“Viene al mondo tra le pieghe e le piaghe della vita”. Omelia del Vescovo Armando nel giorno del Santo Natale

“La Parola fatta carne ha posto la sua tenda in mezzo a noi”.
Da allora, nella casa-oikos dilacerata, umiliata, sfruttata, che geme e chiede di essere risanata, risplende ed è glorificata la Parola creatrice. Nella storia umana intrisa di sangue e di violenza, terra sterile che… implora di essere di nuovo feconda. Nei nostri corpi ansiosi di amore e di tenerezza.
Oggi contempliamo tutto l’amore di un Dio che si fa vicino e che nella sua misericordia sceglie di entrare nella storia degli uomini per accompagnarli e per prenderli per mano.

La Parola fatta carne in Gesù di Nazaret risana, feconda, accende luci e germina fiori di speranza, ci rassicura: l’amore e la tenerezza di Dio sono eterni.
Perché Dio è venuto tra noi? Che cosa ha mosso Dio a scendere fra di noi? Perché è venuto pur sapendo quale accoglienza gli sarebbe stata riservata?

Quante maschere sono state poste sul volto di Dio! Si è creduto che fosse vendicativo e violento, che ordinasse guerre e sterminasse i nemici; si è pensato a lui come al giudice severo che guarda con favore coloro che obbediscono ai suoi comandi, ma odia e castiga chi non gli è fedele; lo si è immaginato come il giustiziere che attende per la resa dei conti. Un Dio così può essere temuto, ma non amato, e per l’innamorato è insopportabile l’idea che la persona che ama si sia fatta di lui un’immagine falsa.
Per smentire tutte le menzogne che erano state raccontate su di lui, Dio non aveva altra scelta che venire nel mondo, non per riparare il “peccato originale”, ma per mostrare il suo vero, affascinante volto. In Gesù di Nazaret si è fatto uno di noi e, sulla croce, ha rivelato fin dove giunge il suo amore incondizionato per l’uomo. Non è stato riconosciuto – e c’era da aspettarselo – perché era troppo diverso da come era stato immaginato.
Tenebre e luce: sembrano queste le caratteristiche del nostro mondo come pure delle esperienze che si intrecciano nel cuore delle persone mentre si celebra il Natale.

Le tenebre non hanno compreso/accolto la luce e l’hanno rifiutata, tuttavia non sono riuscite a vincerla. Gli uomini possono rifiutare la luce, non spegnerla.
Una tradizione ebraica racconta di alcuni giovani, che chiedono a un vecchio Rabbino quando sia cominciato l’esilio d’Israele. “L’esilio di Israele – risponde il Maestro – cominciò il giorno in cui Israele non soffrì più del fatto di essere in esilio”. L’esilio non comincia quando si lascia la patria, ma quando non c’è più nel cuore la struggente nostalgia della patria. L’esilio è di chi ha dimenticato il destino, la meta più grande, il cielo del desiderio e della speranza.

Malattia mortale è l’illusione di sentirsi arrivati e soddisfatti, compiuti nella propria vicenda. Si è morti quando il cuore non vive più l’inquietudine e la passione del domandare, il desiderio del cercare.
Natale è gioia e tormento. Dio atterra sul Pianeta, ma evita la città. Nasce fuori, ai margini, in periferia, dove meno lo si aspetta. Per incontrarlo occorre uscire da sé e da abitudini consolidate. Dio delude quanti hanno dimestichezza con il sacro. Nasce nel corso di un censimento, nel trambusto di un viaggio, tra gli odori acri di una stalla. Viene al mondo tra le pieghe e le piaghe della vita. Lo si vorrebbe potente, invece nasce in una mangiatoia. Lo si crede giudice, invece sa solo perdonare. Lo si vuole giusto, invece paga tutti con la stessa moneta, tanto coloro che hanno sostenuto il peso di tutto il giorno, come quegli altri che hanno faticato solo per un’ora. Lo si pensa come un Dio copertina, invece ama il silenzio e la semplicità. Dopo trent’anni di silenzio salva l’umanità sostituendosi sul patibolo al peccato di tutti e di ciascuno.

La vita di Dio è raccontata dalla vita di un uomo, Gesù.

Dio non ci seduce per la sua onnipotenza, l’eternità o l’onniscienza, ma con il volto di Gesù, con il suo modo unico di amare, incontrare, guarire, allietare, consolare la vita. Questa bellezza fa nascere cristiani cercatori d’oro. (E.M. Ronchi).
Da tempo il mondo occidentale respira disinteresse per la fede. Larghe fette di popolazione si dicono indifferenti, se non ostili. Ma una simile denuncia è spesso un velato grido di aiuto.

La creatura che prende le distanze dal creatore in realtà chiede di essere cercata e ritrovata. Così il silenzio del cuore può diventare provvidenziale se vissuto come un tempo di purificazione.

Saggezza è trasformare l’indifferenza e la freddezza in un tempo di grazia, lasciando che Dio entri e popoli gli angoli più oscuri dell’anima. Dio si rivelerà Signore se gli si permetterà di riordinare casa e di mettere a punto il cuore.

Il mondo tende a bastare a se stesso o a progettare proprie strade di salvezza. Oggi l’occidente cristiano riserva alla Buona Novella il medesimo rifiuto mostrato a Gesù dai Farisei.

Il Vangelo continua a offrire opportunità di conversione. Quanti ne ascoltano i richiami respirano luce e ricchezza interiore. “Temo Gesù che passa, temo che passi e io non me ne accorga” (S. Agostino)Sì, abbiamo bisogno del Salvatore, di Gesù.
“Mentre un profondo silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal cielo si lanciò in mezzo a quella terra” (Sap 18,15).Questo silenzio avvolge le nostre persone e le nostre storie per ricapitolare tutto in Cristo.
Natale ci ricorda che “tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio”, come dice il Salmo responsoriale della Messa del Giorno. L’abbiamo veduta e udita, l’abbiamo toccata con mano, l’abbiamo contemplata, come dice Giovanni, per essere in comunione con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo (1 Gv 1,1-4. E’ questa la nostra gioia, è queto il nostro Natale.

Oratio
Signore nostro Dio! Quando la paura ci prende, non lasciarci disperare! Quando siamo delusi, non lasciarci diventare amari! Quando siamo caduti, non lasciarci a terra! Quando non comprendiamo più niente e siamo allo stremo delle forze, non lasciarci perire! No, facci sentire la tua presenza e il tuo amore che hai promesso ai cuori umili e spezzati che hanno timore della tua Parola.
E’ verso tutti gli uomini che è venuto il tuo Figlio diletto, verso uomini abbandonati: poiché lo siamo tutti, egli è nato in una stalla e morto sulla croce. Signore, destaci tutti e tienici svegli per riconoscerlo e confessarlo.
Pensiamo a tutta l’oscurità e a tutte le sofferenze di questo nostro tempo, agli errori e ai numerosi malintesi con i quali ci tormentiamo gli uni gli altri, a tutti i pesi che tante persone devono portare senza conoscere consolazione, a tutti i gravi pericoli che minacciano il mondo senza che si sappia come affrontarli.
Pensiamo ai malati, agli alienati, ai poveri, agli esiliati, agli oppressi, alle vittime dell’ingiustizia, ai bambini che non hanno genitori o che non hanno dei buoni genitori.
Pensiamo a tutti quelli che sono chiamati a servire: alle autorità del nostro paese e di tutti i paesi; ai giudici e ai funzionari, agli insegnanti e agli educatori, agli scrittori e ai giornalisti, ai medici e agli infermieri, ai ministri della tua Parola, che Ti servono, vicini e lontani.
Pensiamo a loro pregandoTi di far brillare su di loro e su di noi la luce di Natale, di renderla ancora più brillante affinché  vi trovino – e noi con loro – il soccorso di cui hanno bisogno.

Vieni a salvarci, o Signore nostro Dio”, vieni a guarirci, a redimerci, a proteggerci dai pericoli e dalla rovina.  Amen.

+ Armando vescovo