“Non è possibile ricostruire la consapevolezza profonda e vissuta di un bene comune, se continuiamo a trasmettere ai nostri giovani un’idea sbagliata, corrotta, di libertà”. Queste le parole del Vescovo Armando nell’omelia della Santa Messa, venerdì 21 settembre, in Cattedrale in occasione della Festa provinciale della Guardia di Finanza che ha come santo protettore San Matteo alla quale hanno preso parte autorità civili e militari. “La vostra fede in Cristo non è qualcosa che si colloca accanto all’esercizio del vostro lavoro – ha sottolineato il Vescovo – ma si pone dentro la vita di ogni giorno. La festa del vostro patrono San Matteo mi invita a dirvi però anche qualcosa di specifico, di più vostro, e mi viene in aiuto l’apostolo Paolo che parla della Chiesa come un corpo solo all’interno del quale ci sono diversità di funzioni per il bene comune. Anche la società civile non è un aggregato di tanti individui estranei, ma deve avere una sua unità interiore istituita dal perseguire lo stesso bene comune. E’ dentro a questo contesto – ha proseguito il Vescovo Armando – che vedo la dignità morale del vostro lavoro: impedire che l’egoismo disgreghi il corpo sociale, trattenendo per sé anche ciò che è dovuto al bene comune. Ho detto “è dovuto”. Cari amici, il dominio che nella nostra cultura sta esercitando la categoria del diritto soggettivo è un fatto disgregativo, non aggregativo, è la consapevolezza del dovere che unisce. Tutta la dottrina cristiana vede stato e cittadino legati dal più forte dei legami, quello della coscienza, in ordine al raggiungimento del bene comune delle persone tutte. Questo rapporto si guasta, giungendo perfino a corrompersi, quando il cittadino perde la consapevolezza che il bene comune è frutto della cooperazione di ognuno e che pertanto è grave violazione della giustizia distributiva volerne usufruire senza cooperarvi. Tutto questo ha un nome preciso: evasione fiscale. Da parte dello stato – ha messo in evidenza il Vescovo – si guasta quando perde la consapevolezza di essere al servizio del cittadino, di essere legato a un obbligo grave di rispettare il patto col cittadino medesimo. Tutto questo ha un nome: espansione della spesa pubblica. Stato e cittadino, nel tempo, si sono mancati di rispetto reciprocamente: non sono stati fedeli al patto, col risultato che si sono danneggiati, e non di rado gravemente. Il danno maggiore è stato la perdita della stima l’uno per l’altro, una perdita sostituita dal sospetto reciproco. La Chiesa è chiamata ad aiutare la società civile a uscire da questa situazione. Non si costruisce nulla, se ciò che una mano edifica l’altra distrugge. Nessuno spegne un incendio buttandovi sopra benzina. Non è possibile ricostruire la consapevolezza profonda e vissuta di un bene comune, se continuiamo a trasmettere ai nostri giovani un’idea sbagliata, corrotta, di libertà. Non usciremo mai dalla situazione attuale se si continua ad abbandonare, o comunque a erodere, quella visione della legge che è stata la colonna portante dei nostri ordinamenti giuridici: un ordinamento razionale in vista del bene comune. Un pensatore della fine dell’Antichità scrisse che le leggi non sono promulgate “per nessun bene privato, ma per l’utilità comune dei cittadini”. E’ a questo livello educativo che la Chiesa è chiamata soprattutto a ricostruire. Cari fratelli, sappiate che anche ciascuno di voi è guardato dal Signore come Matteo, quando è “seduto al banco” del vostro lavoro, uno sguardo che sia per voi forza e sostegno”.