Don Matteo: “I giovani hanno desiderio del sacro ma non trovano la Chiesa Cattolica competente per rispondere a tale bisogno”

Increduli
Il termine incredulità – che indica: decisione di non credere, diffidenza, semplice mancanza della fede, resistenza ad accogliere qualcosa come vero –  è, a mio avviso, in grado di restituirci il meno approssimativamente possibile ciò che numerose rilevazioni sociologiche ci consegnano in riferimento al rapporto dei giovani con la fede cristiana. Risalgono all’ultimo anno tre istruttive indagini sulla fede/non fede dei giovani.
L’indagine che ha suscitato molto scalpore è quella realizzata a marzo 2010, su commissione del Servizio per il progetto culturale della Diocesi di Novara, dall’Istituto Iard, con la quale si è provato ad aggiornare un’altra indagine realizzata dal medesimo istituto di ricerca nel 2004 e pubblicata nel 2006. Ciò ha permesso una comparazione tra i dati. La pubblicazione completa della ricerca del marzo 2010 è stata annunciata per il mese di settembre 2011, ma i dati più rilevanti sono stati pubblicamente diffusi e rilanciati dalle maggiori testate nazionali. Essi sono:
– i giovani italiani che si dichiarano cattolici sono oggi poco più della metà della popolazione totale (circa 8.000.000), con un decremento netto rispetto al 2004 del 14% (in termini assoluti circa 1.100.000);
– rimane uno zoccolo duro di cattolici praticanti molto convinti (intorno al 12% della popolazione giovanile totale),
– aumenta di poco, tre punti percentuali, il numero di giovani che si dichiara non credente/agnostico;
– oltre l’80% dei giovani evidenza un’attenzione verso il sacro;
– diminuisce in generale la partecipazione alla S. Messa, anche a quella di Natale e di Pasqua;
– diminuisce la fiducia nella Chiesa come istituzione e nei suoi rappresentanti ufficiali (buona eccezione: i frati francescani);
– aumenta la partecipazione a eventi più occasionali: pellegrinaggi, feste patronali, convegni culturali;
– si riscontra una certa “confusione sotto il cielo” per quel che riguarda ciò che teologicamente si definisce la fides quae.
Una seconda molto interessante analisi del rapporto giovani e fede è stata condotta dall’Osservatorio Socio-religioso Triveneto su un campione di 72 giovani della Diocesi di Vicenza. È un’indagine a carattere qualitativo e quindi con risposte aperte. Il tutto è ora finito in un possente volume dal titolo C’è campo? Giovani, spiritualità e religione. Il dato più interessante della ricerca è l’inedito allineamento dei comportamenti delle giovani donne, in termini di disaffezione alla pratica della fede, a quelli dei coetanei maschi
L’ultima indagine, che è bene aver presente, ha un respiro più ampio: non è rivolta solo al mondo dei giovani ma al più generale contesto della popolazione italiana. Commissionata dalla rivista il Regno al prof. Paolo Segatti dell’Università degli Studi di Milano, offre tre evidenze in merito alla fascia giovanile, che merita citare in modo diretto:
– «La tendenza comune a ogni aspetto dell’identità religiosa è che i giovani, in particolare quelli nati dopo il 1981, sono tra gli italiani quelli più estranei a un’esperienza religiosa. Vanno decisamente meno in Chiesa, credono di meno in Dio, pregano di meno, hanno meno fiducia nella Chiesa, si definiscono meno come cattolici e ritengono che essere italiani non equivalga a essere cattolici».
– «Lo scarto tra la generazione del 1981 […] e la precedente nella propria adesione alla religione, segnatamente alla confessione cattolica, è così forte da non consentire di rubricarlo in una sorta di dimensione piana, in un processo dolce e lineare di secolarizzazione». 
– «Accanto allo scarto generazionale va poi richiamata la riduzione sostanziale della differenza di genere. Non vi sono differenze sostanziali tra gli uomini e le donne».
L’uso della parola “estraneità” per indicare l’atteggiamento complessivo dei giovani rispetto all’esperienza di fede cristiana – non al sacro, non al trascendente – ovviamente colpisce molto. Cioè: non accetterebbero di essere definiti atei solo perchè non cattolici. Il punto che ci interroga è il fatto che pur sentendo il bisogno di un sacro – ma fino a quando? – non ritengono la Chiesa cattolica competente al riguardo.