(Lettera integrale) Nota della Presidenza Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana. I TEMI: Questione morale, immigrazione, rapporto Nord-Sud, precarietà del lavoro…“Non abbiate paura di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici istituzioni dell’esistenza umana!”. Così Benedetto XVI esortava i laici, i giovani, le famiglie nella sua omelia di domenica 6 settembre a Viterbo. Ricordando la testimonianza di Mario Fani, viterbese, che, insieme a Giovanni Acquaderni, fondò il primo nucleo dell’Azione Cattolica, Benedetto XVI ha affermato: “Si succedono le stagioni della storia, cambiano i contesti sociali, ma non muta e non passa di moda la vocazione dei cristiani a vivere il Vangelo in solidarietà con la famiglia umana, al passo con i tempi. Ecco l’impegno sociale, ecco il servizio proprio dell’azione politica, ecco lo sviluppo umano integrale”.
Su questa stessa linea, il convegno dei Presidenti diocesani dell’Azione Cattolica Italiana, svoltosi a Roma dal 4 al 6 settembre u.s., ha permesso all’associazione di mettere a fuoco il rapporto intenso ed essenziale tra Chiesa e territorio, tra credenti e città, tra fede e storia. Il segretario della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Mariano Crociata, in un’ampia e preziosa relazione ha richiamato con vigore l’esigenza di assumere “un atteggiamento spirituale” fondato sul binomio “simpatia-resistenza”, che da una parte, alla “luce della fede”, spinge ogni credente a relazionarsi con tutti “con giudizio di partenza positivo” e “pieno di speranza”, incoraggiando “i segni di bene che incontra”, dall’altra parte gli permette di mantenere “una irriducibilità sostanziale al mondano” quando si manifesta “nella sua logica antievangelica e disumanizzante”. Al termine del convegno, tali parole ci risultano davvero significative per riprendere il nostro cammino quotidiano, fatto di presenza nelle comunità locali e di impegno per l’educazione di tutte le generazioni.
Ma proprio riflettendo sulla necessità, come ci suggerisce mons. Crociata, di non cedere “alla tentazione della fuga o, al contrario, dell’adattamento”, al termine del convegno l’Azione Cattolica ritiene di dover porre in primo piano una serie di questioni che hanno caratterizzato la ripresa della vita politica e sociale del Paese, da prendere in seria considerazione perché assumono un rilievo etico che investe i fondamenti della convivenza civile.
Si è riaperto, quest’estate, nel Paese, non senza ampi tentativi di strumentalizzazione, il dibattito sulla cosiddetta “questione morale”. Purtroppo sul tema non c’è stato quel confronto che avrebbe fatto bene all’Italia, ma si è preferita una vorticosa e paralizzante caduta nel gossip, che come effetto non potrà che avere l’ennesimo allontanamento dalla politica. Si è avuta la sensazione, inoltre, in più momenti, che il bipolarismo politico sia divenuto anche un insano bipolarismo giornalistico, con un inevitabile danno al diritto all’informazione dei cittadini. Nella battaglia tra quotidiani sono stati sferrati colpi bassissimi, come quello ad “Avvenire” e alla sua direzione. Non possiamo che stigmatizzare un clima culturale in cui si è o amici o nemici, in cui ci si adopera di fatto per zittire le voci critiche, in cui ancora il confronto degenera impedendo di percepire la reale condizione del Paese.
L’Azione Cattolica non può che auspicare che chi rappresenta istituzioni pubbliche le onori convintamente con una condotta personale sobria, rigorosa, rispettosa degli altri e dei cittadini. Dagli eventi contingenti pensiamo si possa trarre spunto per una riflessione più ampia dal profilo educativo. In quanto associazione, impegnata nell’educazione delle persone, dai bambini ai giovani agli adulti, sperimentiamo ogni giorno che educare significa fare il difficile sforzo di richiamare alla coerenza tra ciò che si esprime all’esterno e ciò che si vive. Se a questa prospettiva “etica” vanno richiamati tutti i cittadini, a maggior ragione è richiamato chi rappresenta le istituzioni nazionali e locali. Sappiamo quanto questo sia difficile per tutti, ma riteniamo che sia l’unico modo per rinnovare il Paese non solo a parole, ma nei fatti. La questione morale, per l’Azione Cattolica, è la questione di un’ampia e consapevole conversione al bene comune dei nostri stili di vita.
La nostra esortazione non vuol essere un richiamo confessionale, ma l’invito a valutare sempre con la massima attenzione cosa comporti l’onore e l’onere di rappresentare i cittadini italiani. E pensiamo che un tale richiamo sia pienamente laico, non riferibile solo a chi professa di essere credente. È come un abbecedario che tutti dobbiamo sforzarci di vivere.
È per questo motivo che il convegno ha avuto tra i suoi frutti più concreti un rinnovato slancio per l’educazione e la formazione al bene comune.
Ci ha scosso, durante il tempo estivo, anche il dramma di molti immigrati. Nella prolusione all’ultima assemblea dei Vescovi, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. Angelo Bagnasco, guardando all’allora in discussione (e ora in vigore) legge sulla sicurezza, contenente il cosiddetto “reato di clandestinità”, e guardando anche alla prassi dei “respingimenti” in mare di chi prova ad entrare irregolarmente nel nostro Paese, aveva fornito il criterio fondamentale per affrontare la tematica, “ossia il valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili”. Accanto a questo “valore dirimente” ce ne sono altri come “la legalità, l’affrancamento dai trafficanti, la salvaguardia del diritto di asilo, la sicurezza dei cittadini, la libertà per tutti di vivere dignitosamente nel proprio Paese, ma anche la libertà di emigrare per migliorare le proprie condizioni”, da contemperare, quest’ultimo, alle “possibilità di accoglienza dei singoli Paesi”. L’estate, purtroppo, ha segnato ancora una volte la morte in mare di diverse decine di stranieri, che non hanno resistito al lungo viaggio, che non hanno ricevuto la doverosa assistenza da imbarcazioni civili e che sono stati al centro di inaccettabili rimbalzi di responsabilità tra Stati. Il convegno si è interrogato sulle risposte che l’Azione Cattolica può dare in ordine ad un sostegno e ad una vicinanza ai poveri del pianeta, perché laddove vivono possano migliorare le loro condizioni, e in ordine alla capacità di integrare in modo reale gli stranieri nel nostro tessuto civile, sociale e culturale. Le risposte non sono semplici, ma ci sembra doveroso ribadire che l’immigrazione non può essere ridotta a una questione di ordine pubblico, e che proprio le comunità ecclesiali e l’associazionismo possono fornire quell’humus di accoglienza, dialogo e legalità in grado di incidere in profondità.
Tra le questioni della politica, è anche opportuno fermare l’attenzione sul rapporto tra Nord e Sud del Paese. In questa estate forze politiche con una forte vocazione territoriale hanno annunciato alcune battaglie che preoccupano non tanto nel merito, discutibile come del resto tutte le proposte, quanto per il messaggio culturale con cui sono presentate agli elettori. Toni che esplicitamente ed implicitamente tendono a mettere l’uno contro l’altro i cittadini del Meridione e del Settentrione. Ci sembra doveroso dire che mai come in questo momento, invece, le sorti del Paese sono le sorti comuni del Nord, del Sud, del Centro e delle Isole. Siamo più interrelati di quanto possiamo immaginare. Non possiamo permetterci rancori tra territori, né possiamo permettere che parti politiche li alimentino. Fortunatamente, la stragrande maggioranza del Paese si sente unito. Ma questo non può giustificare le provocazioni che ciclicamente vengono all’orecchio di tutti. L’unità del Paese, di cui l’Azione Cattolica è espressione popolare, viva e concreta per il suo carattere di associazione intergenerazionale e per la sua diffusione sull’intero territorio nazionale, merita una difesa più forte e decisa. E forse è di nuovo il momento di porre tale unità come non discutibile in qualsiasi discorso politico. D’altra parte, la grande eco mediatica data a messaggi così forti è diretta conseguenza di un deficit di idee e progettualità che colpisce tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione. Resta, di fondo, il nodo Nord-Sud, che è da affrontare in tutte le sue drammatiche forbici. Ci sembra che la politica debba assumere il compito urgente di ricomporre la frattura socio-economica in un quadro di politiche ordinarie, nazionali ed europee, e non straordinarie e ultra-localizzate.
Facciamo infine nostro anche il dolore e la speranza delle persone che hanno perso il lavoro o vivono nell’incombente minaccia della disoccupazione, dei giovani precari nel lavoro e nella vita. Dalla crisi possiamo uscire se non rimaniamo umanamente, culturalmente ed eticamente come ci siamo entrati. Se il riassetto finanziario, dopo la crisi, lascerà sul campo centinaia di migliaia di lavoratori, oltre a quelli già precari e in cassa integrazione, non possiamo ritenerci appagati e vittoriosi. Una saggia politica persegue l’obiettivo di uno “sviluppo personale, integrale e planetario” (Paolo VI, Populorum progressio, 84); oggi non possiamo, sul versante dell’occupazione e dell’immigrazione, non avere a cuore “l’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità della famiglia umana” (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 54).
Siamo consapevoli che numerose altre questioni hanno caratterizzato l’estate. Esse avranno ancora sviluppi politici e parlamentari che ci permetteranno di proporre nuove considerazioni. L’Azione Cattolica Italiana vuole rinsaldare il suo legame con il Paese e i territori, e in tale direzione offre al pubblico dibattito queste riflessioni maturate nella gratuità del servizio alla Chiesa e al Paese.