Eluana Englaro: "Il primato del prendersi cura" (Pessina, Univ. Cattolica)

englaro.jpg“L’atto d’indirizzo generale del Ministro Maurizio Sacconi porta finalmente chiarezza e mette in evidenza qual è il dovere essenziale di uno Stato di diritto, e in particolare delle strutture che per loro natura sono preposte alla cura e all’assistenza: in nessun caso risulta legittimo l’abbandono assistenziale di chi non è in grado di provvedere autonomamente a se stesso”:… è quanto si legge in una nota del Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, diretto da Adriano Pessina, secondo il quale il pronunciamento giuridico sul caso Englaro “non può e non deve diventare normativo”, sia perché “la stessa formula della sentenza prevede la possibilità e non l’obbligo della sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione, sia perché il nostro Paese ha sottoscritto” la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, che afferma “il dovere da parte degli Stati di «prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazioni di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità»”. Secondo Pessina, “il dibattito su alimentazione e idratazione è oggi viziato da una confusione pericolosa, che equipara le situazioni cliniche delle persone in stato vegetativo con quelle di coloro che sono nella fase terminale dell’esistenza, affette da patologie giunte allo stadio conclusivo”.
In questi casi, precisa la nota, “qualora l’idratazione e l’alimentazione non ottenessero il loro scopo, e si valutassero questi trattamenti sproporzionati alla situazione clinica, potrebbero essere giustamente sospesi. Al contrario, non risulta motivata la sospensione in nome del fatto che una persona dipende da altri per il suo sostentamento o non potrà riprendere una coscienza relazionale”. In un momento in cui “il dibattito pubblico sembra incentrato soltanto sulla valorizzazione del diritto di rifiutare cure e trattamenti, e la medicina e la tecnologia vengono rappresentate emotivamente come le potenziali nemiche dell’uomo e della sua condizione di finitezza e mortalità, questo indirizzo – osserva ancora Pessina – pone di nuovo al centro dell’attenzione il primato del prendersi cura, dell’assistenza e della solidarietà, come forme proprie di tutte le strutture che sono preposte alla Salute e alle politiche sociali”. Un’opzione per la cura e l’assistenza che, chiarisce il bioeticista, che non si contrappone in alcun modo “alla libertà di programmazione dei trattamenti, alla valutazione della proporzionalità delle cure e degli interventi, ai diritti di scelta rispetto alle prassi terapeutiche, al rifiuto dell’accanimento clinico, perché sono le due facce della stessa logica di riconoscimento della dignità umana”.