“La croce: è la porta tra Dio e gli uomini”. Benedetto XVI nella Domenica delle Palme

Tre anni di parole straordinarie e straordinarie guarigioni, di colline gremite di gente in ascolto e ritiri solitari in preghiera, di incontri-scontri con leader e intellettuali che non possono prendere le misure a quel Nazareno, che ignora l’amore dovuto a Dio per antica legge e predica una nuova legge dell’amore che osa… chiamare Dio “Papà”. Tre anni che confluiscono in quella ultima, frenetica parabola dentro e fuori le mura di Gerusalemme: centoquaranta ore perché gli osanna dissolvano in insulti, le palme levate con gioia in alto calino come sferze e chiodi su un re appeso come l’ultimo dei criminali. Poche storie vere o inventate possono vantare la potenza degli eventi che scandiscono la Settimana Santa e la densità spirituale che quegli eventi significano per un cristiano. Il Gesù Re che entra acclamato e va al Tempio per lodare Dio, spiega il Papa, passa dalla gioia all’ira contro chi nel Tempio lucra sulla fede. Ma passare dallo sbaragliare i mercanti al guarire in quello stesso luogo ciechi e storpi è già un primo esempio, in quei giorni di passioni umane e Divina Passione, di come per Cristo l’amore copra e superi tutto:
“Egli non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti agli estremi della loro vita e al margine della società. Gesù mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell’amore. E così dice a noi che cosa per sempre farà parte del giusto culto di Dio: il guarire, il servire, la bontà che risana”. (16 marzo 2008)
Eppure, nel giro di qualche giorno quella bontà verrà inchiodata sul patibolo e coperta d’infamia. In pochi, al momento sanno comprendere la portata di quel primo martirio. “Con la Croce – ripete Benedetto XVI – Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini. Ora essa è aperta” e interpella ogni uomo, non importa se credente, con queste parole: “Se la Parola di Dio e il messaggio della Chiesa ti lasciano indifferente – allora guarda a me, al Dio che per te si è reso sofferente, che personalmente patisce con te – vedi che io soffro per amore tuo e apriti a me e a Dio Padre”:
“A volte vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente leggero. È anzi tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando poi a Lui che ha portato tutto – che su di sé ha provato l’obbedienza, la debolezza, il dolore, tutto il buio, allora questi nostri lamenti si spengono. Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo Lui, e con Lui diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo apparentemente pesante”. (5 aprile 2007)
E’ in particolare ai sacerdoti che sono rivolte queste parole, ha affermato il Papa nell’esprimerle durante la Settimana Santa di tre anni fa. Come sono certamente i sacerdoti tra i primi ad essere sollecitati dal Salmo 24 che viene cantato nella Domenica delle Palme. Strofe che affermano che sale a Dio chi ha “mani innocenti e cuore puro”:
“Mani innocenti – sono mani che non vengono usate per atti di violenza (…) Cuore puro – quando il cuore è puro? È puro un cuore che non finge e non si macchia con menzogna e ipocrisia. Che rimane trasparente come acqua sorgiva, perché non conosce doppiezza. È puro un cuore che non si strania con l’ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento”. (1 aprile 2007)
Guardando alla sommità della Croce, Gesù “ci insegna – soggiunge il Papa – ad alzare gli occhi”, ma “soprattutto il cuore”:
“A sollevare lo sguardo, distogliendolo dalle cose del mondo, ad orientarci nella preghiera verso Dio e così a risollevarci (…) Preghiamo che attraverso gli occhi non entri in noi il male, falsificando e sporcando così il nostro essere. Ma vogliamo pregare soprattutto per avere occhi che vedano tutto ciò che è vero, luminoso e buono; affinché diventiamo capaci di vedere la presenza di Dio nel mondo”. (10 aprile 2009)
La lunga Via Crucis che in modo imperscrutabile si snoda verso il Golgota fin già dagli entusiasmi che avvolgono Cristo dal suo ingresso regale a Gerusalemme è, spiega Benedetto XVI, un “percorso penitenziale che ogni cristiano vive immergendosi nelle scene della Passione di Cristo” e che deve portare ad un momento di conversione e di riconciliazione con Dio, attraverso il Sacramento della Penitenza:
“Prepararsi alla Pasqua con una buona confessione resta un adempimento da valorizzare a pieno e ci offre la possibilità di ricominciare di nuovo la nostra vita, di avere realmente un nuovo inizio nella gioia del Risorto e nella comunione del perdono datoci dal Risorto”. (12 aprile 2006)