La società responsabile è stata al centro dell’incontro del Vescovo e la comunità cristiana con le associazioni sociali ed economiche tenutosi sabato 20 giugno al centro Pastorale Diocesano. Ad introdurre la mattinata Gabriele Darpetti, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Sociale e il Lavoro il quale ha sottolineato l’importanza di questo incontro che si inserisce nell’itinerario iniziato a giugno 2013 con il primo appuntamento dal titolo “L’impegno nel presente, lo sguardo sul futuro” in cui si sono riunite realtà diverse sia di tipo sociale che economico, ma tutte importanti per contribuire a costruire una buona “coesione sociale” del nostro territorio. La parola è poi passata al Vescovo Armando. “Oltre a chiedere ciò che debbono fare gli altri – ha esordito il Vescovo – le Istituzioni pubbliche in primis, dobbiamo chiederci anche ciò che deve fare ciascuno di noi, in forma singola e in modo collettivo. Cosa devono fare le persone, le imprese, la società civile? Tutti gli attori sociali, e gli attori economici hanno una responsabilità specifica nel loro ambito di impegno, ma insieme hanno anche una responsabilità comune, quella di trovare ogni forma possibile per riuscire a lavorare insieme. Certamente la prima forma di responsabilità è quella di fare bene il proprio lavoro, o di assolvere con diligenza al proprio compito. Essere responsabili comporta avere una visione della vita come dono, ed avere la coscienza di essere in costante relazione con l’universo e con tutti gli altri uomini. Ma serve anche avere la consapevolezza che ognuno di noi è irripetibile, che il suo apporto è insostituibile, e che pertanto la propria responsabilità personale non può essere delegata”. Il Vescovo si è poi soffermato sull’importanza di recuperare una visione collettiva, la dimensione del “noi”. “Alla crisi della visione collettiva ha di certo contribuito anche la crisi dei corpi intermedi, cioè di quei soggetti che trasformavano la sommatoria di interessi particolari e parziali, in interessi collettivi che costruivano il bene comune. Oggi c’è una voglia di comunità, un’ansia di recupero di questa dimensione in maniera nostalgica, ma non si mettono realmente in campo i valori necessari a recuperare il senso di comunità. Quindi, l’appello è quello di recuperare la dimensione del noi. Dobbiamo uscire dalla logica dell’io e recuperare la “cultura dell’altro”, ossia non c’è l’io se non dentro una relazione con l’altro, con tutti gli altri. La capacità di agire insieme è ciò che manca oggi. Dobbiamo incoraggiare la rinascita del noi, di fare ciascuno responsabilmente la propria parte, il proprio dovere, ma nella dimensione collettiva”. Tanti sono stati i temi trattati dal Vescovo nel corso di una mattinata ricca di spunti di riflessione, dal welfare, al lavoro femminile, alla responsabilità degli imprenditori. “Ciò che mi preme evidenziare è che una nuova economia nasce da una nuova impresa. Un’impresa vissuta come bene sociale e non solo come bene economico. Allora la sfida è scoprire l’impresa come soggetto che produce efficienza e solidarietà, che mette al centro la persona, capace di realizzare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Una comunità di persone che condividono gli aspetti essenziali dei diritti e dei doveri. Questa sarebbe una vera rivoluzione!”. Il Vescovo non ha voluto tralasciare due tematiche quanto mai attuali e importanti: i migranti e la nostra responsabilità verso il Creato. “E’ evidente che siamo un popolo in declino nella misura in cui non riusciamo ad appassionarci più al destino degli altri popoli. Pensiamo all’evoluzione, ma sarebbe meglio dire all’involuzione, che abbiamo avuto in questi anni in cui ci siamo sempre più rinchiusi in noi stessi. E’ esploso l’egoismo delle comunità locali, la paura del diverso da noi, dal punto di vista culturale e religioso. Ma che cosa ci è successo? Qui veramente ci giochiamo la nostra credibilità umana, prima ancora che quella cristiana. Non potevo prima di avviarmi alla conclusioni – ha sottolineato il Vescovo – non trattare il tema del rispetto dell’ambiente, sia per il recente messaggio dei Vescovi per la giornata del Creato che celebreremo tutti insieme quest’anno il 1 settembre ad Apecchio, sia – soprattutto – per la prima Enciclica di Papa Francesco, dedicata appunto a questo tema. Nel Messaggio della CEI c’è innanzitutto l’appello a ciascuno di noi a rinnovare l’impegno per la custodia della terra, contro le tante minacce ad essa rivolte. Ciò comporta ripensare il nostro modo di abitare su questo pianeta “splendido e fragile” e riscoprire una “sapienza dell’umano” capace di amare la terra per abitarla con “sobria leggerezza”. “Le Marche – ha concluso il Vescovo – sono una terra con grandi potenzialità, ed il nostro contesto diocesano non è da meno, per le dimensioni urbanistiche e territoriali a misura d’uomo, la diffusione e la dimensione delle imprese, i rapporti tra università, mondo produttivo e società civile, un tessuto umano non ancora troppo logorato dall’individualismo sfrenato. Il punto oggi è elaborare una risposta di sistema e intelligente alla crisi, provare una riconversione pensata. Ma riguardo alla nostra capacità di fare sistema siamo ancora confusi, disorientati, apparentemente impotenti. Tutti siamo d’accordo sull’esigenza di una svolta, ma non si intravede la direzione da seguire, anche solo uno scatto in avanti di qualcuno. C’è oggi una ricerca spasmodica di fare qualcosa di nuovo ma oggi la vera novità è compiere azioni responsabili. E’ riprendere in mano la consapevolezza che ognuno di noi può fare di più, e può fare meglio. Può diventare quel “cittadino responsabile in seno ad un popolo” come ci esorta Papa Francesco”.
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