Quale cultura della cittadinanza attiva

14.44ftScuolaFormazione“Quale cultura della cittadinanza attiva”. Se ne è parlato venerdì 5 dicembre nell’incontro che ha concluso il primo anno della Scuola di Formazione all’impegno sociale e politico organizzata dall’Ufficio Pastorale per i problemi sociali e il lavoro in collaborazione con Acli Pesaro-Urbino, la Caritas diocesana e l’Azione Cattolica diocesana. Gabriele Darpetti, direttore dell’Ufficio Pastorale per i problemi sociali e il lavoro, nell’introdurre la serata, ha ripercorso le tematiche principali degli incontri di questo primo anno. La parola è poi passata al prof. Roberto Mancini, ordinario di Filosofia teoretica all’ Università di Macerata e docente di Economia umana nell’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera Italiana a Mendrisio, il quale, nell’offrire una lettura del nostro presente proprio in merito alla cittadinanza attiva, è partito dalle parole globalizzazione e mercato. “Globalizzazione – ha precisato Mancini – significa estendere, su scala mondiale, i meccanismi del mercato, sostantivo quest’ultimo dai molteplici significati. Il mercato globalizzato non è altro che una guerra generalizzata dove emerge chi ha sconfitto il concorrente con ogni mezzo. Inoltre, si parla anche spesso di mercato che ha un cuore finanziario ovvero un’economia finanziarizzata. Il mercato – ha proseguito Mancini – è diventata una visione, una cultura che ormai ci portiamo nel sangue”.

Ribadendo l’attenzione al significato delle parole che utilizziamo, Mancini si è soffermato su tre sostantivi in particolare ovvero crisi, riforme e crescita. “La crisi, che sembra solo un incidente di percorso, in realtà significa declino dell’egemonia europea. Ormai il nostro continente non è più al centro del mondo, poiché i rapporti di forza si sono spostati a favore dei Paesi del sud est asiatico. Le riforme, in realtà, sono tagli alla democrazia poiché, altrimenti, lo Stato non risulta abbastanza competitivo. E’ necessario – ha sottolineato il prof. Mancini – riportare il mercato sotto il controllo democratico perché diventi uno strumento al servizio del bene comune. Infine, la crescita che in realtà è solo crescita del tasso di profitto che, nelle nostre tasche, porta solo briciole”. Mancini ha, però, nonostante questo contesto non proprio roseo, evidenziato anche qualcosa di positivo, come ad esempio la crescita, nel nostro Paese, delle reti di associazioni e movimenti, soggetti sociali di partecipazione democratica dal basso. “Tutte queste esperienze, collaborando, possono costruire – ha sottolineato Mancini – una corresponsabilità a livello mondiale, creando la cultura dell’interdipendenza”. Parlando, poi, di cittadinanza, il professore ha evidenziato che sta dentro la politica, che nel suo significato più autentico, è cura del bene comune di cui i cittadini sono soggetti protagonisti.