio cuore. Il mio sì si inserisce dentro il grande sì che Dio ha pronunciato, da sempre e per sempre, sulla mia vita, così com’è, coi suoi limiti, chiusure, peccati, contraddizioni, ma rivestiti di quella grazia che Lui non ritirerà mai più. Sto davvero sperimentando che la vita è questo dono gratuito, carico di una promessa che si mantiene.

Perché una scelta così è ancora possibile oggi…
Sono certa che questo invito che il Signore rivolge alla mia vita e a cui solo io posso rispondere il mio sì, è personale, ma non privato; non per compiacere me stessa, ma per tutti. Non è una cosa mia, perché mi piacciono un po’ le cose religiose o una specializzazione per me, che sono una persona “particolare”…Ricordo che qualche giorno prima di entrare in questa nuova vita, un mio amico mi disse: “Ma se sei come noi, se fai le stesse nostre cose, perché fai questa scelta?”.
L’avventura della vita, la mia come quella di tutti, è la stessa, perché le domande che portiamo nel cuore sono le stesse. Tutto nella vita ci dice che siamo fatti per qualcosa di grande, ma da soli non riusciamo a costruire un progetto adeguato al nostro cuore. Infatti non si capisce il proprio cuore sprofondando in noi per misurarci, ma lasciandoci leggere dalla Parola. Solo questa descrive pienamente il nostro cuore e ci dice cosa veramente desideriamo. Sicuramente non ci è risparmiata la fatica della ricerca, ma la strada inizia ad essere percorribile quando il volto di Cristo si fa presente, perché solo Lui spiga veramente la nostra umanità.
La nostra vita è essenzialmente desiderio e domanda di “felicità”, cui la grazia risponde: così la vita diviene più autentica, più umana. Le definizioni non bastano al nostro cuore, solo l’incontro con Lui può bastare, ma questo incontro capita nel quotidiano come grazia che non decidiamo noi, direi “per caso”, dove caso dice che non è un nostro programma, ma qualcosa di gratuito che ci sorprende…Solo così la vita smette di essere un proprio progetto-che per quanto bellissimo è ancora nostro- e diventa promessa di un Altro che fa la nostra vita, affascina il nostro cuore e sorprende i nostri desideri, al di là della nostra fantasia e immaginazione. Non c’è nulla nella vita estraneo all’incontro tra il nostro cuore e Cristo; non serve rendersi estranei alla realtà e alla storia, ma solo accogliendo tutta la realtà così com’è, i nostri occhi possono iniziare a riconoscere i segni della sua Presenza. Quando incontriamo il Signore vivente e solo allora, diventa ragionevole per il cuore e per la libertà, seguirlo lì dove ci conduce.