Tre testimonianze non lontane da quella che può essere l’esperienza di molti ed una riflessione sull’essenzialità dell’annuncio: Cristo. Questo è quanto si è vissuto domenica 20 ottobre, presso la basilica… di San Paterniano in Fano, in occasione del conferimento del mandato missionario da parte del vescovo Armando ai catechisti ed operatori pastorali della Diocesi. Un appuntamento che è ormai percepito come punto di partenza di ogni azione pastorale e che permette di sentirsi inviati e sorretti da tutta la comunità cristiana diocesana, senza lasciare spazio alle “autocertificazioni”, spesso fuorvianti e pericolose.
«Essere catechisti e non fare i catechisti, questa è la vera vocazione che coinvolge tutta la nostra vita. – ha esordito il Vescovo durante l’omelia, analizzando quelle che all’apparenza possono sembrare solo semplici sfumature – San Francesco di Assisi diceva ai suoi frati che bisogna sempre predicare il Vangelo e, se necessario, utilizzare anche le parole». Un chiaro invito ad essere testimoni, prima ancora che insegnanti o efficaci oratori. «Facciamo in modo che la gente veda il Vangelo nella nostra vita. Essere catechisti chiede amore a Cristo, al suo popolo. Un amore che viene da Cristo e che pertanto ci spinge a ripartire proprio da lui, da questo amore che ci viene donato». Ripartire da Cristo si concretizza vivendo una familiarità del rapporto con esso, imitandolo nell’uscire da sé per aprirsi all’altro, senza la paura di andare, con lui, nelle “periferie”.
In tutto questo, però, non dobbiamo sentirci soli o agire come se fossimo tali: «Gesù non dice: andate ed arrangiatevi. Piuttosto ci ricorda che Lui è con noi: questa è la nostra forza – ha sottolineato il Vescovo, per poi dare alcuni semplici atteggiamenti per gli operatori della pastorale – Primato della testimonianza, urgenza di andare incontro, progettazione pastorale incentrata sull’essenziale. Ciò di cui abbiamo bisogno, soprattutto in questi tempi, è la presenza di testimoni credibili che, con la vita e anche con la parola, rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù, per la bellezza di Dio. Dobbiamo spogliarci di cose inutili e dannose, di false sicurezze mondane che appesantiscono la Chiesa e danneggiano il suo volto».
Gli stessi racconti di Riccardo, della comunità di San Costanzo, che ha vissuto la GMG a Rio de Janeiro, di Filippo che, assieme al Centro Missionario Diocesano, è partito alla volta di Kipsing o di Laura, da oltre dieci anni al servizio della Caritas diocesana, hanno fornito la prova concreta che ripartire dalla semplicità è possibile ed estremamente importante per qualsivoglia iniziativa pastorale. Occorre dunque ripartire da Cristo, testimoniandolo con la vita, ricordando che la migliore eredità che possiamo donare non è altro che la nostra fede.
Matteo Itri