Essere educatore oggi non è facile. Il pluralismo culturale pone a confronto diverse sensibilità e opinioni sulla realtà, l’affermarsi del relativismo toglie vigore a ogni visione della vita connotata sul piano dei valori; un consumismo sfrenato spinge a vivere al di sopra delle proprie possibilità; l’invadenza dei media contribuisce a dare una grande quantità di informazioni senza concedere il tempo di elaborarle; l’affermazione di nuove tecnologie sta modificando profondamente il modo di comunicare soprattutto tra le nuove generazioni: tutto questo influisce sui processi di formazione della coscienza personale, offrendo nuove opportunità ma anche nuove sfide; certamente rende l’educazione molto più faticosa di un tempo, proprio nel momento in cui nulla può essere dato per scontato e l’educazione è più necessaria.
Oggi gli educatori – genitori, docenti, animatori ecc…- si percepiscono impari al loro compito, spiazzati dalla fatica di mettersi in comunicazione con le nuove generazioni. E’ difficile scoprire come i giovani siano in cerca di ragioni di senso e di una relazione significativa: quella che sa trasmettere fiducia, che sa dare sicurezza attraverso una proposta di vita e l’autorità buona che fa crescere, quella che sa offrire regole chiaramente motivate e forti…
Educatori affaticati e delusi, nella relazione educativa trasmettono più la loro fatica di vivere che la sicurezza di chi ha individuato la strada che dà senso all’esistenza e desidera comunicarla con gioia.
La generazione adulta, cui compete il compito di educare i più giovani, oggi appare essa stessa disorientata da un ritmo di vita vertiginoso, spiazzata dai rapidi cambiamenti in atto. Gli educatori e i genitori più pensosi sono sempre più coscienti che l’efficacia del loro educare dipende dalla qualità umana e spirituale della loro vita, dalla forza interiore delle loro convinzioni, dall’autorevolezza della loro relazione. E’ forte certamente, sia tra i genitori che tra gli insegnanti e in genere tra gli educatori, la tentazione di rinunciare, e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia il loro ruolo.
Nessuno può avere la ricetta valida sempre e in ogni luogo, perché l’educazione è una relazione sottoposta alle incertezze della condizione umana, segnata da una costitutiva debolezza ma anche dall’incontenibile forza della sua libertà.
Nonostante queste difficoltà strutturali, non si può non parlare di educazione perché ogni persona è costantemente inserita in una rete di relazioni con altre persone, dalle quali riceve e alle quali dà stimoli che lasciano inevitabilmente qualche segno e quindi, in un certo senso, educano.
L’educazione non è solo una tra le tante componenti del’esperienza umana, ma è la modalità con cui la vita umana stessa cresce e si “umanizza”, si compie ed evolve verso il suo fine ultimo.
Il senso forse più autentico e profondo della tradizione: trasmettere (tràdere) da una generazione all’altra il ricco deposito della propria cultura, della propria umanità.
La ‘ricetta’ educativa richiama all’unità multiforme della persona, fatta di pensiero, sentimento e azione (mente, cuore e mani); appare inoltre evidente l’importanza dell’esempio e della testimonianza personale.
Fare rete può essere considerato uno degli obiettivi principali dell’impegno educativo. Non si tratta di costruire ambiziosi progetti di collegamento istituzionale. Ci si può accontentare anche solo di tenere in vita il fondamentale patto educativo che lega la famiglia alla scuola, perché la rottura di questa continuità e di questo dialogo è la principale causa della crisi educativa che tutti denunciano e che pochi riescono a risolvere. E’ un impegno comune che richiede la responsabile e costante partecipazione di tutti, genitori e insegnanti, istituzioni e singole persone.
E’ quanto vi offro per animare le vostre fatiche educative quotidiane.
+ Armando Vescovo