(testo del discorso) In alcune zone, soprattutto all’interno della Diocesi, i cambiamenti radicali nelle impostazioni pastorali creano difficoltà insormontabili e sconcerto che non giovano al bene dei cristiani stessi (occorrono accompagnamenti pastorali discreti e motivati nel tempo); … in alcuni grossi centri urbani è invece opportuno provare a sperimentare cammini diversificati di iniziazione cristiana, o almeno pur nella tradizione inserire passaggi, strutture catechistiche ed esperienziali e celebrazioni che segnino una vera novità pastorale.
E’ sicuramente imprescindibile il coinvolgimento della famiglia e dei genitori nel cammino dei ragazzi, con pazienza, perseveranza, coraggio ed intelligenza di proposta.
Un nuovo e articolato cammino di iniziazione cristiana non può essere rimandato per quanto riguarda il “risveglio della fede” negli adulti (cresime di adulti) e per la preparazione degli adulti ai sacramenti della iniziazione stessa. Senza trascurare la preparazione al matrimonio cristiano e al battesimo dei figli. In questa direzione ci lasciamo aiutare dall’Ufficio Catechistico per organizzarci a livello diocesano.E’ bene, nella giornata missionaria, ripetere e istituire, il mandato annuale del Vescovo ai Catechisti di ogni età e ai collaboratori nei vari ambiti della pastorale. Si potrebbe valorizzare questo evento annuale con una preparazione parrocchiale o interparrochiale o vicariale che approfondisca le motivazioni del servizio stesso (cristologiche, ecclesiologiche e pastorali).
L’evangelizzazione altro non è che un annuncio di ciò che si è sperimentato ed un invito a entrare nel mistero della comunione con Cristo. La testimonianza è la gioiosa garanzia di una vita raggiunta e trasformata dal fascino di Gesù: il Crocifisso risorto! Chi ha incontrato Cristo non può non portare altri verso di Lui. “Abbiamo trovato il Messia!” (Gv 1,41)
La comunicazione della fede è il frutto maturo dell’annuncio del Vangelo. “La fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo” (Rm 10,17). La comunicazione della fede si fa attraverso l’annuncio del Vangelo il quale, a sua volta, esige ascolto, accoglienza e custodia della Parola.
La progettualità pastorale dipende dalla fame della Parola (Am 8,11), dal porre la Scrittura al principio, ossia, a fondamento di ogni attenzione educativa della comunità cristiana, la quale ha il compito di farla risuonare nella sua grandezza e di proporla nella sua purezza. Farsi discepoli della Parola vuol dire mettersi in un atteggiamento di resa, lasciandosi sorprendere dal Signore, e soprattutto, applicando alla vita le grandi coordinate della storia della salvezza.
Solo nella Chiesa la Sacra Scrittura è, grazie al Signore, Parola viva e attuale; per questo dobbiamo ricordarci quello che ci ha detto il relatore don Marconi recuperando il Sinodo: la Chiesa è la casa della Parola. Approfondiamo le relazioni mutue tra la S. Scrittura e la comunità.
La comunione è, senza ombra di dubbi, la prima forma della missione, la condizione e il suo obbiettivo ultimo.
Non c’è missione efficace se non dentro uno stile di comunione, di collaborazione e di responsabile partecipazione. La difficoltà a sentirsi “strumenti inseriti nella coralità di una orchestra”, capaci di dare corpo alla comunione e anima all’unità, costituisce l’insidia più grave che rende corto il respiro missionario della Chiesa, impegnata a riprodurre l’archetipo trinitario. La Chiesa è edificata non dialetticamente, ma organicamente. Ogni carisma è un dono fatto al corpo ecclesiale nella sua totalità. L’urgenza di ritrovare lo stile della comunione, il gusto della comunione, il puntiglio della comunione, il tormento e la consapevolezza dell’assoluto bisogno di comunione si traduce nell’esigenza di lavorare insieme. Le patologie più gravi di cui soffre la vita pastorale sono da una parte lo “stallo pastorale”, che riduce la sequela di Cristo ad “intimistico sedentarismo spirituale” e, dall’altra, la “frammentazione pastorale” che si risolve in “isolamento pastorale”.
C’è la tentazione di condurre un’azione pastorale fatta di iniziative, ma priva di iniziativa.
Il modello dell’iniziazione cristiana è il paradigma dell’evangelizzazione. L’iniziazione cristiana non è tanto un settore della pastorale, quanto il suo modello ispiratore e il suo paradigma esemplare. Toccare l’Iniziazione Cristiana ci obbliga a una revisione complessiva delle nostre pratiche pastorali. Il Vangelo è da annunciare e non da imporre; Gesù stesso ha sollecitato il consenso ed ha accettato il rifiuto! La comunicazione della fede avviene per irradiazione: il centro di gravità dell’annuncio è l’amore.
Avanti al “primo annuncio” sta il “previo annuncio” di una relazione cordiale e aperta (la pastorale dell’ascolto o della sagrestia o dell’ufficio parrocchiale aperto non solo fisicamente). Movendo da questa consapevolezza la comunità cristiana ha bisogno di ripensare i propri tempi, i propri spazi, le proprie procedure decisionali e la propria prassi pastorale.
Il primato della Parola
Alcuni rapidi e concreti suggerimenti per restituire il primato alla Parola:
* Ci chiede di coltivare e crescere nell’arte del ben celebrare l’eucaristia (le due mense).
* Leggere – ascoltare – ruminare – proclamare – custodire la Parola. Compito di tutti e a tutti i livelli.
* Rilanciare e qualificare sempre più il ministero del lettorato. I lettori, presenza ecclesiale di altissimo profilo spirituale, vivono e fanno vivere lo studio, la lectio e preparazione della liturgia della Parola.
* Nei gruppi di preghiera, nelle caritas e nella formazione del volontariato, nel coordinamento della catechesi e nella catechesi, nell’animazione dei gruppi la parola di Dio sia l’elemento fondante.
* E’ auspicabile, a livello parrocchiale o interparrochiale, darsi un momento di ascolto della Parola della Domenica (preti e laici), anche per orientarsi nella omiletica.
* Prosecuzione intelligente dei tanti “biblici” nelle parrocchie perché diventino sempre più ascolto comunitario del Signore attraverso la lettura e meditazione della Sacra Scrittura. Siano chiaramente orientati, protesi, ancorati all’Eucaristia domenicale, fonte e culmine della vita della comunità, da cui tutto scaturisce e a cui tutto ritorna.
* Incoraggiamo la partecipazione di tanti alla scuola di teologia di base (CoTeB) diffusa sul territorio perché faciliti la crescita personale, l’appartenenza ecclesiale, la coscienza battesimale, la corresponsabilità e lo spirito missionario.
L’amore di Cristo ci spinge a camminare insieme. “Se vuoi arrivare primo corri da solo. Se vuoi arrivare lontano, cammina insieme” (proverbio africano). Il Signore ci aiuti a riscoprire lo stile e il gusto di camminare insieme. Si tratta di un cammino di purificazione da percorrere fiduciosamente con la disponibilità a lasciarsi illuminare, istruire, correggere, nutrendo il solo desiderio di rivivere, con rinnovato stupore, l’esperienza missionaria compiuta agli inizi della predicazione del Vangelo: “La parola di Dio cresceva e si diffondeva” (At 6,7)
Per operare una vera riforma nella Chiesa, come suggerisce il Congar, dobbiamo riscoprire:
– il primato della carità e della dimensione pastorale
– il dovere di restare nella comunione del tutto (ricentrarsi)
– la pazienza e il rispetto dell’attesa
– il ritorno al principio della tradizione.
Ciò che in un movimento di Chiesa rischia di guastare tutto è l’impazienza. Il vero uomo del futuro rispetta il silenzio di Dio e gli indugi della Chiesa, come pure le dilazioni della vita. E’ capace di aspettare che una idea maturi nella solitudine di un servizio fedele. Solamente ciò che viene fatto con la collaborazione del tempo può vincere il tempo; pertanto per imboccare certe direzioni occorre che il tempo abbia detto la sua.
“Ciò che deriva da Dio ha di solito la forma di ciò che incomincia, non già di un effetto bello e compiuto. Dio opera secondo la legge della vita: tocca e avvia, suscita il movimento; depone un seme, che attecchisce quando è ora; inserisce nel profondo una forma, che poi si apre la strada lentamente. Così procedono le cose di Dio, silenziosamente, senza violenza. Questo non vuol dire che tutto viene da sé. Dio esige molto: prontezza, superamento, sacrificio e costanza nel lavoro. Ciò che rimane infruttuoso è la smania attivistica, l’affaccendarsi e l’impazienza…” (R. Guardini, Verità e Volontà)
A mo’ di conclusione
“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Questa promessa di fedeltà accompagna la Chiesa, nelle cui mani il Signore ha posto le “chiavi” del Regno, e la sprona a superare una tentazione che da sempre può insidiare l’azione pastorale: ritenere che l’efficacia missionaria dipenda principalmente dalla programmazione.
E’ lo Spirito del Risorto il vero protagonista della Chiesa. “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori” (Sal 127,1). Le radici del nostro essere e del nostro agire stanno nel silenzio sapiente e provvido di Dio. “La nostra testimonianza sarebbe insopportabilmente povera se noi per primi non fossimo contemplatori del volto di Cristo” (Giovanni Paolo II)
Grandi orizzonti e piccoli passi.
Luogo storico dell’incontro con Cristo è la comunità diocesana, presieduta dal Vescovo, che vive in pienezza come assemblea eucaristica, ma che si declina in molteplici forme, a partire da quella fondamentale che è la parrocchia.
E’ indispensabile promuovere una conversione missionaria delle nostre comunità ecclesiali per riproporre il messaggio fondamentale della fede “sia a chi crede in Cristo e vuole rendere ragione della speranza riposta in Lui, sia a chi chiede di essere aiutato a riscoprire la bellezza del messaggio cristiano, sia a chi si sente lontano dalla fede, ma vuole e cerca di dare un senso alla propria vita”.
(Documento della Chiesa italiana del maggio 2005 “Questa è la nostra fede”).
A tutti la Chiesa annuncia che Gesù crocifisso è risorto, mantenendo ferma l’identità tra il crocifisso e il risorto! Il messaggio cristiano si riassume in questa notizia puntuale, che spinge la Chiesa ad esplorare il grande orizzonte della nuova evangelizzazione; i piccoli passi che vanno in questa direzione sono diretti a “rifare il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali”, sollecitate a concentrarsi sull’essenziale, dentro la cifra riassuntiva della testimonianza, che è il nome proprio dell’evangelizzazione. “Mantenendo senza vacillare la professione della speranza” (Eb 10,23) , contenuta nel cantico della Beata Vergine Maria (Lc 1,46-55), “speranza e aurora di salvezza al mondo intero”.
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In particolare per i presbiteri ma non solo per loro
UN ANNO SACERDOTALE
Accogliamo l’iniziativa del S. Padre di indire l’anno sacerdotale come una grande opportunità, un dono e una responsabilità per la nostra Diocesi. Proviamo a riscoprire la bellezza del nostra identità, il nostro ruolo così strategico per la vitalità della Chiesa e il suo agire missionario, il nostro essere a servizio del popolo santo di Dio chiamato a riscoprirsi sempre e di nuovo popolo tutto sacerdotale.
Suggerisco di partecipare agli esercizi spirituali insieme, in Diocesi, a Villa S. Biagio, nella casa di spiritualità degli Orionini, nei giorni 16-20 novembre, organizzandoci per rimanere possibilmente tutto il tempo nel raccoglimento e nella preghiera.
Vivremo i Ritiri mensili cercando di approfondire e riscoprire, quest’anno in maniera davvero speciale, la nostra identità, la missione affidataci e la spiritualità caratteristica del presbitero diocesano.
Il testo meditato potrà essere ripreso nell’incontro informale della zona, la lectio tra presbiteri, perché risuoni e ci permetta di condividere la vita.
Avremo anche la possibilità dell’ aggiornamento, di una formazione teologica permanente con tre momenti lungo l’anno un pò più completi, quasi residenziali, che ci permetteranno il confronto più pieno e una maggiore assimilazione dei contenuti (un pomeriggio e l’ intera giornata seguente). Il primo appuntamento sarà per i giorni 23-24 settembre, sul tema «Configurare la pastorale secondo il modello della iniziazione cristiana».
Proviamo a darci una regola di vita che scandisca i ritmi della preghiera e del servizio alle comunità, le nostre esigenze personali e la nostra appartenenza alla chiesa locale.
Invito davvero a vivere una profonda comunione tra presbiteri utilizzando tutti i mezzi e approfittando di ogni opportunità:
– lectio divina settimanale tra presbiteri nella comunità pastorale, e poi, quando è possibile, pranzo insieme.
– E’ bene ricavarsi qualche giornata di riposo sostituendosi tra vicini.
– Riscrivere una “carta di comunione”, una carta per la missione, in maniera da affrontare più serenamente e con uno stile ecclesiale le sfide pastorali.
Consolidare uno stile comunionale:
mai delegittimarsi tra presbiteri, avere il culto del positivo comunicato e condiviso, vivere amicizie sacerdotali autentiche e sincere, osare con umiltà, ma anche con coraggio, la correzione fraterna.
Da ultimo mi piace ricordare che siamo chiamati a farci carico del problema vocazionale. La pastorale vocazionale deve diventare il compito e la missione di tutti e di ciascuno.
+ Armando Trasarti
Vescovo