“L’approccio multidisciplinare è necessario per capire la realtà del Medio Oriente”

memo«Dire che i fanatici islamici siano violenti e sanguinari è quantomeno un giudizio affrettato», senza troppi giri di parole, la giornalista Farian Sabahi ha cassato in questo modo uno dei pensieri più dilaganti in questo frangente storico in cui dal Medio Oriente sembrano arrivare solo notizie di morte, soprattutto proprio in questi giorni. Durante l’incontro dal titolo Religioni e violenza, quale dialogo possibile in Medio Oriente?, tenutosi domenica 4 gennaio presso la mediateca “Montanari” di Fano e promosso dalla Commissione per il dialogo interreligioso della metropolia, Farian Sabahi, docente, scrittrice e giornalista, moderata da padre Alberto Fabio Ambrosio, docente di Storia delle religioni, ha toccato tutte le corde più tese di questo tema quanto mai attuale, riscuotendo grande curiosità dal pubblico.
Partendo da alcune precisazioni in merito alla cultura islamica, la dottoressa Sabahi ha tenuto a sottolineare che l’Islam è una religione di grande apertura e rispetto, oltre che di pace. Alcuni passaggi del Corano ne sono testimonianza, come quello in cui si dice che il piano di Dio riuscirà a prescindere dalle sconfitte degli uomini; pure le preghiere dunque non servono a Dio, bensì unicamente a noi stessi. Analizzando poi alcuni termini, sono emerse ancora nuove prospettive. Jihad non è la cosiddetta “guerra santa”, ma è un concetto che coincide con una forma di impegno talmente intensa che può arrivare a richiedere anche di abbandonare gli affetti per dedicarsi completamente alla fede. Salām, che in arabo significa letteralmente pace, è la medesima parola della radice di Islam. Un tema, quest’ultimo della pace, che permea tutto il Corano, soprattutto nella sua prima parte. Essa è infatti intesa come il frutto di un cammino di ricerca teologica.
Ecco quindi l’impossibilità dell’accostamento dell’Islam alla violenza, al terrorismo; piuttosto si è riscoperto un Islam pieno di ricchezze storiche, culturali e politiche. «L’approccio multidisciplinare si fa necessario per capire la realtà di questo Medio Oriente – ha detto Farian Sabahi – così da comprendere che l’Isis, che interessa le regioni di Iraq e Siria, non ha a che fare con una guerra di religione, ma con la lotta per il dominio delle risorse del territorio, quali il petrolio, il gas e, tra non molto, pure l’acqua».

Matteo Itri