La parrocchia di Cuccurano gremita di fedeli, domenica 14 ottobre, in occasione della Festa del Crocifisso. Nell’omelia il Vescovo Armando ha messo in evidenza come il Crocifisso ci insegna il volto di Dio. “E’ nella contemplazione del Crocifisso risorto – ha sottolineato il Vescovo – che impariamo Dio, è il Padre che, nel Figlio Gesù innalzato sulla croce, frantuma la nostra malsana teologia, quelle idee caricaturali e distorte che coviamo in cuore e proiettiamo sul suo volto. Spesso la poca familiarità con la Parola di Dio, la durezza del cuore, il ripiegamento su noi stessi, le nostre personali paure, le segrete rivalse, le nostalgie di grandezza, le amarezze, le nostre ferite e tanto altro, ci costringono a guardare Dio con sguardo insufficiente e contraffatto. E il volto di Dio ne viene deturpato, camuffato e i suoi tratti distorti e traditi. La liturgia, l’ascolto prolungato della Parola, la preghiera comunitaria e personale più intensa, il perdono ricevuto e offerto ci offrono uno sguardo sempre meno distorto e sempre più autentico del volto di Dio. Il Figlio Gesù, nella sua passione, morte e risurrezione, ci restituisce quella verità mancante e sana l’occhio interiore deformante. È nello “stile” di Gesù, nelle sue parole e nei suoi silenzi, che noi scorgiamo finalmente il vero volto di Dio. Meglio ancora: Dio si impara davanti alla vulnerabilità di Gesù crocifisso. Di più: “Gesù è la vulnerabilità di Dio che si offre all’uomo, come specchio della sua meschinità, nel desiderio che l’uomo si veda, abbia orrore di sé, accetti la salvezza che questo umiliato gli offre con il suo silenzio. È la sua vulnerabilità che Dio mi offre in ogni fratello debole che non sa reagire, che non ha magari, semplicemente, la presenza di spirito di rispondere. Dio si offre a noi in Gesù per risanarci, si offre a noi nei fratelli per confonderci e insieme liberarci, per farci vedere chi siamo. Se la potenza di Cristo si è rivelata nella debolezza e la luce di Dio si è rivelata nell’oscurità del venerdì Santo, se la gloria di Dio si è manifestata nel grido di dolore e di abbandono di Gesù, ciascuno di noi, attraverso questo dirsi di Dio in Gesù, è chiamato alla conoscenza di un Dio altro da quell’idea di lui che coviamo in cuore. Essere “in Cristo” ci dona di essere lì dove è Cristo e di conoscere il Padre come Cristo ce lo ha svelato. E tuttavia ci urge in cuore la domanda delle domande: perché Dio si fa conoscere nella croce? Solo la croce ci dice che Dio ha preso sul serio l’abisso di malignità del cuore umano. Solo la croce riesce a raccontare che Dio, sul serio, si fa carico della nostra personale debolezza. Solo la croce ci suggerisce di un Dio che, sul serio e fino alla fine, si consegna e si sottopone alla libertà della persona umana. Senza salire in croce, o scendendovi, Gesù avrebbe rinnegato tutto ciò, consegnandoci a un drammatico falso. Gesù non vuole, non può, non deve essere il falsario di Dio. Non lasciandosi inchiodare al legno maledetto e ignominioso o avendo premura di schiodarsi da esso – ha concluso il Vescovo – Gesù avrebbe fatto trionfare l’immagine distorta e rovinosa di Dio, quella del Dio potente ma traditore dell’umano. Gesù avrebbe fallito la missione per la quale, invece, è stato inviato dal Padre: nel momento decisivo, nell’ora del disvelamento, lì dove ogni umano avrebbe potuto intravedere il volto santo del Compassionevole Padre, rinnegando la voluta vulnerabilità di Dio messa nelle stesse mani umane, Gesù ci avrebbe consegnato la più sciagurata delle contraffazioni. Avrebbe contraffatto il volto di Dio. E Gesù non rifiuta l’inchiodamento né cerca lo schiodamento. Si affida al Padre a favore degli uomini”.