“La croce interpella ogni cristiano e in modo particolare te”. Il Vescovo Trasarti nell’ordinazione di P. Mario, monaco di Fonte Avellana

(testo integrale dell’omelia) Signore, Tu mi chiami ed io ho paura di dire di “sì”, Tu mi vuoi, ed io cerco di sfuggirti, Tu mi domandi di entrare nella mia vita, ed io spesso, a volte senza accorgermi, mi rifiuto. Questo accade anche perché io non vedo chiaro tutto quello che Tu attendi da me. Tu attendi un dono completo. Io a volte vorrei anche farlo, ma poi mi “perdo”  e prendo altre strade, considerando troppo quello che devo abbandonare. Intanto Tu aspetti…  Sono incerto… Signore dammi la forza di non rifiutarti. Eccolo lì Geremia… come ognuno di noi… unico e irripetibile, eterno e desiderato, conosciuto e consacrato nei disegni di Dio. Una predestinazione, una chiamata. L’idea di esserci, non come spettatore passivo, ma come ingranaggio fondamentale della grande macchina della vita.

Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; bastano solo poche parole ed ecco il miracolo dell’esistenza. Quale calore e avvolgente tenerezza; quale mistero di indicibile grazia; quale rivelazione e imperscrutabile verità prendono fuoco in questi versi. Ogni vero profeta ha viva coscienza che è solo uno strumento, che le parole da lui proferite sono nello stesso tempo sue e non sue. Egli ha la convinzione irremovibile di aver ricevuto una parola di Dio e di doverla comunicare.

Una delle virtù che oggi abbiamo più bisogno di coltivare è la fortezza. Siamo infatti fragili, deboli, assaliti spesso da mille paure, indecisi, timidi. Spesso questa paura ci impedisce di compiere ciò che pure valutiamo come buono e giusto, conducendoci ad agire conformistico…  Il credente non deve fare mai affidamento nelle proprie forze quando si trova in difficoltà. In mille modi è ripetuto dalla Scrittura che il Signore è la roccia (cfr Sal 62,3; Is 26,4), è Lui la nostra fortezza (cfr Es 15,2; Sal 48,4).

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

Nell’inviare gli apostoli in missione Gesù traccia il profilo del buon missionario. In parte il quadro che ne esce corrisponde allo statuto del pellegrino che nel suo muoversi si affida interamente all’ospitalità e perciò percorre il suo itinerario con cuore così leggero e spedito da disfarsi perfino di alcuni elementi di equipaggiamento che sembrerebbero necessari. Importante è che sia ben provvisto l’equipaggiamento interiore: sgombro da ogni preoccupazione materiale, l’animo del missionario deve ardere di misericordia per i sofferenti e di passione per il regno dei cieli. La mente deve essere tutta assorbita nel disegno di Dio. In questa disposizione interiore il distacco dai beni materiali si arricchisce nel distacco da sé che è la scaturigine della gratuità. Lo scambio gratuito a cui viene fatto di pensare leggendo queste parole è l’operazione base dell’economia spirituale e abbraccia e coinvolge l’intero quadro della storia della salvezza.

Dono gratuito è la creazione dell’uomo in vista di Gesù Verbo incarnato, dono è la Croce sulla quale Gesù Salvatore ha portato il peccato e il dolore dell’uomo, dono è la risurrezione del corpo del Signore grazie alla quale Gesù uomo-Dio vive eternamente nella Trinità, dono è la Chiesa ossia Gesù Cristo presente e incontrabile sulla terra. Dio ha amato l’uomo in un modo che è tutto estraneo alla necessità e, al contrario, totalmente interno alla gratuità. Dono è la misericordia di Dio. Dono è l’Eucaristia. Dono è la fede. Dono è la grazia. C’è qualcosa nella vita di fede che dalla parte di Dio e dalla parte nostra possa sussistere fuori della gratuità?

“Se Dio ci ama tanto, al punto da farci suoi figli, che cosa potremmo volere di più? Se Dio mi ama e mi chiama figlio, tutto il resto per me ha poco valore.

Senz’altro, nessuna sofferenza, nessuna fatica, nessun sacrificio, neppure la morte, possono togliermi questa gioia interiore, questa felicità serena e sicura di sapere che sono figlio di Dio, e che lui mi ama. Allora comincio a capire meglio perché Gesùmolte volte ha detto ai suoi discepoli: Non abbiate paura!”.  (Card. Claudio Hummes)

Il dovere più dolce.

“Dio ha in noi il suo vivo strumento, il suo ministro, perciò il suo interprete, l’eco della sua voce; il suo tabernacolo, il segno storico e sociale della sua presenza nell’umanità; il focolare ardente d’irradiazione del suo amore per gli uomini. Questa fatto prodigioso comporta un dovere, il primo e il più dolce della nostra vita sacerdotale: quello dell’intimità con Cristo, nello Spirito Santo, e perciò con te , o Padre (Gv 16,27); quello cioè di una autentica e personale vita interiore, non solo gelosamente custodita nel pieno stato di grazia, ma altresì volontariamente espressa in un continuo atto riflesso di consapevolezza, di colloquio, di amorosa, contemplativa sospensione. La ripetuta parola di Gesù nell’ultima cena: “manete in dilectione mea” (Gv 15,9; 15,4; ecc) è per noi. In questo anelito di unione con Cristo e con la rivelazione, da Lui aperta sul mondo divino ed umano, è il primo atteggiamento caratteristico del ministro fatto rappresentante di Cristo”

(Paolo VI . Ordinazione di duecento presbiteri e diaconi, Bogotà, 22 agosto 1968).

Carissimo Mario, nella cornice di questa splendida e millenaria Basilica dedicata alla Santa Croce, non posso non ricordarti che “per crucem ad lucem”, lo dice la fede pasquale e noi tutti ne siamo testimoni, anche tu Mario non dimenticarlo mai, la croce interpella ogni cristiano e in particolar modo te come discepolo del Signore.

A Maria Santissima che stava sotto la croce, affido la tua vita di monaco e di presbitero, la sua materna intercessione ti custodisca e ti protegga sempre. Cosi sia.

✠Armando Trasarti
Vescovo di Fano Fossombrone Cagli Pergola