(testo integrale) Il 27 settembre si celebra la Giornata Mondiale del Turismo, promossa dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), a cui la Santa Sede ha aderito fin dalla sua prima edizione nel 1980. Il tema di quest’anno, Turismo e avvicinamento delle culture, intende sottolineare l’importanza dei viaggi nell’incontro fra le diverse culture del mondo, specialmente in questi tempi in cui più di novecento milioni di persone compiono viaggi internazionali, agevolati dai moderni mezzi di comunicazione e dalla riduzione dei costi.
In questo modo, il turismo si presenta come una “attività che abbatte le barriere che separano le culture e promuove la tolleranza, il rispetto e la mutua comprensione. Nel nostro mondo, spesso diviso, questi valori rappresentano le fondamenta di un futuro più pacifico”.1
Partendo da un concetto ampio di cultura che abbraccia, oltre alla storia o al patrimonio artistico ed etnografico, anche gli stili di vita, le relazioni, le credenze e i valori, non solo affermiamo l’esistenza della diversità culturale, ma, in linea con il Magistero della Chiesa, la valutiamo anche come un fatto positivo. Perciò, “occorre fare in modo che le persone accettino non soltanto l’esistenza della cultura dell’altro – come afferma Benedetto XVI -, ma desiderino anche riceverne un arricchimento”,2 accogliendo ciò che questa ha di buono, di vero e di bello.
Per raggiungere tale obiettivo, il turismo ci offre tutte le sue possibilità. Il Codice Etico Mondiale per il Turismo afferma al riguardo che “praticato con la necessaria apertura di spirito, costituisce un fattore insostituibile di autoeducazione personale, di mutua tolleranza e di accostamento alle legittime differenze tra popoli e culture, e alle loro diversità”.3 Ciò può favorire, per sua natura, sia l’incontro che il dialogo, giacché mette in contatto con altri luoghi, altre tradizioni, altri modi di vivere, altre forme di vedere il mondo e di concepire la sua storia. Per tutto questo, il turismo è certamente un’occasione privilegiata.
Per dialogare, tuttavia, la prima condizione è di saper ascoltare, di voler essere interpellati dall’altro, di voler scoprire il messaggio che si cela in ciascun monumento, in ogni manifestazione culturale, su una base di rispetto, senza pregiudizi né esclusioni, evitando letture superficiali o parziali. Così, è tanto importante “saper accogliere” come “saper viaggiare”. Ciò implica che le attività turistiche vanno organizzate con riguardo verso le peculiarità, le leggi e i costumi dei paesi di accoglienza, per cui i turisti, prima della loro partenza, dovranno raccogliere informazioni sulle caratteristiche del luogo che intendono visitare. Allo stesso modo, le comunità che ricevono e i professionisti del turismo dovranno conoscere le forme di vita e le aspettative dei turisti che li visitano.4
Partendo dal fatto che ogni cultura racchiude in se stessa certi limiti, l’incontro con culture diverse permette un arricchimento della propria realtà. In questo senso si esprimeva il beato Giovanni Paolo II quando affermava che “la ‘differenza’, che alcuni trovano così minacciosa, può divenire, mediante un dialogo rispettoso, la fonte di una più profonda comprensione del mistero dell’esistenza umana”.5
Un obiettivo della pastorale del turismo sarà certamente quello di educare e preparare i cristiani affinché l’incontro delle culture, che può realizzarsi nei viaggi, non sia un’opportunità persa, ma serva come arricchimento personale, che aiuti a conoscere l’altro e a conoscere se stessi.
In questo dialogo, che è frutto dell’avvicinamento delle culture, la Chiesa ha molto da offrire. “Anche in campo culturale – segnala Benedetto XVI -, il Cristianesimo ha da offrire a tutti la più potente forza di rinnovamento e di elevazione, cioè l’Amore di Dio che si fa amore umano”.6 Inteso nel senso ampio sopra evidenziato, è immenso il patrimonio culturale che nasce dall’esperienza della fede, dall’incontro fra la cultura e il Vangelo, frutto del profondo vissuto religioso della comunità cristiana. Certamente, queste opere d’arte e di memoria storica hanno un enorme potenziale di evangelizzazione, in quanto si inseriscono nella via pulchritudinis, il cammino della bellezza, che “è un percorso privilegiato e affascinante per avvicinarsi al Mistero di Dio”.7
Obiettivo prioritario della nostra pastorale del turismo deve essere quello di mostrare il vero significato di tutto il retaggio culturale, nato nel calore della fede e per la gloria di Dio. In questa linea, ancora risuonano le parole del beato Giovanni Paolo II agli operatori pastorali del turismo: “Voi cooperate alla formazione dello sguardo che è un risveglio dell’anima alle realtà dello spirito, aiutando i visitatori a risalire fino alle sorgenti della fede che ha fatto sorgere questi edifici, e rendendo visibile la Chiesa di pietre viventi che formano le comunità cristiane”.8 È quindi importante che presentiamo questo patrimonio nella sua autenticità, mostrandolo nella sua vera natura religiosa, inserendolo nel contesto liturgico in cui nacque e per cui nacque.
Poiché siamo coscienti che la Chiesa “esiste per evangelizzare”,9 dobbiamo domandarci costantemente: come accogliere le persone nei luoghi sacri in modo che ciò le aiuti a conoscere e amare di più il Signore? Come facilitare un incontro fra Dio e ciascuna persona che giunge lì? Per prima cosa bisogna sottolineare l’importanza di un’accoglienza adeguata, “che tenga conto dello specifico di ciascun gruppo e di ciascuna persona, delle attese dei cuori e dei loro autentici bisogni spirituali”,10 e che si manifesta in diversi elementi: dai più semplici dettagli fino alla disponibilità personale all’ascolto, passando per l’accompagnamento nel tempo della loro presenza.
A tale riguardo, e con l’obiettivo di favorire il dialogo interculturale e porre il nostro patrimonio culturale al servizio dell’evangelizzazione, è conveniente adottare una serie di iniziative pastorali concrete. Esse devono integrarsi in un programma ampio di interpretazione che, insieme a un’informazione di tipo storico-culturale, mostri in forma chiara e accessibile l’originale e profondo significato religioso di tali manifestazioni culturali, utilizzando risorse moderne e attraenti e approfittando delle risorse personali e tecnologiche a disposizione.
Fra le proposte concrete c’è l’elaborazione di itinerari turistici che offrano la visita ai luoghi più importanti del patrimonio religioso-culturale della diocesi. Insieme a ciò, si deve favorire un ampio orario di apertura e disporre di una struttura di accoglienza adeguata. Su questa linea è importante la formazione spirituale e culturale delle guide turistiche, mentre si può studiare la possibilità di creare organizzazioni di guide cattoliche. È opportuno anche elaborare “pubblicazioni locali sotto forma di dépliant turistici, di pagine web o di riviste più specializzate sul patrimonio, con l’intento pedagogico di mettere in evidenza l’anima, l’ispirazione e il messaggio delle opere, e con un’analisi scientifica volta alla comprensione profonda dell’opera”.11
Non possiamo rassegnarci a concepire la visita turistica come una semplice pre-evangelizzazione, ma dobbiamo avvalercene come piattaforma per realizzare l’annuncio chiaro ed esplicito di Gesù Cristo.
Colgo questa occasione per annunciare ufficialmente la celebrazione del VII Congresso Mondiale di Pastorale del Turismo, che si terrà, se Dio vorrà, a Cancún (Messico), la settimana dal 23 al 27 aprile 2012. Tale evento, organizzato dal nostro Pontificio Consiglio, in collaborazione con la Conferenza Episcopale Messicana e la prelatura di Cancún-Chetumal, sarà certamente un’importante opportunità per continuare ad approfondire le proposte concrete che la pastorale del turismo esige nel tempo presente.