Decreta infatti l’imporsi di una prassi adulterata di adultità, connotata da una scarsa autorevolezza, da un continuo scimmiottamento dei più giovani nel modo di vestire e di parlare, da un’impossibile lotta contro l’avanzata del tempo con interventi di chirurgia estetica, trucchi, mistificazioni di ogni tipo, da un diffuso cinico narcisismo, da un attaccamento patologico a poltrone e a posti di prestigio quali fonti di energia alternativa a quella naturale che se ne va via, da un più generale a-moralismo, forma degenerativa del più noto principio del “politicamente corretto”.
Questa nuova condizione degli adulti attiva poi in loro un rischiosissimo dispositivo di invidia: invidiano terribilmente i giovani, per l’obiettivo vantaggio che hanno nella corsa verso il paradiso della giovinezza. Ed è questa invidia dell’universo giovanile che ne decreta infine il suo destino di invisibilità e di conseguente marginalizzazione: nessuno può sopportare la vista di colui che è oggetto della sua invidia, non vuole (non riesce a) vederlo o vuole vederlo al limite come tolto dalla sua vista.
È ovvio a questo punto il motivo per il quale normalmente i giovani disertino i luoghi “adulti”: che cosa avrebbero da apprendere da loro, nella misura in cui gli adulti fanno di tutto per annullare quella differenza che l’età, l’esperienza, la consapevolezza della fine dovrebbe alimentare e che costituisce la condizione di ogni autentico dialogo educativo? Se negli adulti non vi è altro da cogliere che una corsa continua verso un’impossibile giovinezza, essi non hanno nulla di interessante da offrire al mondo dei giovani, sperimentando essi stessi sul vivo cosa sia la giovinezza.
Perché i giovani amano la notte? Perché finalmente gli adulti sono fuori dalla scena. Perché amano internet? Perché è troppo veloce per chi è nato prima del 1981.
E risulta ovvio a questo punto anche il senso della trasgressione del mondo giovanile: se il modo e lo spazio classico della giovinezza è invaso dai loro genitori, non sono costretti a inventarsi un modo altro di essere giovane, trasgressivo? Come potrebbero difendere il loro non essere giovani rispetto a quello dei loro genitori, se non attraverso una forma trasgressiva di giovinezza?
È proprio la perdita di amore per l’età adulta che blocca ogni forma di dialogo educativo. Quale punto d’arrivo dovrebbe avere un giovane, nel suo cammino, se gli adulti rifiutano di essere tale punto d’arrivo?
Dobbiamo pure sottolineare il fenomeno molto diffuso della tristezza degli adulti, una tristezza che si manifesta come costante nervosismo, fretta, sfiducia negli altri, aggressività. Questa tristezza è molto pericolosa: un giovane guarda i propri adulti e dice: crescere significa dunque diventare così!
Il incessante dolore del non essere più giovani da parte degli adulti è l’emergenza educativa. Perché un giovane dovrebbe desiderare di entrare in questo club di sfigati che siamo noi adulti?
In ogni caso questo vulnus dell’immaginario collettivo circa il valore e la prassi dell’adultità chiama in causa la comunità dei credenti: qui deve giocare la sua fedeltà a quell’invito del Signore Gesù a cercare innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia. Siamo davvero di fronte a una situazione di impasse della nostra società, che richiede un atteggiamento di autentica profezia, sia in relazione alle strategie e priorità della gestione delle risorse pubbliche sia in relazione al modo con cui gli adulti interpretano maldestramente e irresponsabilmente il loro ruolo all’interno della società. I giovani, d’altro canto, sono numericamente assai pochi e quindi bisognano di alleati per riuscire a cambiare il trend recente che appunto li destina ad assaporare continuamente il gusto amaro di una società che ne decreta a sufficienza l’inessenzialità. L’invisibilità.