A 60 anni ho avuto il primo incontro con un gruppo di migranti e dà li ho iniziato a farmi molte domande. Ho preso, quindi, la decisione di dedicarmi totalmente alla pastorale migratoria della mia diocesi messicana”. Queste le parole di padre Alejandro Solalinde, attivista, sacerdote cattolico messicano difensore dei diritti umani dei migranti, coordinatore della Pastorale dei Migranti del Messico e direttore dell’ostello “Hermanos en el Camino”, struttura che fornisce assistenza ai migranti provenienti dall’America centrale e meridionale, in viaggio verso gli Stati Uniti. Proprio padre Alejandro ha voluto portare la sua testimonianza mercoledì 17 ottobre al centro pastorale diocesano.
L’incontro è stato introdotto da Michela Pagnini della Caritas diocesana, che ha ringraziato il sacerdote per la sua presenza a Fano in questo tour che lo vede girare l’Italia per la presentazione dei suoi ultimi libri.
L’intervento di padre Solalinde è stato preceduto dalla proiezione di un video sulla sua opera pastorale per i migranti in Messico che lo ha portato diverse volte anche in carcere e che ora lo fa vivere sotto scorta. “Ormai da 13 anni – ha affermato padre Solalinde Alejandro durante il suo racconto – non ho più parrocchia ma la mia parrocchia sono i migranti, sono un missionario itinerante e vivo con loro. Il lavoro pastorale con i migranti è pieno di difficoltà, ho avuto numerosi problemi con i narcotrafficanti messicani che sfruttano questi migranti in cammino verso gli Stati Uniti. Cosa ci insegnano i migranti? – ha sottolineato padre Alejandro rivolgendosi ai numerosi presenti – I migranti sono un segno del nostro tempo, Dio ci parla attraverso loro che sono vittime dell’egoismo umano e hanno Dio come loro unico sostegno. I migranti – anche quelli che arrivano qui in Italia mi hanno raccontato – sono vittime della criminalità e quindi più che mai è un’esigenza dei nostri tempi di avere una cura pastorale delle persone che migrano, perché il flusso migratorio mondiale non si fermerà mai. I migranti sono il futuro del mondo e della Chiesa perché loro non hanno paura di cambiare, sono già loro stessi il cambiamento”.